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Dall'Italia al Sud Africa: 19esima tappa

di Anna & Fabio il 05/12/2010 in Africa

Lasciato il campo del Cisve, Anna e Fabio proseguono verso il Sud Africa: li aspetta il Mozambico e una sistemazione decisamente gradevole dove festeggiare un compleanno…

Dall'Italia al Sud Africa: 19esima tappa
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Usciamo dall'esperienza al S. Albert Hospital molto provati. Pur sapendo a cosa andavamo incontro ed essendoci arrivati con quasi due mesi di viaggio in paesi non certo ricchi, scoprire cose c'è dietro alla facciata ci ha sconvolti. Una cosa è leggere i resoconti (come il nostro) sulla fame e sulla miseria, altra cosa è essere lì e vedere con i propri occhi. Ci mettiamo subito a raccogliere il materiale realizzato e cercare un modo efficiente per comunicarlo. I risultati sono modesti ma l'impegno che ci mettiamo ci consiglia di approfittare della comoda sistemazione che abbiamo trovato ad Harare e di prolungare il nostro soggiorno per un paio di giorni. Questo ci consente di approfondire un pochino la nostra impressione sul paese, o meglio, sulla città. Harare è certo una città con un passato molto ricco, almeno per la minoranza bianca. Ne è rimasto un numero impressionante di ville, quartieri ampi, viali alberati e enormi centri commerciali.
Le ville sono in gran parte chiuse, i quartieri vuoti, i viali senza traffico e i centri commerciali privi di clienti. Sembra un teatro senza pubblico. La minoranza bianca e la maggioranza nera sembrano non avere rapporti di nessun tipo. Su ogni muro svettano rotoli di filo spinato sormontato da fili elettrici. Ogni casa è guardata da un uomo armato. Sui viali sfrecciano solo le auto ufficiali e qualche furgone delle ONG. Approfitto della comodissima sistemazione (villetta su due piani, soggiorno, cucina, camera da letto, due bagni, giardino e parcheggio coperto) per fare un po' di manutenzione "approfondita". In realtà l'unico problema è una persistente perdita di carburante ogni volta che il serbatoio è molto pieno. Smonto tutto e, per la seconda volta, scopro che il tubicino di uno sfiato si è tranciato. Per sicurezza lo sostituisco con un pezzo di tubo per il carburante che è molto più robusto. Problema risolto. Poi tiro "a nuovo" la catena e, per la prima volta da tempo immemorabile, le do una regolata. Tutto il resto è perfetto: olio, acqua, pressione gomme. Perfino il filtro dell'aria necessita solo di una "sbattuta". Ora siamo pronti per l'ultimo salto: Mozambico e Sud Africa.
Partiamo per il Mozambico lunedì mattina. Dopo un paio di centinaia di chilometri abbiamo voglia di un caffè. Ci fermiamo in una colossale stazione di servizio. Ci saranno almeno tre fra bar e tavole calde. Si può ordinare più o meno di tutto ma di caffè nemmeno a parlarne. Ci aggiriamo sconsolati chiedendo a destra e a manca e alla fine ci consigliano di andare poco più avanti, dietro ad una macchia di alberi. Ci andiamo con poca fiducia e invece troviamo una meravigliosa farm dei primi dell'800 trasformata in lodge, con bar, ristorante e negozio di artigianato locale. Ci infiliamo nel bellissimo giardino e ci godiamo un paio di caffè a testa. Ripartiamo decisamente più carichi.
Ultima sosta Mutare, cittadina moderna e ben tenuta dove troviamo benzina e qualcosa da mangiare, poi via per la frontiera. Abbiamo tutto: assicurazione, visto, un sacco di benzina e molta voglia di viaggiare. Le pratiche doganali sono tutto sommato rapide e anche la "formalità Carnet" si risolve in fretta. Come al solito ripiombiamo nel solito caldo mozambicano. Non riusciamo a farci l'abitudine: si passa dal fresco al caldo in pochi chilometri e succede troppo spesso.
Perciò arrivati a Chimoio ci fermiamo. Non ha senso andare avanti: Inhassoro è troppo distante e non pensiamo di trovare altre possibilità per dormire. Troviamo con facilità un albergo più che decente. La cittadina ha quell'inconfondibile sapore latino lasciato dalla colonizzazione portoghese. Facciamo un po' di spesa al mercato e per cena finiamo inaspettatamente in un locale di proprietà italiana. Cena mica male. Tempi di attesa lunghissimi. Domani via di corsa verso il mare.
La strada è in buone condizioni ma di una noia mortale. Bush a destra e sinistra, pochissimi villaggi, tutti poverissimi. Unica distrazione qualche differenza nella architettura delle capanne, qualche diversità nella vegetazione, in gran parte bruciata per creare spazio a qualche povero campicello e per fare carbone di legna che pare essere l'unico commercio di quest'area. Ci diamo come riferimento l'attraversamento del Rio Save: da lì ci sono solo altri 150 km. Ci arriviamo verso le due e sostiamo sotto un albero in compagnia di un gruppo di operai che si occupano di sminamento.
Durante la guerra di liberazione, grandissime aree sono state minate, soprattutto dai ribelli finanziati dalla Rhodesia (l'attuale Zimbabwe) il cui comando era proprio in questa zona. Le operazioni di sminamento, costate decine di morti, sono in via di esaurimento solo ora. Riprendiamo la nostra strada molto accaldati, ma via via che ci avviciniamo al mare la temperatura scende a picco. Controllo il termometro: scendiamo da 38 a 25 gradi in meno di 40 chilometri, e finalmente vediamo la deviazione per Inhassoro. Una sottilissima striscia di asfalto che galleggia sulla sabbia.
Due veicoli non ci passano e, visto che una moto ha pochi diritti, tutte le volte che ne incrociamo uno ci infiliamo nella sabbia.
Sono però solo una trentina di chilometri e presto ci troviamo l'oceano Indiano proprio davanti. Inhassoro è un piacevole paesino, poche case e un paio di villaggi vacanze molto spartani. C'è la scuola (una sola aula che ospita in orari diversi gli scolari di tutte le classi) un piccolissimo supermercato e perfino un internet cafè, che però non ha quasi mai il collegamento. Davanti a tutto questo una bellissima spiaggia bianca e, più in là, l'isola di Bazaruto. Ci infiliamo nel primo villaggio sulla sinistra. Ci accolgono bene, forse perché siamo gli unici ospiti e ci danno un bel bungalow sul mare. Hanno anche un buon ristorante, molto frequentato. Ci festeggiamo il compleanno di Anna.
Tanti auguri!

www.1bike2people4aid.it
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