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In pista con Phil Read

il 05/09/2006 in Altri sport

Il mito del motociclismo inglese, otto volte campione del mondo, è venuto a trovarci a Vairano. Abbiamo avuto l'onore di girare con lui e di sentire il suo parere sul motomondiale di oggi e sui grandi del passato, tutto nel suo stile: senza peli sulla

In pista con Phil Read
Read a Misano con Valentino Rossi. Chi è il migliore?

Chi ha meno di cinquant'anni non ha vissuto una delle epoche più gloriose del motociclismo, gli anni sessanta e settanta. Non abbiamo la pretesa di sintetizzare in questa sede un'era, i cui fasti abbiamo imparato su libri, riviste dell'epoca e dai racconti di chi quelle gare le ha viste o le ha corse. Tra i grandi nomi di quegli anni spiccano quelli di Mike Hailwood, Giacomo Agostini, Renzo Pasolini… E, naturalmente, quello di Phil Read.


Nato a Luton nel 1939, si accostò alla moto dopo aver visto correre Geoff Duke con la Gilera. Cominciò a correre nella seconda metà degli anni cinquanta con una Norton compratagli dalla madre e nel 1958 ottenne la sua prima vittoria a Mallory Park, mentre il suo esordio nel mondiale è datato 1961.
Read è stato uno dei più grandi talenti della storia di questo sport, vincendo quattro mondiali in 250 ('64, '65, '67, '68), due in 125 ('61 e '68) e due in 500 ('73 e '74, conquistando l'ultima vittoria mondiale per la MV Agusta); ma corse anche in 350, vincendo quattro GP.


Disputò in tutto 122 Gran Premi, vincendone 47 e finendo 104 volte sul podio. Vinse otto volte il Tourist Trophy, con la Norton, la Yamaha e, nel 1977, con la Honda in una bizzarra gara durata un solo giro.
Oltre che per le sue grandi vittorie, Read fu noto anche per qualche eccesso: amante del lusso, amava presentarsi alle gare al volante di una Rolls e a volte si spostava sulla pit-lane indossando una pelliccia sopra la tuta. La fama di Phil Read è quella di un pilota freddo ed estremamente determinato, capace di ignorare gli ordini di scuderia pur di vincere: ad esempio nel 1968, quando correva per la Yamaha, dopo essersi aggiudicato il titolo della 125 con l'aiuto del compagno Bill Ivy, sottrasse a quest'ultimo quello della 250, vincendo l'ultima gara di campionato.


Un comportamento che non piacque né alla Casa giapponese né ad Ivy, il quale fu molto scosso dall'evento e in sostanza concluse lì la propria carriera nel mondiale (l'anno successivo morì in un incidente con la sua Jawa al Sachsenring).
Read invece continuò per la propria strada, mietendo vittorie e ritrovandosi, cinque anni dopo, con un nuovo – celeberrimo – rivale "in famiglia": parliamo di Giacomo Agostini. Arrivò in MV nel 1972 per fare da gregario ad "Ago", ma diede battaglia col suo solito impeto, tanto che nel '73 strappò al campione lombardo il titolo della 500.


Fa decisamente caldo quando Phil Read arriva a Vairano. Con lui Roberto Pattoni, che gli fornisce la replica della Paton da Gran Premio con cui corre nella classe IHRO (International Historic Racing Organisation).
Francamente non ci aspettavamo di vedere un campione del genere alla guida di un furgoncino Volkswagen con qualche annetto sulle spalle, berretto da baseball in testa, t-shirt e bermuda. Pare in effetti che Read non abbia gestito con grande parsimonia le sue ricchezze e ora conduca un'esistenza del tutto normale. Non da VIP, insomma…
Sta di fatto che Read è un arzillo (quasi) settantenne che capisce un po' d'Italiano ma non si sforza di parlarlo e che, soprattutto, non vede l'ora di salire sulla sua Paton.
Dopo i convenevoli saliamo in moto e lo scortiamo per un paio di giri sul circuito di handling della nostra pista. Anche se è ridicolo, ammettiamo di aver pensato: "caspita, ho Phil Read nei retrovisori… non sono in molti a poterlo raccontare".
Alla fine della prova, il nostro ospite ci concede una breve intervista. Eccola:

Molto. Moltissimo, anzi. Il fatto è che oggi tutto è iperprofessionale, perchè tutto è business. Non c'è nemmeno un piccolo settore del motociclismo professionistico di oggi che non implichi spese esagerate: le moto, ovviamente, ma anche trovare il setting giusto. Per non parlare delle gomme, e non trascuriamo la comunicazione. Attorno al più "fermo" dei piloti c'è comunque un giro d'affari di centinaia di migliaia di euro. Ai miei tempi era impensabile perché molti erano dei privati che correvano – e a volte vincevano - con la propria moto, come feci io stesso con la mia Norton Manx all'inizio.

