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I viaggi dei lettori

Siamo andati in... Svizzera!

il 17/11/2004 in I viaggi dei lettori

Due genovesi sbarcano Oltralpe: l'emozione delle vette e la goduria dei curvoni sui Passi più famosi della Svizzera

Siamo andati in... Svizzera!

L’idea è quella di farsi i Passi svizzeri più famosi prima che sia troppo freddo e quindi ci organizziamo per partire l’ultimo fine settimana di agosto. Tutto inizia un giovedì 26 caratterizzato da condizioni di tempo variabile. I personaggi che affrontano questo bel viaggio in mezzo alle montagne della Svizzera sono: Simone, ovvero io, su una Fazer 1000 del 2003, e Andrea su una TDM 850.




Partiamo senza indugi e da Genova prendiamo l’autostrada che ci porta a Milano, attraversiamo la tangenziale ovest e prendiamo lo svincolo per Chiasso, già accaldati quanto i nostri potenti motori. A Chiasso usciamo dall’autostrada con l’intenzione di non tornarci più, anche se a volte ci è capitato di esservi ricondotti quasi forzatamente a causa del fatto che in Svizzera le statali non sembrano essere indicate molto bene e sono quasi sempre a ridosso dell’autostrada. Insomma, con un po’ di nervoso ancora addosso cerchiamo di sciogliere le vibrazioni negative che il traffico soffocante ci ha trasmesso e iniziamo le prime curve degne di nota, e saliamo progressivamente, adagiandoci sulla dimensione altera che la montagna ti regala quando sa che la stai raggiungendo.
Ti senti insomma già diverso e i primi ghiacciai fanno capolino tra le creste aguzze. Ed è già San Gottardo
Un laghetto artificiale, qualche costruzione in pietra, un po’ nascosta dietro le case l’antica via che porta al passo, tutta in pietra; un pensiero ti sfiora, “la prossima volta..”.
Partiamo dopo una mezzora, e ci rendiamo conto, CON SODDISFAZIONE, di non esserci tolti nemmeno per un attimo le giacche di dosso, già, perché ci sono solo 12 gradi e si respira finalmente aria pura; e allora ci mettiamo anche i guanti medi (prima avevamo quelli estivi).
Arriviamo quasi subito ad Hospental (1456 mt), un paesino con abeti da una parte e montagne dall’altra, incastonato come un prezioso, segno del delirio d’amore dell’uomo nei confronti di questi giganti di pietra. A Hospental ci fermiamo a dormire nell’ostello di turno, una cena frugale (dati i prezzi non indifferenti e la natura del viaggio all’insegna dell’estremo risparmio) e una notte tormentata da un bambino inquieto e intasato da un raffreddore impressionante e dal rumore delle gocce di pioggia sui vetri delle finestre. Infatti il giorno dopo ci svegliamo immersi in una nebbia fitta, adagiata sull’altopiano come a voler riposare insieme a noi.


Ci alziamo di buona lena e carichi dell’energia del mattino che sembra render tutto perfetto ci sbraniamo una colazione non eccelsa e ci attrezziamo per l’umido viaggio usando tutto ciò che di impermeabile ci siamo portati dietro! I destrieri completamente bagnati si accendono senza indugi e partiamo subito verso la meta più alta di questa giornata, il Furkapass (2436 mt).
Le prime curve sono bagnate, a metà del tragitto in salita iniziano i primi, timidi, fiocchi di neve, a tre quarti appaiono tra la nebbia, a bordo strada, tre montoni che cercano di brucare la poca erba rimasta, tre bestiole simpatiche che ci danno la forza di trasformare la piccola bufera intorno a noi in una festa.
L’incertezza che ci aveva velato l’animo sparisce e saliamo imperterriti, quasi a passo d’uomo, e arriviamo finalmente sul passo proprio nel momento in cui la neve inizia ad attecchire; ahinoi non ci fermiamo neanche e prendiamo subito la strada della discesa, sperando che la neve si trasformi nuovamente in pioggia.E così sarà trecento metri sotto, quando incontreremo un gruppo di bmw-isti che tentano anche loro la cima ma dal versante opposto!
Ci fermiamo poi all’incrocio che porta direttemente al Grimselpass.

Sul Grimselpass (2163 mt) la situazione è meno pesante, così ci fermiamo qualche minuto a fare foto e delirare sulla legge di Murphy.
Insomma, con il ritmo della pioggia che scandisce ogni pensiero, scendiamo a valle, lentamente, un po’ rattristati dall’idea di esserci persi lo spettacolo maestoso che doveva essere presente intorno a noi, oltre le nuvole, e procediamo verso la ridente cittadina di Interlaken, che come suggerisce il nome, è situata proprio in mezzo a due laghi, il lago di Brienz e quello di Thun.
Qui facciamo tappa al fast food, ma solo dopo aver posteggiato le moto al parcheggio sotterraneo e aver steso i panni zuppi su una bella cordicella tesa tra i due destrieri. Nota: nessuno ha toccato niente… e volevo ben vedere!


