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La straordinaria storia di Aprilia, dalle biciclette alla MotoGP

Redazione
dalla Redazione il 16/04/2024 in Moto & Scooter
La straordinaria storia di Aprilia, dalle biciclette alla MotoGP
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Da fabbrica di biciclette a riferimento mondiale nello sport, nel design e nella tecnologia: l’avventura di Aprilia dalla fondazione in un paesino della provincia veneta ai successi in MotoGP

C'è una lunga tradizione di esplorazione e di conquista in Veneto, che parte da molto prima di Marco Polo e arriva al boom economico degli Anni 70 e 80, quando una regione che nel Dopoguerra era ancora economicamente depressa ha visto un incredibile sviluppo che ha portato molte aziende venete a brillare a livello mondiale nei settori della moda, dell'arredamento, della tecnologia. E della moto.

Negli Anni 80 Aprilia fa parte del manipolo di aziende italiane che partono alla conquista del mondo: pochi soldi, tante idee e tantissima ambizione. Aziende dalla gestione un po' avveduta e un po' romantica, che buttano continuamente il cuore oltre l'ostacolo e raggiungono tassi di crescita - commerciale e sportiva - mai visti a livello mondiale. Questa è la storia di una fabbrica di biciclette che diventa imbattibile fra i cordoli del Mondiale e passa dall'ispirarsi alle maxi giapponesi all'imporre a tutti il proprio stile. Questa è la storia di un sogno diventato realtà.

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Gli Anni 70: dalle bici ai ciclomotori

Buon ciclista dilettante prima della Seconda Guerra mondiale, Alberto Beggio aveva fondato un negozio/officina in un paesino in provincia di Treviso che, al crescere del giro d’affari, si meritò un nome proprio, diverso dal cognome del fondatore. Alberto scelse “Aprilia” in omaggio a una vettura Lancia sinonimo in quegli anni di lusso e signorilità.

Aprilia ottiene un grande successo, si ingrandisce con un vero e proprio stabilimento a Noale, in provincia di Venezia. Sono gli anni del boom del Veneto, le attività crescono, il tempo stringe e le biciclette iniziano a sembrare troppo lente. Alberto avvia una piccola produzione di ciclomotori 50 cc, avvalendosi della già abbondante componentistica italiana. Ivano Beggio, figlio di Alberto, si appassiona alle moto e in modo piuttosto naturale prende in mano il ramo d’azienda; amante del motocross, affianca ben presto ai ciclomotori dei modelli 50 con le ruote tassellate, poi nel 1973, alla scomparsa del padre, assume il ruolo con cui sarà sempre ricordato: il Presidente.

Ambizioso ma anche generoso, visionario ma anche concreto, Ivano Beggio è “il signor Aprilia”. Inaugura l’abitudine di trasferire al più presto nella produzione di serie le soluzioni messe a punto in gara, sperimenta col metallizzato e colori diversi dal solito, è inflessibile sulle finiture. Soprattutto, sa esaltare nei suoi dipendenti quella passione collettiva per le moto che sarà la benzina dell’Aprilia dei decenni successivi.

Nel corso degli Anni 70 l’assemblaggio passa da artigianale alle prime embrionali linee di montaggio, arrivano una cabina di verniciatura automatica, un banco prova e si costruisce un abbozzo di R&D, con simbiosi totale tra corse e produzione di serie. Arrivano i primi titoli: campioni italiani motocross sia 125 che 250 con Ivan Alborghetti nel 1977, poi con Corrado Maddii 500 (1980) e di nuovo 250 (1980).

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Gli Anni 80: dall’off-road alla pista

Nel 1980 Aprilia volta definitivamente pagina: chiude il reparto biciclette e scommette tutto sulle moto, diventando uno dei numerosissimi micro-costruttori italiani di quel periodo. L’azienda si concentra sull’allora florido mercato del Motocross, ammoderna il logo passando dal classico leone alla A con ali verde e rossa, un po’ stile Alitalia ma molto efficace.

