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I viaggi dei lettori

Diario di viaggio: la strada più alta d'Europa

il 22/10/2003 in I viaggi dei lettori

Un'insolita gita 'fuori porta' di quattro amici di Milano: sulla strada più alta d'Europa tra le montagne della Francia, passando per la Liguria

Diario di viaggio: la strada più alta d'Europa
La salita verso la cima della 'Bonette'

di Massimiliano Favoti


il senza-macchia (maniaco della pulizia della propria moto)
il piega (tra noi è il più forte nelle pieghe in montagna, sempre in testa a dettare il ritmo)
il tedesco (alto, bello, magro, la precisione fatta uomo, quello che dice fa e spacca sempre il minuto)
il pischerla (quello con meno esperienza sulle moto di tutti ma che avendo di fronte tanti temerari campioni in poco tempo è diventato un “manico”)
Il giro dei Passi (montani) Svizzeri in tre giorni
Ore 9.

00 del giorno 17/6/03
ILa sera del giorno 19/6/03
Honda Vfr – Rossa
Honda Bol d’Or 1.000 – Nera
Yahama Fazer 600 – Rossa e nera
Yahama Fazer 600 – Argento
1.000 in totale
250 il primo giorno
520 il secondo giorno
300 il terzo giorno
Sempre sole e cielo blu
Temperatura: aria fresca in montagna
Tutto l’anno non facciamo che parlare di questo. Quest’anno si va? Quando partiamo? Dove andiamo? Ma il tedesco viene? Oramai è una tradizione, una passione, un appuntamento fisso.

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La partenza, come sempre, è travagliata. All’orario di partenza per la colazione ci troviamo in 3 su 4 e già nascono i primi guai. Il senza-macchia e il piega non hanno la carta verde (ricordatevi di farla!!) e il pischerla non ha con se nemmeno l’assicurazione, forse è rimasta a casa o peggio ancora dall’assicuratore; il tedesco, ci chiama e inaspettatamente ci comunica che è in ritardo ma, peggio, deve ancora andare a un appuntamento… anche lui non aveva l’assicurazione !!


Con un inizio di questo tipo non ci scoraggiamo e dopo una veloce messa a punto dei mezzi a cura del senza-macchia (abile meccanico e gran pulitore di parabrezza e catene) ci avviamo, intorno alle 11.00, in direzione della Svizzera imboccando l’autostrada per fare prima. Peccato che dopo il casello un muro nero, in cielo, ci viene contro: tenete conto che sono mesi che non piove ma quel giorno, proprio quello scelto per la nostra partenza, le previsioni sono disastrose!
Agili come delle gazzelle, facciamo dietrofront e siamo capaci, grazie al nostro stratega, il piega, di organizzare un nuovo giro: Monte Penice, Liguria, Colle di Tenda, Francia, Isoard, Monginevro, Torino, Milano.
E così ci avviamo. I nostri cavalli finalmente hanno la possibilità di sfrecciare come missili, di fatto impauriti dal possibile nubifragio che per tutto il primo giorno ci inseguirà come un ombra!
Quindi su strade sostanzialmente un po’ umide e soprattutto deserte attacchiamo il Monte Penice, il Brallo e per finire lo Scoffera per poi raggiungere in breve Chiavari, nostra destinazione finale, che ci attirava più per le sensazioni che ci dava il nome che per motivi particolari.
Li troviamo da “Zia Piera” un’accogliente cameretta a quattro con tanto di letto a castello e veduta sul mare che per 100 Euro ci omaggia di sua spontanea volontà anche della colazione.
Approfittiamo per fare un tuffo in mare, una bella doccia nell’ampio bagno e un po’ di meritato riposo. La sera i nostri cavalli ci portano prima a Santa Margherita, lungo la costa, per una buona pizza, nella pizzeria più buona del paese, e poi a Portofino per godersi un po’ di “vita” locale. Al rientro il pischerla, vero mattatore della serata, porta i compagni nella gelateria più buona di Rapallo e con pochi euro la band si gode un buon gelato: poi tutti a nanna perché sta arrivando il famoso nubifragio che poco dopo si abbatte sulle nostre moto che riposano finalmente in strada.

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Il cuore della vacanza è oggi. La tensione è palpabile su tutti noi, le moto sono preparate per affrontare la maratona di chilometri e curve (previsti quasi 600 km) ma i “fisici” del gruppo non sono più quelli di una volta ! Finalmente si parte. L’idea è quella di fare l’autostrada, anche se non tutti siamo d’accordo: la imbocchiamo e il tedesco e il pischerla si lanciano a tutta velocità mentre il senza-macchia e il piega seguono un po’ distanziati. Ma il rischio è dietro l’angolo: un camioncino perde tre assi di legno che in un attimo si parano davanti al tedesco, che con grande sangue freddo rallenta e le supera; il pischerla con riflessi eccezionali ha visto tutto, scala le marce della belva, che nel frattempo ringhia, imposta un’impennata che fa saltare con la ruota davanti l’ostacolo e con abile gioco di gambe evita che eventuali chiodi colpiscano la ruota posteriore.
Passata la paura, senza nessun problema superiamo la città di Savona, tranquilla cittadina ligure, conosciuta a memoria dal piega che ci guida in modo impeccabile verso Cuneo e Mondavi in graziose strade molto tranquille, fino quasi ad arrivare al Colle di Tenda, dove ci aspetta un tunnel molto stretto e molto freddo che ci “introduce” in Francia dove facciamo, orgogliosi, la prima fotografia. E’ una giornata con uno splendido sole e un cielo blu!


