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Dall'Italia al Sud Africa: 20esima tappa

di Anna & Fabio il 09/12/2010 in Africa

In Mozambico si incontrano paesaggi mozzafiato e i nostri due viaggiatori raggiungono il più bel posto che abbiano visitato: si tratta di Villanculo

Dall'Italia al Sud Africa: 20esima tappa
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Due giorni a Inhassoro passano in un lampo: facciamo lunghissime passeggiate sulla spiaggia e io mi prendo la solita, colossale scottatura. Anna, invece, resiste al sole ma è assalita dalle pulci che probabilmente infestano i letti. Perciò decidiamo di spostarci a Villanculo, solo un centinaio di chilometri a sud e molto più comoda per raggiungere l'arcipelago di Bazaruto, proprio di fronte.
Riguadagniamo la strada principale lungo la solita traccia d'asfalto, e dopo 60 chilometri la riabbandoniamo per raggiungere Villanculo. Il paese è piuttosto grande e prospera per la vicinanza con l'arcipelago e per una caratteristica che lo rende unico: il braccio di mare che lo separa dalle isole ogni giorno, con la bassa marea, si trasforma in una bianchissima spiaggia costellata di pozze di un azzurro accecante. Forse il posto più bello visto in questo viaggio. La strada asfaltata finisce all'ingresso del paese e da lì in avanti ci si muove solo sulla spiaggia.
Con una certa difficoltà la percorriamo per un tratto e ci fermiamo al primo campeggio. Molto carino, pulito e con un'ottima cucina. Ha perfino una proprietaria in parte italiana con cui riusciamo a discorrere senza difficoltà linguistiche.
Organizziamo una gita in barca fino alla barriera corallina e ci godiamo una giornata di mare come non ne facevamo da molto tempo. Visto che le ustioni mi danno ancora qualche problema decido di cercare una crema solare. La cosa si rivela piuttosto complicata: solo dopo molte ricerche troviamo uno spacciatore di creme solari, lo seguiamo per i viottoli del mercato e scopriamo che ha solo due flaconi, di marche diverse, recuperati chissà dove. Iniziamo la trattativa: lui comincia sparando alto, 30 dollari. Lo ringrazio per il tempo che ci ha dedicato: sono disposto a spenderne non più di 10. Perciò non se ne fa nulla. Mentre mi allontano mi segue e fa una proposta più onesta: 20 dollari. Io ormai ho deciso. Non spenderò un centesimo più di 10, e mi paiono già troppi. Perciò lo risaluto e me ne vado. Mi segue ancora, sciorina tutto il repertorio. Ma visto che non cedo e che le creme solari hanno almeno 10 anni, decide, molto a malincuore. di accettare il mio prezzo. Forse perché è seccato, prende i miei soldi li mette in tasca e, dopo un secondo, tenta il trucco più vecchio del mondo: rinfila la mano in tasca e tira fuori una banconota più piccola e insiste per avere quello che manca al prezzo concordato. Questo trucco me l'hanno fatto a Istanbul nel '72. Perciò gli rispondo che se ritiene di essere stato truffato mi può portare alla polizia. Intorno si è raccolta una certa folla che fa il tifo. Lui insiste ancora per un po', poi, quando vado deciso verso la camionetta parcheggiata non troppo distante, decide di andarsene. Detto fra di noi non sono certo che la polizia mi avrebbe dato ragione, ma è andata bene.
Anche qui, però, ci rendiamo conto che non abbiamo più moltissimo tempo a disposizione e che la strada e le cose da fare sono ancora tante, perciò, dopo un paio di giorni ci muoviamo verso Sud. Prossima tappa Inhambane. Prima di partire salutiamo le nuove conoscenze e ci diamo un appuntamento a Maputo con due giovani giornalisti francesi che vivono lì. Da Villanculo a Inhambane ci sono circa 300 chilometri. La strada che ci aspettiamo è bella e senza intoppi: in realtà, circa 50 chilometri prima di Inhambane sono in corso dei lavori di ampliamento che la dovrebbero trasformare in un'autostrada.
Il lavoro è gestito così: sulla vecchia strada non si può circolare e tutti i veicoli vengono dirottati in un canale di sabbia che corre a fianco, qualche metro più in basso. Ci circola di tutto: autotreni e autobus compresi. Il canale è stretto e perciò ogni volta che qualcuno si insabbia, o che più semplicemente si incontra un veicolo che circola nella direzione opposta, succede il finimondo. La maggior parte dei veicoli riesce a procedere solo mantenendo una certa velocità. Se si fermano non vanno più avanti. Se si tratta di un pulmino o di una vettura, i passeggeri uniscono le loro forze e riescono a farla ripartire, risalendo poi in corsa. Ma se si tratta di un autotreno o di un bus, la cosa è molto più seria. Io, che non sono un dakariano, do un'occhiata al fosso e decido che è molto meglio correre sulla strada in costruzione, anche se è molto vietato. Talmente vietato che è stata cosparsa di ogni tipo di ostacoli, per fortuna pensati per veicoli più ingombranti di noi. Per dissuaderci fanno di tutto operai e tecnici. Io ogni tanto do un'occhiata al fosso che ci fiancheggia e rimango del mio parere: se mi vogliono mandare laggiù, devono farlo con la forza.
Per dire la verità, nemmeno quassù si viaggia molto bene, ma la sabbia almeno è dura e bagnata. Il vero problema è resistere alle ingiunzioni a lasciarla, per oltre 30 chilometri. Mi sono fatto cacciare e maledire da almeno 500 lavoratori per più di un'ora. Ma alla fine, quando a dire la verità non ce la facevo quasi più, il canale in cui viaggiavano e si fermavano tutti gli altri veicoli, è stato fatto confluire sul tracciato principale.
Meno male.
A presto.
www.1bike2people4aid.it
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