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info: https://www.dueruote.it/guide/manutenzione/2023/08/23/freni-a-disco-e-freni-a-tamburo-quale-e-migliore.html
Manutenzione

Perché il tamburo ha perso

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Il dettaglio del maxi-tamburo a tre ganasce e presa d'aria (brevettato) della Laverda 750 SF
Il dettaglio del maxi-tamburo a tre ganasce e presa d'aria (brevettato) della Laverda 750 SF del 1973
La Laverda 750 SF del 1973
Anche Laverda passò al disco, già nel 1974
La Vespa aveva ovviamente due tamburi nelle sue piccole ruote da 10"
Ma nel 1970 anche una sportiva come la Triumph T100 Daytona aveva ancora il doppio tamburo
E anche Yamaha correva la Dakar 1976 con la XT500 e due freni a tamburo
Il freno a disco è oggi anche un elemento distintivo, come questo Brembo radiale sfoggiato dalla CFMOTO 700CL-X Sport
Sulla concept MV Agusta 921S le cover dei dischi simulano la presenza di un tamburo
Il Giappone lancia il disco con le sue sportive da sogno come la Honda RC30
Il successo del freno a disco si consolidò negli Anni 80 con le supersportive 125 come la Aprilia AF1 125 Sintesi Replica, per le quali era un must
Anche i tuboni si adeguano (ma solo all'anteriore)
Negli Anni 90 la Ducati 916 SP sfoggia freni Brembo...
E la 916 SPS i raffinati Serie Oro
Oggi la situazione è simile: ecco il doppio disco a margherita Nissin della Honda CB750 Hornet

Sfatiamo un mito: il freno a tamburo non è necessariamente meno potente del freno a disco. E allora perché ha perso? Per altre ragioni, compresa una molto recente che gli ha dato il colpo di grazia...

Immaginate di avere un albero in rotazione con un disco in fondo. Per fermarlo avete due possibilità: stringere il disco tra il pollice e l' indice di una mano oppure intrecciare le dita delle mani e premere sull’albero con i palmi. Quale sistema scegliereste? Se avete optato per i palmi, siete dei fan del freno a tamburo: che sarebbe infatti in grado di generare forze maggiori rispetto a un freno a disco. Questo per due ragioni: primo, ha una superficie di attrito nettamente maggiore e secondo, il meccanismo che fa muovere le ganasce fa sì che la forza frenante si “auto-esalti”: l’attrito genera una coppia che, combinata alla rotazione, tende a serrare ancora più forte le ganasce (i palmi delle mani) sul tamburo. Per dare un’idea, a parità di pressione nell’impianto un tamburo può generare una coppia frenante fino a tre o quattro volte superiore a quella di un disco (quindi comunque doppia anche rispetto a un doppio disco).

Disco VS tamburo: il problema del calore

Perché allora i tamburi sono praticamente scomparsi e restano solo i freni a disco? Perché la generazione di forza frenante (ovvero di decelerazione) è solo metà del lavoro di un freno. L’altra metà è dissipare il calore, perché per ottenere una decelerazione bisogna che l’energia cinetica (proporzionale al quadrato della velocità) della moto sia ridotta “buttandone via” una parte: e il modo di buttarla via è appunto trasformarla in calore che viene poi dissipato. Il disco vince per la capacità di dissipare calore. Che è nettamente migliore rispetto a quella del tamburo, perché il disco si scalda solo in un piccolo punto (l’area della pastiglia, l’equivalente dei polpastrelli) e per il resto del tempo gira all’esterno lambito dall’aria, riuscendo a raffreddarsi; le ganasce, invece, avvolgono il tamburo e il tutto è chiuso all’interno dell’impianto, ostacolando la fuoriuscita del calore.
Dettaglio del freno Laverda 750 SF con la presa d'aria per la ventilazione

Il disco vive, il tamburo... sopravvive

La transizione da disco a tamburo, quanto meno per gli impianti posteriori, ha in realtà preso un paio di decenni e non si è ancora conclusa, perché le cose sono più complicate di così. Non è un caso che ancora dopo la comparsa del disco sulle giapponesi, Laverda abbia ancora profuso ogni sforzo per realizzare un tamburo migliore, brevettando la soluzione che sarebbe poi diventata famosa sulle SF e SFC. I primi dischi non erano infatti particolarmente performanti e anche le Case inglesi, a cui la Lockheed li aveva offerti, non erano state convinte. Come i dischi, anche i tamburi hanno del resto potuto godere di decenni di sviluppo tecnico, durante i quali sono state approntate soluzioni di tanti tipi sia per il raffreddamento (alettatura, prese d’aria, addirittura ventole) che per il fissaggio delle ganasce (simplex, duplex, servo, ecc.). Questo perché l’effetto di auto-intensificazione della forza può portare anche al bloccaggio della ruota, per cui va in una certa misura controllato. Tra intensificazione legata al cinematismo e disintensificazione dovuta alla scarsa dissipazione di calore, un freno a tamburo ha comunque una scarsa stabilità della frenata, altro elemento a suo sfavore. È soprattutto drammatico il “fading”, la progressiva riduzione di coppia frenante durante l'azionamento che sui freni a disco è ormai un ricordo ma nei grossi tamburi anteriori è sempre rimasta evidente.
La Triumph T100R Daytona del 1969, una sportiva classica con due freni a tamburo

Il colpo di grazia

A vantaggio del tamburo restano i costi inferiori, che lo tengono in vita sugli impianti posteriori di molti scooter, e la maggiore durata del materiale d’attrito, che riduce anche i costi di esercizio. Dal punto di vista meccanico è importante anche l’assenza totale di coppie residue, perché al rilascio della leva c’è un ritorno meccanico migliore rispetto a quello delle pastiglie, che le pompe freno non riescono a richiamare ed è affidato all’elasticità delle guarnizioni. Ma il colpo di grazia ai tamburi lo ha dato l’arrivo dell’ABS, e in particolare la sua obbligatorietà: perché questo sistema (e in generale tutti gli ADAS che si appoggiano all’impianto frenante) funziona in modo efficace praticamente solo con i dischi, che hanno poca inerzia delle parti in movimento (pistoncini e pastiglie), risultando ben più reattivi, e i loro sistemi di azionamento idraulico, facili da gestire con le compatte centraline moderne; con i tamburi a comando meccanico sarebbe tutto molto più complicato.
Perché il tamburo ha perso
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