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Days of Joy: il gran finale 2018

Marco Gentili foto di Marcello Mannoni il 17/09/2018 in Attualità

Nel corso dell'ultima tappa dei Days of Joy, siamo andati a curiosare tra i personaggi e gli appassionati che si sono esercitati nell'ovale del flat track. Ecco cosa abbiamo scoperto...

Days of Joy: il gran finale 2018
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Meno male che Flat Track è una disciplina internazionale. Il suo nome in inglese toglie tutti dagli impicci della traduzione. Perché all’ultimo appuntamento dei Days of Joy 2018, al corso per imparare la nobile arte del traverso c’era gente da tutto il mondo. Bastava vedere la lista degli iscritti: nove dalla Francia, tre dalla Spagna, uno (anzi, una), dall’Ucraina. Al momento del briefing prima della partenza gli istruttori si guardano smarriti. I francesi infatti parlano un inglese molto basico. “Tu lo parli il francese?” chiede Gianni Borgiotti ad Adelio Lorenzin, che lo affianca sull’ovale sterrato. Fortuna vuole che Lorenzin, oltre a essere un ottimo pilota, se la cava parecchio bene anche con la lingua. E gli spagnoli? “Facile – dice Borgiotti – con loro si parla in italiano, lo capiscono”. Loro annuiscono.

La lingua della moto

Le Scrambler Ducati preparate per il Flat Track, affiancate dalle più performanti Flat Track Pro (con motore 800, per quelli che hanno già dimestichezza con la materia), sono sullo sterrato pronte a partire. Qualche giro di riscaldamento, poi l’atmosfera diventa rovente, in tutti i sensi. A 30 gradi sotto al sole, vestiti da moto, e con la concentrazione a mille per eseguire alla perfezione gli ordini degli istruttori, si suda copiosamente. I francesi, venuti in macchina dalla Provenza, ci danno dentro e si motivano a vicenda. Gli spagnoli Jordi Farriol Batalla e Robert Pitarg Butille invece sono arrivati dalla Catalogna in aereo. Robert è anche accompagnato dal figlio, un piccolo teppista di 10 anni che, nelle pause dell’attività, mostra orgoglioso i suoi video onboard realizzati con una action cam. È una promessa della velocità, o almeno così dice. La pattuglia degli italiani, molti alla seconda esperienza alla Flat Track school dei Days of Joy, gli fanno i complimenti e lo ribattezzano “piccolo Marquez”.

Cadute e rotture

Intanto i francesi si impegnano, migliorano giro dopo giro. Ma il Flat Track è bastardo, non perdona gli sbagli. Ogni caduta nell’equilibrio precario delle derapate è una leva che salta, un’abrasione sul serbatoio, un pezzo di moto che si piega. La moto insegna molto, soprattutto quando si cade. Cadute nella polvere e risalite, sempre in bilico costante, un po’una metafora della vita. Ed è questo che rende le due ruote a motore così affascinanti e poetiche. Anche nel dolore. Lo stesso che ha provato uno dei ragazzi della pattuglia francese, che si fa prendere la mano, sbaglia a posizionarsi in sella in curva e cade rovinosamente. Una bella botta che gli costa una frattura alla clavicola. Lui si rialza da solo, capisce di essersi fatto male ed esce di scena. “Peccato – dice Adelio Lorenzin – perché stava migliorando moltissimo, aveva preso bene il via”. Ma è un’uscita eroica, tutto sommato col sorriso sulle labbra. Intanto i suoi amici, appurato che si tratta “solo” di una frattura, continuano a girare.

Le altre date

I Days of Joy sono finiti. Ma tranquilli: torneranno anche nel 2019. Per ripercorrere tutte le precedenti giornate della Land of Joy clicca qui:

Days of Joy – giornata 1
Days of Joy – giornata 2
Days of Joy – giornata 3
Days of Joy: il gran finale 2018
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