Aprilia nel 1981 vende 543 moto, contro le 110.000 di Piaggio, ma la rincorsa è partita. Si decide di costruire una 125 stradale affascinante e moderna: la ST 125, con la sospensione a leveraggio APS, il motore su silent block e un cruscotto da vera maxi. Avrà un enorme successo, vendendo più di tutte le Aprilia “col tassello” messe insieme, e incoraggerà l’azienda a dedicarsi al settore stradale.

Il passo successivo è un’altra scommessa: una 250 GP motorizzata Rotax da far correre nel Mondiale con un pilota di valore ancora incerto, Loris Reggiani. Beggio ci pensa su qualche giorno, poi si butta nell’avventura. Negli stessi anni molti dei piccoli concorrenti Aprilia, che non riescono a tenere il passo del cambiamento, chiudono i battenti e Noale recluta i migliori dei loro tecnici, accrescendo enormemente il proprio potenziale tecnico.

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Anche l’accordo con Rotax diventa un tassello fondamentale per Aprilia, che per molti anni userà i propulsori austriaci 2T e 4T sia in gara che nella produzione di serie. Aprilia spinge al massimo il concetto della “fabbrica flessibile”, tenendo al suo interno solo progettazione, ricerca, collaudi e marketing e facendo realizzare tutto il resto da fornitori integrati nel processo produttivo fin dalla fase di progettazione.

Questo consente di accelerare il tempo di sviluppo di nuovi modelli, contribuendo in maniera determinante alla “corsa al riarmo” delle 125 italiane degli Anni 80, che nel giro di poche stagioni diventano le più belle, sofisticate e veloci mai viste in tutto il mondo.

Nel frattempo Reggiani chiude sesto nel Mondiale 250 GP del 1985, e dopo un terribile infortunio l’anno seguente vince a Misano, con l’Aprilia davanti a tutte le Case giapponesi. Lì tutto il mondo, e non solo i ragazzini, capisce che Aprilia fa sul serio. A fine 1987, intanto, la produzione è già salita a 35.000 moto, grazie anche al successo delle sportivette mozzafiato AF1 50 e AF1 125, che sfoggia uno dei primissimi forcelloni monobraccio, delle enduro ET 50 ed ETX 125 e delle “dakariane” Tuareg 50, 125, 350 e 600, queste ultime con i primi motori 4T usati da Aprilia.

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Gli Anni 90: il periodo d’oro

Con una crescita del 50% l’anno, Aprilia è ormai un fenomeno studiato in mezzo mondo, che trasforma in oro tutto quello che tocca. La scelta delle linee, dei nomi, dei colori, le campagne pubblicitarie: tutto sembra in miracolosa sintonia col mondo giovanile. L’azienda inizia, pur con fatica, ad espandersi all’estero.

Ivano Beggio è, insieme a Claudio Castiglioni di Cagiva, il nome più in vista del mondo motociclistico italiano. Incarna un’idea romantica dell’imprenditore appassionato e di successo, in prima linea nelle decisioni che invariabilmente imbrocca: dai modelli 125 sempre più belli – le stradali AF1 Sintesi, RS Futura, RS Extrema e Sport Production, la crossover Pegaso – alla scelta dei piloti: tutti fortissimi, e fra loro il meglio della ritrovata scuola nazionale con Max Biaggi (il primo campione con Aprilia in 250 nel 1994, imbattuto fino al 1997) Loris Capirossi e Valentino Rossi, che in 4 stagioni sulle moto di Noale porterà a casa un titolo 125 e un titolo 250.

A inizio decennio è stato formato il Reparto Corse, affidato inizialmente a Jan Witteveen per la parte tecnica e a Carlo Pernat per la gestione dei piloti. Sarà la scuola per una generazione di tecnici e manager sportivi di successo, da Gigi dall’Igna a Francesco Guidotti, e i successi sportivi si riflettono nella produzione di serie culminando con la RS 250, spettacolare e desideratissima “race replica” con motore di derivazione Suzuki capace di impensierire le 600 4 cilindri giapponesi sui percorsi guidati.