L’idea era poi di costeggiare la parte nord del lago di Thun, visitare la città di Thun a ovest del lago e scendere a sud verso il paesino di Faulensee dove avremmo dormito, ma non c’era più un solo panno asciutto, e decidiamo mestamente di procedere direttamente a Faulensee, sempre sotto la pioggia battente, in modo da riordinare le idee.


L’ostello era completamente deserto, girandoci intorno abbiamo trovato una porta aperta che dava direttamente sul salone della ricreazione. Ci installiamo sui divani e aspettiamo che arrivi qualcuno che possa darci la stanza prenotata in precedenza. Il tempo passa, e non si presenta nessuno, allora facciamo un giro, e notiamo ciabatte sparse sui vari piani, shampoo e rasoi sui pensili dei bagni, porte aperte ovunque, segni di vita in comune dappertutto, ma non un’anima viva… a questo punto iniziamo a delirare di zombie e vampiri ma alla fine torniamo alla sala ricreazione e troviamo alcuni interessanti libri in italiano e ci immergiamo nella lettura, senza che il pensiero della pioggia abbandoni anche per un solo attimo le nostre menti. Un libro interessante: “I beati anni del Castigo”. Dopo altre due ore, iniziano a farsi vivi i vampiri, sotto forma di decine di ragazzini di una nazionalità imprecisata, che affluiscono, dapprima intimiditi dalle nostre persone, poi sempre meno, fino a trasformare l’ostello nel delirio che doveva essere prima, uccidendo il silenzio precario che lo aveva avvolto poche ore prima.
Prendiamo la stanza e decidiamo di fare la spesa nel supermercato vicino, salumi e pane. Mentre ceniamo decidiamo di fare tappa a Thun la mattina del giorno dopo, sperando nel bel tempo che le previsioni meteo danno per probabili, e passiamo la sera a fare un po’ di manutenzione alle moto e a curiosare nel salone, trasformato dai ragazzini in discoteca estemporanea.
Sabato 28 agosto, finalmente il tempo volge verso il bello, il cielo è azzurro e la mattina fresca e frizzante!
Partiamo di buon’ora alla volta di Thun che però non troviamo molto interessante, e ci dirigiamo dritti verso il cantone francese, raggiungendo zone alpine molto belle e rigogliose. Tanto per gradire passiamo attraverso il Col Du Pillon, 1546 metri di spettacolo naturale, curve comprese.


Poi una tirata unica, tranne tappa pranzereccia, verso il Gran San Bernardo (2473 mt), poco divertente l’ascesa, ma panorama da spavento. Poi discesa verso Aosta e diritti fino a Morgex, dove prendiamo la stradina che punta verso Arpy, un paesetto piccolo e isolato, in mezzo ai colli valdostani.
Qui facciamo tappa notturna all’ostello M. Blanc, ben tenuto e tranquillo, da usare come campo base per un sacco di escursioni.
Alla mattina si parte alle 6 verso La Thuile, sulla strada facciamo una sostanziosa colazione, con tanto di barista francese che va a prenderci i cornetti, o meglio croissant, alla pasticceria dall’altra parte della strada. Si prosegue decisamente verso il passo del Piccolo S. Bernardo (2188 mt) riscendendo verso la Val D’isére, per poi risalire sull’agognato tetto d’Europa, il mitico Col de L’iseran (foto a destra) (2770 mt), uno spettacolo per gli occhi e per i polmoni, la giusta ricompensa del viaggio, da conservare gelosamente dentro lo scrigno dei ricordi più preziosi.

Il ritorno ci regala altrettanti scenari preziosi tra cui il bacino artificiale del Moncenisio caratterizzato da un senso di maestosità notevole, sembra quasi di poter vedere, da un momento all’altro, qualche cavaliere fuoriuscire da un’avventura epica e cavalcare verso il destino.
La città si fa sentire vicina quando imbocchiamo di nuovo l’autostrada a Susa e ci togliamo di dosso tutto quel che ci teneva al calduccio tra le montagne più belle del mondo.
Un viaggio che consiglio a tutti perché non ci sono tappe molto lunghe ma regala paesaggi davvero molto particolari che ti fanno sentire vicino, ognuno nel proprio piccolo, all’essenza di ciò che tutti noi cerchiamo, spinti in questi luoghi, da altrettanti mondi sconosciuti.
Un saluto e al prossimo viaggio!
Lamps.
Simone

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