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PRA: il lungo addio

di Riccardo Matesic il 14/01/2014 in Attualità

Il Parlamento ha inserito nella Legge di Stabilità la creazione di un unico archivio telematico nazionale dei veicoli. Dovrebbe essere la fine del PRA, ma non è detto

Se tutto andasse come scritto nella legge approvata e in vigore dal 1° gennaio scorso, entro il prossimo 2 marzo il Ministero dei Trasporti dovrebbe emanare i regolamenti necessari a risolvere l'anomalia tutta italiana del doppio registro dei veicoli.
PRA: il lungo addio
A oggi coesistono infatti il Pubblico Registro Automobilistico (PRA), gestito dall'ACI, e l'Archivio Telematico Nazionale, tenuto dalla Motorizzazione Civile. Una duplicazione che ci costa, visto che per ogni pratica che comporti una registrazione al PRA paghiamo un "emolumento". 27 euro per l'immatricolazione e i passaggi di proprietà, 13,5 per radiazioni e demolizioni. Più altri 32 di imposta di bollo per ogni operazione; che però non vanno all'ACI, ma allo Stato, trattandosi di una tassa.

Ora tutto questo potrebbe finire, visto che la Legge di Stabilità 2014 prescrive (comma 427) l'unificazione dei due archivi, con il fine di semplificare e ridurre i costi. Attenzione però: non sarebbe la prima volta che una legge cade nel dimenticatoio per mancanza di norme d'attuazione. Ricordate i proventi delle multe da velox?

Del resto, abolire il PRA non è facile per nulla. A cancellarlo provarono dapprima i nostri cugini di Quattroruote, con un referendum popolare bocciato dalla Corte Costituzionale nel '95. Poi fu la volta di Pierluigi Bersani, che da Ministro dello Sviluppo Economico tentò di inserire il provvedimento nelle famose "lenzuolate". Non se ne fece nulla neanche quella volta, anche se un primo scossone in quell'occasione arrivò con l'apertura al pagamento presso le tabaccherie, oltre che all'ACI e agli uffici postali.

A questo punto non ci resta che aspettare, sperando che il Ministero riesca a mettere a punto un provvedimento ad hoc per istituire il registro unico e le relative procedure di funzionamento. Il tutto salvaguardando i 1800 dipendenti dell'ACI interessati dalla "rivoluzione".

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