Da qui andiamo in direzione del paesino Sospel dove, dopo una pausa riposante, affrontiamo la vera sfida, la strada più alta d’Europa, 2.950 metri, uno spettacolo di tornanti, curve e panorami che ripagano di tutta la fatica e i chilometri.
Per arrivarci, passiamo Rowuebieliere, Saint Dal mas, Valdeblore, Isola, Saint Etienne. Il paesaggio è bello, tranquillo, dominato dalle cime delle montagne e dal silenzio di una zona poco frequentata. La strada che si inerpica è molto bella, pulita, appena asfaltata, c’è ancora la neve e la pendenza comincia a farsi sentire e i nostri cavalli iniziano a ringhiare perché non è più così semplice aggredire i tornanti. Anche il freddo diventa più pungente e ovviamente il piega si ferma e si barda dalla testa ai piedi: mutandoni di lana, sottocasco, doppi guanti, giacca pesante e scaldino sotto il sedere!
Io e il tedesco di gran passo ci avviamo verso la cima del monte, da cui si domina la zona; sono circa le 19.00 ma il sole è ancora padrone della giornata e tutto sommato l’aria, considerata l’altezza, è tiepida: dopo qualche minuto arrivano anche gli altri e ci immortaliamo nell’ennesima fotografia di gruppo con le nostre moto, i due Fazer (rosso e nero e grigio) il Vfr rosso e la Bol d’Or del 1945 rimessa completamente a nuovo dal tedesco. Voci di corridoio dicono che abbia staccato al meccanico l’assegno per le vacanze alle Maldive ma che quest’ultimo si sia dimenticato di sistemare l’olio del freno. Risultato? Spesso la sua moto va lunga e in queste discese è una sicurezza stargli dietro!!
Finiti i festeggiamenti riprendiamo la corsa e affrontiamo i chilometri di tornanti per arrivare all’obiettivo della serata: mangiare e dormire, La Condamine.
La discesa è uno spasso, le quattro moto filano via tutte insieme una dietro l’altra a un ritmo che sembra quasi una danza, stessi movimenti, stesse frenate, stesse accelerate: è appassionante, diventa automatico guidare mentre la mente si rilassa e il corpo quasi si fonde con il mezzo.
Da queste cose si capisce la passione per la moto. Siamo in sella dalla mattina presto, abbiamo fatto tanti chilometri e abbiamo anche fame. Ma continuiamo senza nessun dubbio. Arriviamo al paese ma stranamente è tutto occupato. Solo l’astuzia del pischerla ci fa trovare da dormire nel paese di Jausier, appena dopo la piazza in un semplice Gite d’Hote (ve lo consiglio) che ci offre due stanze molto accoglienti. Le coppie sono sempre le stesse e ci separiamo in preparazione della cena che però risulterà una delusione, non c’è più nulla da mangiare e ci accontentiamo di un panino nell’unico posto aperto che normalmente dà da mangiare a tutte le ore ai camionisti: ma noi non siamo camionisti e a parte il tedesco (che un po’ ci assomiglia) per il resto si vede!
Rientriamo nelle stanze e apprezziamo il fresco dei 1.000 metri, il ricordo del caldo lasciato in Italia, in pianura, sparisce.

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La mattina del terzo giorno è un po’ triste. Sappiamo che sta per finire, si torna verso casa, l’Italia.
Facciamo colazione con della buona marmellata fatta in casa, saldiamo e di nuovo in sella verso il mitico Col Isoard (ricordate le leggende di Coppi?!) alto 2.361 metri, passando dal Col du Vars, 2.100 metri. Anche qui la passione per la moto si fonde all’amore per la montagna. Panorami indimenticabili anche se rispetto agli altri giorni la zona è già più frequentata, sia da motociclisti che da ciclisti, ovviamente.
Ci fermiamo a pranzare al Col del Monginevro, 1.854 metri, proprio al confine e poi, con il caldo che avanza, ci tuffiamo in una galoppata in piena velocità che ci porta prima verso Torino e da qui a casa, a Milano.
Arrivati al casello, saluto di rito, foto di rito, rimpianto di rito. E’ finita anche quest’anno. A quando la prossima ?!


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