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Attualità

Nolan ai francesi: che problema c’è?

Marco Gentili
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Nolan ai francesi: che problema c’è?
Nolan ai francesi: che problema c’è?
Nolan ai francesi: che problema c’è?
Nolan ai francesi: che problema c’è?

La vendita dell’azienda al fondo d’investimento Eurazeo ha fatto storcere il naso a molti. Eppure moltissime aziende del settore sono in mani straniere e nessuno ha avuto da ridire

La vendita di Nolan, azienda italiana per eccellenza nel settore dei caschi, è stata vissuta da molti come un tradimento, una violazione inaccettabile dell’italianità dell’industria delle due ruote, fatta da chi aveva interesse a far cassa e fuggire con la borsa piena di quattrini, destinazione Caraibi. Peccato che le cose non stiano esattamente così.  

Una storia da ricordare

La storia di Nolan è la tipica storia di un’azienda italiana che arriva al limite fatidico in cui non riesce a crescere più di quanto non lo sia già. Con le risorse a disposizione dei principali soci (che, ricordiamo, sono gli stessi dipendenti e fornitori che la acquistarono nel 1992 dal tribunale fallimentare attraverso un’operazione di leverage buyout), è impossibile sfondare la soglia dei 400mila caschi all’anno prodotti interamente nel solo stabilimento di Brembate. Per crescere servivano investimenti e capitali che una compagine societaria piuttosto anziana come quella di Nolan non potevano sopportare.  

O Borsa o Fondo

E se le risorse non ci sono, le strade a disposizione sono due: o quotare l’azienda in Borsa, oppure aprire ad altri soci. Come i fondi di investimento: pieni di soldi e disposti a investire nel medio termine in un’azienda, con l’obiettivo di guadagnarci il più possibile. I francesi di Eurazeo sono sembrati fin da subito la scelta migliore: sono solidi, avevano già altre fiches puntate in aziende del settore (come Shark) e hanno lasciato fermi due capisaldi. La gestione non passa di mano (gli attuali dirigenti restano in sella) e l’italianità di marchi e produzione non si tocca.  

Nolan non è l’ultima

Del resto, già altre aziende del settore motociclistico hanno avuto la stessa sorte e vivono bene. Pensiamo a Ducati, che per anni è stata di proprietà del fondo Investindustrial, prima di passare a Volkswagen, o alla Motori Minarelli, che adesso è controllata da Yamaha Motor Europe. O, per restare nel settore caschi, ad AGV che è di proprietà del fondo di investimento del Bahrein, Investcorp. E quindi, di cosa ci stupiamo se un’azienda passa di mano? La storia de capitalismo italiano, salvo rare eccezioni, è sempre la stessa: soffrendo di nanismo, per crescere ha bisogno del papa straniero che lo supporti con cospicue iniezioni di capitali.  
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