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Africa

Dall'Italia al Sud Africa: undicesima tappa

di Anna & Fabio il 29/09/2010 in Africa

Ancora in Asia dopo lo stop forzato, i nostri viaggiatori si spostano dal Tajikistan all'Uzbekistan. Ma l'Africa è ancora lontana

Dall'Italia al Sud Africa: undicesima tappa
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Dopo il fallimento dell'avventura Pamir, arriviamo a Dushambe stanchi e con le facce da funerale; ci rifugiamo dagli amici del Cesvi che si danno da fare per tirarci un po' su e da loro scopriamo che sarebbe possibile raggiungere Khorog in aereo.
Non è la stessa cosa, ma sarebbe un peccato non raggiungerlo, anche se con un altro mezzo: non siamo mai stati così vicini alla meta…
Facciamo una piccola borsa con il minimo indispensabile e ci cerchiamo una macchina che da Khorog ci possa portare fino a Murghab e ritorno. Ci hanno avvertito che si vola a vista e perciò la partenza del volo è subordinata alle condizioni atmosferiche che da queste parti sono molto variabili: non siamo ancora scesi dalla macchina che dall'altoparlante viene annunciata la soppressione del volo, per oggi e forse anche per domani: condizioni metereologiche proibitive.
Depressi, non ci resta che tornare a casa, dove mi dedico alla manutenzione della moto.
Non che ci sia granché da fare: olio e acqua a posto, le gomme sono in buono stato. Pulisco e olio la catena e do un po' di grasso ai semiassi.
Il giorno dopo salutiamo tutti e torniamo verso Samarkand, in Uzbekistan. Solite buche, solito tunnel cavernoso, piove molto. Il tempo cambia solo quando siamo vicino alla frontiera Uzbeka. Facciamo il pieno per evitare i problemi di scarsità di carburante; il controllo doganale è particolarmente noioso e approfondito, soprattutto quello antidroga: il nostro breve soggiorno in Tajikstan attira l'attenzione delle polizia, saremmo dei perfetti corrieri della droga.
Arriviamo a Samarkand in tempo per la cena; il giorno dopo mi concedo una visita dal parrucchiere, non andiamo neppure a visitare i monumenti, già visti varie volte.
Il resto del percorso in Asia poi, non ha per noi nessun interesse particolare: abbiamo già percorso la rotta Samarkand-Tehran almeno tre volte.
Arrivati a Buchara, però, cominciamo a sentirci un po' meglio. La città è come sempre bellissima e piena di comodità che ci mancano da tempo. Mangiamo e dormiamo per un paio di giorni, poi ci viene in mente di andare a Khiva, città carovaniera in mezzo al deserto a circa 500 km da qui.
Unico problema: trovare benzina. Trovo qualcuno disposto a vendermene una ventina di litri al mercato nero. La difficoltà però resta: sono più di 1000 km, perciò dovrò fare benzina anche a Khiva.
Chiedo in giro, ma pare che la cosa sia estremamente difficile. Così decidiamo di andarci in taxi, troviamo un taxi collettivo disposto a trasportarci andata e ritorno per una cifra ragionevole e ci diamo appuntamento per il giorno dopo.
Il taxista arriva di buon'ora solo per portarci al Kervan Market dove si mette in cerca di altri due passeggeri per completare il carico. La cosa va molto per le lunghe e solo verso mezzogiorno, con la temperatura che ormai sfiora i 50°, riesce a trovarli.
Nel frattempo ha caricato merci di tutti i generi, fra cui diverse borse di plastica piene di soldi. Partiamo che fa un caldo infernale, la macchina è nera e senza aria condizionata. Il viaggio dura sette ore e arriviamo a Khiva che è quasi il tramonto, l'ora migliore per godersi questa piccola città murata rimasta indipendente e intatta fino agli anni venti del secolo scorso. La vista non richiede più di qualche ora ma ne vale assolutamente la pena. Anche se il restauro non è perfetto, l'impressione d'insieme è entusiasmante. Il giorno dopo ripetiamo il faticoso viaggio verso Buchara.
Bene, per un giorno abbiamo rotto la monotonia di questo lungo trasferimento, ma da domani si fa sul serio.
Dall'Italia al Sud Africa: undicesima tappa
Karakum
Partiamo da Buchara all'alba cercando, senza molta convinzione, un po' di benzina. Non ne troviamo neppure una goccia ma ne abbiamo a sufficienza per arrivare al primo distributore Turkmeno.
La dogana Turkmena la ricordo come la peggiore dell'Asia, dunque fra le peggiori del mondo: una baracca in mezzo al nulla. Si fa la fila fuori al sole per ore, e una volta entrati ci si trova in un casino incomprensibile da cui è difficile uscire. La prima volta che l'abbiamo passata abbiamo giurato di non passarci mai più, ma è difficile mantenere certi giuramenti.
Ci arriviamo già piuttosto provati: alla corrispondente dogana Uzbeka non riesco più a trovare uno dei soliti inutili foglietti "che bisogna assolutamente conservare per tutta la permanenza". Lo cerco dappertutto e lo trovo solo quando ormai le cose si stanno mettendo male. La famigerata baracca si vede già di lontano. Ci prepariamo mentalmente. Abbiamo qualcosa da mangiare e l'acqua è ancora fresca.
Poi, improvvisamente, ci accorgiamo di aver imboccato uno stradino fra due reticolati che ci porta in una direzione diversa. Vediamo la baracca scomparire dietro una duna e comparire la nuova stazione doganale! Non è certo una bellezza ma ha il parcheggio all'ombra e c'è l'aria condizionata anche nelle sale aperte al pubblico!
Il casino è sempre lo stesso, i costi anche più alti. Nelle tre ore che ci passiamo, prima insieme e poi separati, faccio una decina di versamenti (rigorosamente in dollari) di cui non sempre ottengo il resto, per un totale di circa 100 dollari.
Si paga di tutto: fuel surcharge, consumo strade, assicurazione, compilazione del percorso, "documents processing", visita medica e altro ancora. Per ultimi mi occorrono due timbri per completare lo sdoganamento del mezzo: scopro dopo mezz'ora di avanti e indietro che li deve mettere il medico. Forse deve constatare lo stato di salute della BMW. Alla fine usciamo, ma dopo 300 metri paghiamo altri 7 dollari, e dopo 3 km altri 18 dollari di pedaggio per attraversare il solito scassatissimo ponte. Facciamo anche benzina: circa 30 litri per una cifra che faccio fatica a memorizzare. Direi più o meno 2 euro.
Il termometro segna 42° e la strada è noiosissima e molto mal tenuta. Raramente si vede qualche rottame ferroviario sulla destra, ma nulla di più.
Ci fermiamo per mangiare qualcosa nell'unico posto che troviamo. Cay e melone. Nel pomeriggio siamo a Mary. Unica città su questa rotta. E anche unico punto di interesse: a pochi km ci sono le rovine di Merv, che valgono senz'altro la visita. Che noi abbiamo fatto nei precedenti passaggi, perciò ci sentiamo esentati e andiamo direttamente in albergo. A Mary ce ne sono tre decenti: andiamo a quello che ci piace di più e scopriamo che è fully booked: solo una stanza singola. Anna chiede di verificare se in uno degli altri ci sia posto. Niente da fare: sono completamente occupati anche loro. Non ci resta che sistemarci in una camera singola veramente piccolissima. Uno sul letto ed uno a terra. Mi offro di dormire io a terra ma lo spazio è troppo esiguo, perciò si deve adattare Anna.
La notte però e abbastanza tranquilla.
A presto.
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