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Fabrizio Rigolio (Rizoma): Italian style

Marco Gentili, foto di Marcello Mannoni il 30/08/2018 in Attualità

L'accessorio da moto diventa oggetto di design: ecco come quella che era una piccola azienda italiana ha cambiato il mondo dell’aftermarket. Grazie alla visione del suo fondatore

Fabrizio Rigolio (Rizoma): Italian style
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Fabrizio Rigolio è una figura longilinea. Magro, minimale, vestito di nero, ci riceve in uno spazio che poco assomiglia allo stereotipo della piccola-media impresa lombarda. Lui è il fondatore di Rizoma, l’azienda che ha trasformato l’accessorio da moto sdoganandolo dal mondo delle due ruote per traghettarlo sulle sponde del design.

In mano, durante la conversazione, tiene il suo iPhone, oggetto che cita spesso nei suoi discorsi, così come il fondatore di Apple, Steve Jobs. Nella sede di Rizoma, a due passi dall’aeroporto di Malpensa, si ha la sensazione di trovarsi in un universo parallelo: uffici open space modernissimi che si alternano a sale riservate a chi ha bisogno di un ambiente più raccolto (magari per fare un lavoro che richiede concentrazione) e a spazi comuni per il relax, popolati da un centinaio di dipendenti giovani. È un posto dove si respira un bel clima: Rizoma nel 2001 ha iniziato da zero e oggi è una realtà da 15 milioni di euro di fatturato, spinta dall’entusiasmo del suo creatore.

Gli inizi

Rigolio, com’è iniziato tutto?
“Mio padre aveva una piccola officina meccanica con 5 persone. Nel 2001, al bar del paese (Ferno, nel Varesotto) incontrai un conoscente aveva acquistato una Honda Shadow blu e voleva uno specchietto aftermarket. La sera l’ho disegnato e mio fratello Fabio l’ha realizzato alla macchina utensile. Il resto lo ha fatto il passaparola. Si sono presentati da me i carabinieri di stanza nella stazione locale: volevano uno specchietto per le loro Shadow, e alle forze armate non potevo certo dire di no!”.

Ne hai un esemplare da qualche parte?
“Ne ho una foto in giro, ma non la faccio vedere volentieri. Visto con l’occhio di oggi, era davvero brutto… Ma chissà, magari tra qualche anno scoppia la moda del modern vintage e torna d’attualità!”.

Oggi invece siete una realtà che le Case moto tengono in grande considerazione.
“Abbiamo una collaborazione strategica con Ducati, per cui abbiamo curato gli accessori dedicati alla Panigale V4 Speciale. A me piace molto valorizzare il made in Italy e in questo Ducati è il partner ideale. Poi abbiamo collaborazioni con Honda e con Piaggio, relative al progetto Vespa”.

E il vostro catalogo è molto vasto. Qual è il prodotto che rappresenta meglio l’azienda?
“Abbiamo un catalogo con 1.400 prodotti. Quello che ci rappresenta meglio? Tutti e nessuno”.

C’è qualcosa che è più difficile da sviluppare?
“La cosa più difficile da sviluppare è sempre quella più semplice. Quando pensi a un nuovo specchio, una manopola o un portatarga c’è davvero poco che tu possa inventare. Eppure il nostro centro ricerca e sviluppo (guidato da Fiorenzo Fanali, leggendario ex capo tecnico del Motomondiale; ndr) e il centro stile lavorano per trasmettere i valori e lo stile di Rizoma. Il difficile è conciliare l’utilità del prodotto con la sicurezza, le omologazioni e il design”.

Qual è il prodotto più complesso?
“Senza dubbio lo specchio. In apparenza è un elemento semplice, eppure è composto da 25 pezzi differenti”.

Da Ducati alle custom

Quando pensate a un prodotto, come vi muovete?
“La nostra sfida è cercare di interpretare l’essenza che arriva dalla natura del prodotto. La Ducati Panigale ha un Dna ben preciso: se progetti un componente, devi farlo pensando alla moto su cui viene montato ma dandogli una tua identità. Lo stesso vale sia per una custom, sia per una cafe racer. Cerchiamo di fare prodotti che siano estensione della moto”.