- Lei è rimasto famoso come pilota freddo, calcolatore. Caratteristiche comuni ad alcuni dei più grandi campioni di oggi. Vede qualcuno particolarmente simile a lei?
Ė vero, questa è la mia fama. Oggi è più facile di un tempo trovare piloti razionali, ci sono molti soldi in ballo e manager che inquadrano a dovere i ragazzi, perché chi sbaglia paga e perde il posto. Credo comunque che Rossi sia nella mia scia. Anche Pedrosa è freddo, ma c'è una differenza: io quando vincevo ero allegro, saltavo di gioia, mentre il giovane spagnolo non mostra entusiasmo, ha già vinto due gp nell'anno del debutto in MotoGp ma non l'ho mai visto esultare.

- Valentino Rossi vincerà il titolo quest'anno?
Credo proprio di no: le Honda HRC vanno più forte della sua Yamaha e lui no sta avendo fortuna. Credo che alla fine dell'anno sarà secondo dietro Hayden, ma non penso che questo creerà problemi alla sua fantastica carriera: è il solo in grado di partire ultimo e arrivare sul podio, ed è proprio questo tipo di spettacolo che la gente vuole vedere. È, in ogni caso, il vincitore morale.

- Lei ha vinto quattro volte in carriera il mondiale nella duemmezzo. Era una classe importante che oggi pare un po' in declino… Che ne pensa?
Penso che è un vero peccato. Qualcuno sta cercando di rendere il motociclismo simile alla Formula 1, con tutti gli occhi puntati alla MotoGp (e i soldi spesi quasi esclusivamente in quella classe) e il resto considerato poco più di un contorno: io penso invece che le gare della 125 e della 250 siano più entusiasmanti e diano vita a duelli mozzafiato. Un patrimonio che non si deve buttare alle ortiche; purtroppo però non vedo una soluzione… Temo che questo andamento sia irreversibile.

- Lei si ritiene il più veloce pilota di tutti i tempi?
Difficile rispondere. Non saprei paragonarmi ai piloti di oggi, per cui parlo dei mie coetanei: ce n'erano tanti forti, penso soprattutto a Saarinen, Pasolini e Bergamonti, tre fuoriclasse scomparsi prematuramente. Naturalmente c'era anche Agostini (e qui la voce di Phil si fa decisamente più sforzata, n.d.r.), ma non mi sento di dare valutazioni su di lui, visto che viveva una condizione di grande vantaggio rispetto a me. Pensate che la sua MV, oltre trent'anni fa, aveva già i cerchi in magnesio… Inoltre gli bastava una telefonata al conte Agusta per ottenere aggiornamenti al motore. Per me non era affatto possibile.

- Secondo lei che ha vissuto importanti rivalità nella sua carriera (pensiamo a Bill Ivy in Yamaha e allo stesso Giacomo Agostini in MV) due leader possono convivere nella stessa scuderia?
Secondo me sì, conta la voglia di vincere e ignorare qualsiasi ordine di scuderia. Il vero leader punta alla vittoria sempre e comunque e non credo che per una squadra avere due piloti così possa creare problemi. Se fa bene all spettacolo, fa bene a tutti.

- Una curiosità: possiede ancora la Rolls bianca con la quale si aggirava nei paddock suscitando le invidie degli altri piloti?
No, l'ho venduta qualche anno fa. Comunque era color argento chiaro. Era una Cloud II, un modello che, per la verità, si trovava usato senza spendere cifre astronomiche; ma faceva una gran figura… La cosa più divertente era entrare nei paddock in Rolls, scendere dall'auto e presentarmi in jeans e maglietta, mangiando fish & chips…


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