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La Valfontanabuona e il Bracco

di Fabio Cormio, foto Maria Teresa Boghetich il 31/10/2002 in Liguria

200 chilometri o poco più per tuffarsi nel cuore della Liguria appenninica. Una gita in tutto relax alla scoperta di  una delle sue valli più segrete.  Lasciatevi guidare dalle nostre dritte enon dimenticate la mappa da scaricare

La Valfontanabuona e il Bracco
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Siamo netbikers, ma ciò non significa che non siamo romantici. Approfittando della cavalcatura giusta, del sole ancora tiepido e degli ultimi scampoli di un'estate un poco anomala, abbiamo pensato di partire da Milano per il mare. Niente tirate, anzi, una meta apparentemente un po' banale: il levante ligure. Solo che per arrivarci ci siamo concessi una giornata niente male, siamo passati dall'Appennino e dalle valli a nord di Genova, accompagnati per lunghi tratti dallo scorrere del fiume Scrivia e del torrente Lavagna.

Abbiamo pennellato in tutta tranquillità le belle curve della Valfontanabuona, divertendoci un mondo a impostare le traiettorie senza forzare sul gas, in un silenzio surreale. Silenzio interrotto solo da qualche gruppo di motociclisti più arrabbiati di noi e interpreti un po'arbitrari del codice della strada. È quasi deludente, dopo un paio d'ore così, sbucare nella pur bella Chiavari, ancora piena, però, di turisti e del loro carico di berretti, auto in doppia fila, bancarelle e gelati da passeggio.




È a questo punto che, tenendo come meta il mitico passo del Bracco e i suoi tornanti, covo estivo e domenicale di motard di ogni risma (dal quattordicenne in scooter, agli smanettoni in R1 ai mototuristi in BMW) estraiamo l'asso dalla manica: niente trafficatissima Aurelia (o, almeno, la limitiamo al minimo), ci rituffiamo nell'entroterra. Passare da Chiavari a Lavagna è questione di cinque minuti, e da qui scegliamo di percorrere la suggestiva e misconosciuta "circonvallazione Sorlana"; in pratica procedendo verso Cavi si gira a sinistra in direzione S. Giulia e si comincia a salire. Bastano poche curve per dimenticarsi del caos rivierasco: a proiettarci nuovamente nella ovattata dimensione boschiva ci aiutano alcuni incontri, come quello coi due vecchi di S. Bernardo, personaggi ben noti nella zona, seduti immobili fuori dalla propria casa a guardare la strada, proprio come gli anziani pellerossa seduti fuori dai bazar in Texas (folkloristico!).



Su questi colli, specialmente di sera, si deve stare attenti a imbattersi in figure potenzialmente ben più moleste: quelle dei cinghiali, che qui ancora proliferano e che si rischia di trovarsi sulla carreggiata a ogni uscita di curva. Non tutti comunque li temono: voci autoctone vorrebbero che un prestante montanaro ne abbia investito uno col ciclomotore e l’abbia caricato in spalla ancora vivo per farlo allo spiedo il giorno successivo…
Arrivati a S. Giulia, sono due le cose dalle quali non si può prescindere, e stanno una di fronte all’altra: sulla piazza, in cima ad una gradinata, sta una piccola ma splendida chiesetta barocca, dove giornalmente si celebra la Messa per i pochi parrocchiani.

L’altra vista irrinunciabile è quella, ovviamente, del panorama: protagonista è il mare, inscritto nel verde del Tigullio. La strada continua, serpeggiando tra le colline, e costituisce l’unico collegamento carrabile tra la costa e i minuscoli borghi di Sorlana e Barassi, che raggiungiamo mentre il sole inizia a calare. Nostro malgrado, risbuchiamo sull’Aurelia, che percorriamo quasi in apnea per pochissimi chilometri, il tempo di raggiungere un bivio: da una parte le gallerie strette, lunghe e mal illuminate che portano a Moneglia. Dall’altra iniziano, vera meta del nostro viaggio, i tornanti del Bracco.