Esistono segmenti in cui vorreste essere più presenti?
“Il mondo del custom rappresenta una sfida difficile per noi: le nostre linee pure ed eleganti devono parlare a un mondo che ha altri canoni estetici. Ma ci stiamo riuscendo. Certo, la fetta delle enduro stradali e delle turistiche fa gola, ma per conquistarla serve il prodotto giusto”.

Secondo lei qual è stato il momento di svolta per Rizoma?
“Non c’è ancora stato. Per noi è come se fosse sempre il primo giorno, ragioniamo ancora come una start up, ma con la complessità di un’azienda di medie dimensioni che deve stare al passo coi tempi. Dobbiamo reinventarci, essere incoscienti, non fermarci mai perché quello che va bene oggi non andrà bene domani. La differenza la fanno le persone. Ed è per questo che mi circondo di collaboratori giovani e svegli”.

A proposito di persone, qui ormai siete un centinaio.
“Crescere non è la priorità assoluta. Come insegna Apple, è il modello di business che conta. Il mondo cambia, magari certi ruoli che 5 anni fa servivano in azienda oggi non sono più utili e servono nuove professionalità. La comunicazione cambia, l’intelligenza artificiale e il machine learning cambieranno anche il settore della manifattura nei prossimi anni. Se non stiamo al passo siamo fuori dal mercato”.

Ha mai pensato di passare alla vendita diretta, magari con l’e-commerce?
“Non adesso. Vorremo avere, e stiamo iniziando a farlo adesso, dealer selezionati a cui poter dare un servizio di maggiore qualità, magari con dei corner dedicati al nostro marchio. E poi puntiamo a potenziare il servizio clienti e l’assistenza post vendita”.

Italiani al 100%

Come è cambiato il mondo degli accessori moto?
“Siamo passati dal consumatore che dice: ‘Voglio una leva freno’ e puntava al miglior prezzo, al motociclista che dice: ‘Voglio quella leva freno’. Se sei un trendsetter, capace di cambiare e creare una moda, diventi un punto di riferimento. Parlando di un altro settore, chi vuole uno smartphone Apple vuole Apple, punto. Il fatto che altre case facciano prodotti più performanti è secondario, la forza del brand inizia a contare anche nel nostro settore”.

Come giustificate il fatto che i vostri prodotti siano più cari di altri? Solo dicendo “Sono pezzi di design”?
“Il nostro prodotto è fatto con passione e qualità. Investiamo moltissimo sui test di omologazione, sulla sicurezza e sulla qualità, oltre che sulla facilità di montaggio grazie alla filosofia dei prodotti plug and play. Nessuno come noi può vantare una percentuale di difetto dello 0,2% sul cliente finale. Questo giustifica il differenziale di prezzo e il cliente se ne accorge”.

La qualità ricorre sempre nei suoi ragionamenti.
“Rizoma è un’azienda strana, che spesso ragiona con logiche che non sono strettamente commerciali o economiche. Spesso ci capita di stare per anni dietro a un progetto, investire soldi e risorse, e poi decidere di non farne più nulla. Sa perché? Perché se un prodotto non emoziona, non ha quel quid in più, non vale la pena di essere commercializzato. La nostra Metropolitan Bike (la bici di Rizoma; ndr) è stata rifatta da zero almeno quattro volte, perché le forme del telaio in carbonio non ci convincevano. Alla fine è venuto fuori un oggetto perfetto, con un telaio leggerissimo senza piantone, che può essere trasportato a spalla in casa, ufficio o sui mezzi pubblici. La sua versione elettrica invece non ci convinceva: non aveva il nostro Dna e non l’abbiamo messa in commercio”.

Producete tutto internamente?
“Siamo un’azienda a chilometro zero o quasi. Facciamo tutto in casa. E i nostri fornitori di fiducia, che si occupano di certi trattamenti o lavorazioni specialistiche, distano al massimo 50 km dalla nostra sede. Vogliamo controllare le lavorazioni in prima persona e prevenire i problemi alla fonte. Se in fabbrica arrivano dei pezzi con dei difetti, è già troppo tardi per rimediare”.

Ha mai pensato di produrre all’estero?
“Non ci conviene. Rischiamo di danneggiare la qualità del prodotto e la nostra reputazione”.

È anche per questo motivo che sull’avambraccio ha tatuata la scritta “created in Italy”?
“Esatto”.

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