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Dall'Italia al Sud Africa, 24esima tappa

di Anna & Fabio il 27/12/2010 in Africa

L'avventura dei nostri viaggiatori volge quasi al termine. Oggi sono arrivati in Swaziland dove li attende...

Dall'Italia al Sud Africa, 24esima tappa
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L'ingresso in Sud Africa provoca sensazioni diverse: da una parte mi sento ormai completamente rilassato, ho la certezza di arrivare alla meta e questo dovrebbe rendermi felice. Dall'altra il viaggio sta per finire, proprio ora che siamo perfettamente rodati e che abbiamo superato ogni stress.
Quando siamo partiti non eravamo per nulla certi del successo, se avessi dovuto scommettere ci avrei dati "vincenti" a non più del 25%. Ma pian piano le nostre quote sono migliorate ed ora siamo al 100% (se il diavolo non ci mette la coda).
Occorre trovare qualcosa per movimentare il viaggio e distrarci dalla sua inevitabile fine: decidiamo, perciò, di rendere il percorso in Sud Africa tortuoso e interessante.
Per prima cosa faremo una capatina in Swaziland: da Neilspuit ci dirigiamo verso il Piggs Peak. Il meteo non ci favorisce: dopo qualche giorno di caldo soffocante comincia a piovere e la temperatura scende a picco. Ci inerpichiamo per una stretta strada di montagna fino alla frontiera. Appena entrati in Swaziland l'asfalto finisce (e smette di piovere), attraversiamo una catena di monti su una splendida pista che si snoda fra milioni di eucalipti, scendiamo verso Mbabane.
Ci fermiamo a fare uno spuntino in un villaggio: siamo ritornati in Africa, l'atmosfera è più vivace e rilassata. A Mbabane chiediamo indicazioni ad un poliziotto a cavallo di una lussuosissima Harley, un po' troppo lussuosa se confrontata con le condizioni di vita correnti. Proseguiamo per un paio d'ore. Il tempo è migliorato ma fa sempre freddo, e il freddo ci mette una gran fame. Perciò, imboccata la via che riporterà in Sud Africa, mi fermo davanti al primo ristorante "potabile": forse un po' più che potabile.
Sporchi e pieni di moscerini entriamo in un lussuosissimo locale dove, fra pizzi e merletti, pranzano i vip della nazione. Ci guardano fra lo sconcertato e il curioso intanto che ci godiamo la mia trota alle mandorle e il salmone al forno di Anna. Quando usciamo troviamo una vera folla che fotografa la moto da ogni lato, riprendiamo la pista e scavalchiamo un'altra montagna: prima di sera siamo a Piet Retief.
Fa un freddo insopportabile e ci infiliamo nella prima guesthouse: sembra la casetta di zucchero di Hansel e Gretel. Bellissima, curatissima e dotata di riscaldamento, mentre fuori ricomincia a piovere.
La mattina dopo, la nostra idea è quella di raggiungere Durban lungo la strada più diretta che comprende 180 chilometri sterrati attraverso il Kwazulu Natal. Purtroppo piove a dirotto e fa molto freddo, meno di 10 gradi: tiriamo un po' tardi aspettando che il tempo si rimetta ma niente da fare. Verso le nove decidiamo di partire comunque e ci infiliamo tutto il necessario: tuta antipioggia, sottocasco, sovrascarpe, guanti di gomma, e andiamo a fare benzina. E abbiamo l'ennesima conferma che, se infili la tuta antipioggia, smette di piovere.
Il cielo schiarisce mentre facciamo il pieno e nel giro di 30 chilometri la temperatura risale a 25 gradi: ci fermiamo e togliamo qualche strato prima che ci venga un colpo di calore. Ci godiamo la strada che si snoda sul filo dei mille metri di quota: la zona sembra abitata solo da popolazione di colore, probabilmente zulu. I villaggi, composti di piccole e povere casette tutte uguali, sono sparsi sui fianchi delle colline. A Vryheid imbocchiamo lo sterrato che si rivela molto meno interessante di quanto ce lo aspettassimo e, in più, afflitto da interminabili corrugazioni provocate dai camion. Lo seguiamo per 50 chilometri, poi decidiamo che non ne vale la pena e riguadagniamo la strada asfaltata allungando di molto il percorso. Torniamo a salire e ricomincia a far freddo e a piovere. Ci rinfiliamo le tute antipoggia e il resto e proseguiamo. Arriviamo a Stanger, fra le piantagioni di canna da zucchero, che è quasi buio. Qualcuno ci accompagna ad una guesthouse: tutti sono indiani. La zona di Durban è la sede della più grande comunità fuori dall'india. Centinaia di migliaia di persone vi furono deportate per sviluppare la coltivazione della canna da zucchero: ne è nata una comunità ricca e vivace. Andiamo a comperare qualcosa per cena e pare di essere a Mumbay.
La mattina, dopo una lunga chiacchierata con i nostri ospiti, ci avviamo verso Durban. Fa sempre freddo, piove e costeggiamo un mare tempestoso.
Chi ha parlato di "maledetto sole africano"?
Ciao.

www.1bike2people4aid.it
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