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Intanto la Pegaso 600, poi 650 con un ambizioso e potente motore a 5 valvole radiali, diventa l’ammiraglia di Aprilia segnando dopo tanti anni il superamento del “look Dakar”; la Motò 6.5 disegnata dal designer Philippe Stark prova a dire qualcosa di ancora totalmente nuovo nel campo dello stile e l’Amico 50 segna l’ingresso di Aprilia nel promettente settore degli scooter con motore a variatore e carrozzeria in plastica. Sarà un successo strepitoso, ma niente a che vedere con quelli dello sportivo SR 50 (1992) e del neo-rétro Scarabeo (1993), un instant classic che diventerà per qualche tempo famoso e iconico quanto la Vespa.

Aprilia ha raggiunto il 20% del mercato europeo delle due ruote ed è ormai consacrata tra i grandi del motociclismo mondiale. Stabilmente ai primi posti del mercato italiano, in crescita in Europa, sigla un lusinghiero accordo con BMW per costruire a Noale la F 650, con architettura condivisa con la Pegaso 650. Aprilia ha accesso ai rinomati standard qualitativi tedeschi, ma anche BMW impara qualcosa dalla flessibilità e dalla ottimizzazione italiane.

Sempre nel 1998, Aprilia inaugura a Scorzé un nuovo e modernissimo stabilimento, divenuto necessario per reggere al ritmo forsennato di crescita delle vendite. Negli spazi liberati a Noale viene realizzato un R&D enorme e all’avanguardia. Anche il Reparto Corse finisce in uno stabile autonomo: tra moto factory, clienti e monomarca, ormai occupa oltre 100 persone, più di quante ne aveva occupate l’intera Aprilia per molti dei suoi primi anni di vita.

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Gli Anni 2000: la crisi e l’ingresso nel Gruppo Piaggio

A questo punto è tempo di entrare nel settore più ambito e prestigioso, quello delle maxi sportive. Aprilia lo fa con un motore a V di 60° e una moto che evolve i concetti delle sue RS da GP, la RSV Mille. Concepita fin dal 1993, arriva in produzione soltanto nel 1998 e segna uno spartiacque importantissimo per Aprilia, che pur lasciando a Rotax la realizzazione del propulsore, ne prende in mano lo sviluppo e pone le basi per farsi in casa quelli del futuro, assumendo mostri sacri del settore come l’ingegner Claudio Lombardi, ex Lancia, Alfa Romeo e Ferrari.

Nonostante il fatturato a inizio millennio veleggi oltre i 1.000 miliardi di lire, dopo due decenni di intuizioni e decisioni invariabilmente azzeccate, in questo momento arrivano le prime decisioni sbagliate. La RSV Mille si guida benissimo, ma non scalda gli animi degli appassionati con le sue linee un po’ gonfie; non riescono a farlo nemmeno le pur interessanti RST Futura e SL Falco dotate dello stesso V2. Lo sviluppo del propulsore DiTech, 50 2T a iniezione diretta, a fronte di ingenti costi di sviluppo e ottimi risultati tecnici non viene accolto con favore dal pubblico.

Sono diversi gli avvenimenti che prendono Aprilia in contropiede. La previsione di crescita del 30% del mercato europeo si rivela esatta, ma con il segno meno: c’è in realtà una riduzione del 30%, che stravolge i piani di tutti ed è un disastro per Aprilia che aveva appena investito decine di milioni in una fabbrica di motori a San Marino, investimento che si rivelerà del tutto ingiustificato. Un altro fronte caldo è dato dall’acquisto di Moto Guzzi, pagata 60 milioni di euro (di cui 20 per coprire i debiti) cui se ne aggiungeranno altri 50 tra risanamento del sito produttivo e rilancio della produzione.