Ovviamente il dubbio non ci sfiora: nella vegetazione fitta e odorosa di fine estate si aprono a volte degli squarci, che ci permettono di osservare al tramonto delle distese di verde che sembrano sconfinate, a volte non interrotte da strade e nemmeno dagli immancabili campanili, che pur così capillarmente sono diffusi in quest’entroterra. Baciati dal sole del tramonto, quando l’ombra dei pini marittimi è oramai lunghissima e l’arsura lascia un po’ di tregua, vorremmo che la salita non finisse mai. Invece così non è: il cartello che indica la discesa verso Moneglia, dove siamo attesi da un gruppo di amici, arriva dopo pochi ma suggestivi chilometri: strano a dirsi, ma abbiamo scelto di non fare l’autostrada nemmeno al ritorno…

Località

Km

Milano-Busalla

113

Busalla-Lumarzo

41

Lumarzo-Chiavari

30

Chiavari-Lavagna

2

Lavagna-S.Giulia

4,8

S.Giulia-Sorlana

2

Sorlana-Barassi

1,5

Barassi-Cavi

2

Cavi-Sestri Levante

2

Sestri Levante-Bracco

10

TOTALE

208

 



Chiavari: vale la pena fare un giro nei carruggi e sotto i porticati del centro. Ci sono ancora molte botteghe dal sapore autentico, e persone (anziane, per lo più) con storie da raccontare.

S.Giulia: la chiesetta barocca è una piccola gemma: nonostante i parrocchiani si contino sulle dita di una mano, la Messa viene celebrata giornalmente.

Sestri Levante: la Baia del Silenzio, piccola insenatura di sabbia alle spalle della più affollata spiaggia, è un angolo magico soprattutto di sera, quando è illuminata dalle lampare.

Quadland: Via Milite Ignoto 37A 16026 Montoggio (GE), Tel 010.938965, Fax 010.938306.

Top Motor: 16012 Busalla (GE) - 7, v. Milite Ignoto tel.: 010 9642089 fax: 010 9642089

Campodonico snc, Yamaha e BMW:16043 Chiavari (GE) - 1/b, v. Fiume tel: 0185 308666 - fax: 0185 308130

Tigullio Motor: 16039 Sestri Levante (GE) - 95, vl. Dante tel: 0185 458021



La ZRX1200 è una naked proposta in tre versioni: completamente nuda, con un piccolo cupolino quadrato di sapore eighty e colori replica della moto con la quale Eddie Lawson vinse il campionato AMA Superbike (la “R”), con una semicarena un po’ più avvolgente e protettiva (la “S”). Ad accompagnare tester e compagna nel viaggio è stata proprio quest’ultima, la più adatta ai lunghi spostamenti. Rispetto alla categoria cui appartiene, la nudona di Akashi dimostra una versatilità davvero notevole. Infatti il quattro cilindri raffreddato a liquido incastonato nel classico telaio doppia culla in acciaio, pur potendo contare sulla bellezza di 122 cavalli di potenza (una decina più delle rivali di categoria: Yamaha XJR1300 e Suzuki GSX1400), ha un’erogazione impressionante per linearità, quindi adattissima al turismo.



La sella è ampia, morbida e poco inclinata: niente di meglio per ospitare due persone. Nonostante il peso di 235 kg, la ZRX è piuttosto agile e si trova a proprio agio anche sul misto. La sua forza è senz’altro la semplicità, che equivale a sincerità nel comportamento: la naked giapponese consente di viaggiare a lungo, di divertirsi ovunque, e dà sinceramente la percezione del limite. Non è una sportiva, e lo conferma una certa morbidezza delle sospensioni, ma quando si forza sull’acceleratore diventa difficile starle dietro. Il prezzo, di poco superiore ai 10.400 euro, è allineato alla concorrenza.

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