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Per la nascente MotoGP si spendono milioni per un propulsore a 3 cilindri con ride-by-wire e valvole pneumatiche sviluppato in collaborazione con Cosworth, che non sarà mai competitivo; e il ritorno nell’off-road, con un rivoluzionario bicilindrico a V di 77°, si rivela un’altra scommessa sbagliata, costosa e infruttuosa. Nel 2007 il Ride-By-Wire debutta sulla naked Shiver 750: è la prima di serie moto al mondo con questa tecnologia.

Aprilia resta una potenza nella tecnologia e nel motorsport, leader nelle piccole cilindrate e con la RSV, la Tuono e la Caponord si è affermata anche tra le maxi: è ormai un colosso, ma dai piedi finanziariamente d’argilla. L’indebitamento è ormai molto superiore ai 200 milioni di euro. A gennaio 2004 le banche tolgono la fiducia a Ivano Beggio, e iniziano le trattative per una cessione che in aprile sembra fatta a Ducati, in luglio si concretizza con il Gruppo Piaggio di Roberto Colaninno.

Aprilia perde così la sua autonomia ma entra in quello che diventa uno dei gruppi motociclistici più importanti al mondo, con la possibilità di iniziare finalmente a progettare e produrre in proprio anche i suoi motori. Nel 2009, sotto la direzione di Claudio Lombardi, arriva infatti uno spettacolare V4 di 65° che equipaggia la RSV4 e la Tuono V4.

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Gli Anni 2010: una nuova identità

Con l’ingresso nel Gruppo Piaggio, Aprilia deve trovare una nuova identità. Viene posizionata come il brand più giovane e tecnologico del Gruppo, dedicato alle moto e faro nella realizzazione delle ciclistiche anche per Moto Guzzi, mentre la competenza motoristica converge su Pontedera. Viene depotenziata la produzione di scooter, e scompare anche il glorioso Scarabeo.

Si punta forte sulle moto, anche in chiave sportiva: inizialmente con la RSV4 che vincerà due titoli SBK con Max Biaggi, portando a 54 il palmarès iridato dell’azienda veneta. Nel 2015 Aprilia annuncia l’ingresso in MotoGP, inizialmente con il team Gresini Racing e poi con un impegno diretto, sotto la guida di Massimo Rivola e Romano Albesiano, che la riporterà nel decennio successivo ai vertici del Motorsport mondiale grazie alla RS-GP, una quattro cilindri a V di 90° completamente diversa dalla RS Cube del decennio precedente.

La produzione si concentra sulle 125 4T e le V4 1000 e poi 1100, lasciando aperta l’importantissima fascia centrale del mercato moto.

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Gli Anni 2020: tornare grandi

Il progetto della nuova Aprilia sembra ormai completo. L’impegno sportivo tra i cordoli dà i suoi frutti, con Aleix Espargarò e poi Maverik Vinales arrivano le prime, storiche vittorie in MotoGP e si torna a impegnarsi anche con i monomarca: la 250 Sport Production, il Trofeo 660.

Nel frattempo la produzione si diversifica, con l’arrivo di una gamma 660 (RS, Tuono, Tuareg) mossa da “mezzo” motore V4 e che rilancia linee di prodotto e nomi mitici. Con la Tuareg 660 tornano anche l’impegno nel Motorally e addirittura nelle corse africane. Nel 2024 arriva anche la RS 457, primo modello di una piattaforma – sempre bicilindrica – completamente nuova e destinata a completare la gamma.

I numeri non sono ancora quelli di un tempo, ma Aprilia è di nuovo protagonista a livello mondiale: ammirata per la sua tecnologia e il suo stile, capace di realizzare prodotti a misura di adolescente ma anche di piacere ai più grandi, ambasciatrice della cultura motociclistica italiana nel mondo.

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