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Confederate Fighter P120

di Alan Cathcart, foto di Steve Bohn il 16/12/2009 in Moto & Scooter

Un nuovo modello che la Casa americana amata dai divi di Hollywood produrrà in soli 50 esemplari

Confederate Fighter P120
La Confederate Motor Company è la sola casa motociclistica americana che si trova a sud della cosiddetta Mason-Dixon line, la linea di demarcazione che forma parte dei confini della Pennsylvania, del Maryland, del Delaware e del West Virginia. Da un certo punto di vista, la Confederate può essere considerata come la Bimota degli Stati Uniti e non è un caso se i modelli del marchio americano, realizzati in pochi esemplari con squisita raffinatezza tecnica, figurano nel garage di numerose star di Hollywood come Tom Cruise, Brad Pitt e Nicholas Cage, oltre al re del rock Bruce Springsteen.
Adesso, con la nuova Fighter P120, costruita in edizione limitata di sole 50 unità al prezzo di 72.000 dollari, tasse escluse, la Confederate propone il primo progetto interamente concepito e sviluppato all'interno dello stabilimento di Birmingham, in Alabama, dopo che l'uragano Katrina ha distrutto la vecchia sede di New Orleans.
Lo slogan della Confederate, "L'Arte della Ribellione", trova perfetto riscontro nella figura di Matt Chambers, vale a dire il 54enne che, nel 1991, ha fondato questa azienda. Chambers ha saputo dar vita a una serie di modelli innovativi sia dal punto di vista ingegneristico che da quello del design. Oggetti costruiti rigorosamente a mano che, pur spinti da grossi bicilindrici a V, non corrono certo il rischio di essere confusi con il resto della produzione a stelle e strisce.
Tuttavia, con la Fighter, la Confederate si è spinta ancora un po' più in là, realizzando qualcosa che fonde la tecnologia del ventunesimo secolo con la tradizione telaistica in voga negli anni Sessanta. All'epoca, infatti, erano gli specialisti come lo svizzero Fritz Egli e il britannico Geoff Monty a inserire rispettivamente i bicilindrici Vincent e quelli Triumph all'interno di telai costituiti da un tubo centrale in acciaio ai lati del quale venivano applicate delle piastre d'alluminio che sorreggevano il motore. Da allora, intere generazioni di motociclette con lo stesso schema ciclistico hanno calcato le scene dimostrandone la validità sia su strada che in pista, anche se nel caso di Ed Jacobs, designer della Conferderate, questo layout è stato applicato a un concetto di moto completamente diverso. La Fighter rappresenta infatti una cruiser estrema e all'avanguardia, le cui prestazioni tengono pienamente fede a un aspetto esteriore che promette scintille.
Confederate Fighter P120
Jacobs, trentacinque anni, è nato nel Connecticut da genitori guyanesi e nel suo peregrinare in giro per il mondo ha vissuto in India, dove ha imparato a guidare la sua prima moto (una Royal Enfield), e a New York, dove ha studiato architettura e industrial design presso il famoso Pratt Institute. "Non appena sono tornato in America ho comprato una Ducati Monster 750 che ho guidato per sei o sette anni. – ricorda Ed – In pratica, sono passato dalla giungla vegetale dell'India alla giungla urbana di Manhattan! Se non altro, però, a New York gli autisti degli autobus sono molto meno pericolosi che a Kerala, dove per non essere investito da questi ultimi sono stato spesso costretto a uscire di strada!".
Jacobs è entrato a far parte della Confederate nel 2004, sei mesi prima che la furia dell'uragano Katrina spazzasse via la fabbrica di New Orleans. All'inizio, Ed lavorava al fianco di J.T. Nesbitt, ideatore del modello Wraith con forcella a parallelogramma in fibra di carbonio e, all'epoca, direttore del centro stile Confederate. Poi, quando Nesbitt ha deciso di lasciare l'azienda in seguito al trasferimento di quest'ultima in Alabama, a Jacobs è toccato il compito di far sì che la Wraith fosse prodotta in serie. Un incarico che ha richiesto la completa riprogettazione di quella che, in origine, era stata concepita come una show bike.
Contemporaneamente, però, Ed ha iniziato a disegnare la Fighter partendo dal classico foglio bianco, con l'obiettivo di soddisfare alcuni input del presidente Matt Chambers: "Volevamo una moto fuori dagli schemi, bassa dietro, alta davanti e molto stretta, diversa insomma… - spiega Chambers – Vista di fianco, la Fighter doveva sembrare un triangolo rettangolo, con l'ipotenusa individuato dall'interasse del veicolo. Una cosa mai vista prima, dunque, che Ed è riuscito a caratterizzare alla perfezione".
E' interessante, a questo punto, scoprire come è stato possibile tradurre tutto ciò in realtà… "Dai manubri al perno della ruota posteriore, la moto doveva descrivere una linea retta, – spiega Jacobs – pur rispettando i vincoli ergonomici che ci eravamo dati a livello di altezza della sella, impostazione dei manubri, vicinanza del pilota al motore e cose di questo tipo. Inoltre, volevamo dar vita a un telaio modulare composto da una serie di piastre in alluminio ricavato dal pieno tali da rendere il motore elemento stressato della struttura, favorendo così la rigidezza. E' bastato poi aggiungere un comparto sospensioni di qualità ed ecco che la Fighter ha preso definitivamente forma…".
Confederate Fighter P120
Sia a livello tecnico che estetico, la Fighter è dominata dall'enorme tubo centrale del telaio (che ricorda un po' quello della Wraith in fibra di carbonio), sul quale sono incisi i loghi e il nome della casa costruttrice statunitense. Non a caso, esso costituisce anche parte del serbatoio del carburante, che si estende fino sotto il motore, in un apposito contenitore che porta la capacità totale a quota 16 litri. Il tappo di rifornimento, invece, si trova in posizione disassata, immediatamente dietro la piastra di sterzo superiore. Quest'ultima è a sua volta vincolata al telaio attraverso due delle tante unità in alluminio ricavato dal pieno che compongono la monoscocca modulare avvolta intorno al bicilindrico JIMS.
La Fighter non rappresenta solo un modello in grado di catturare l'attenzione di chiunque vi posi lo sguardo, ma è il prodotto di un approccio assolutamente innovativo nei confronti della progettazione e della realizzazione di una motocicletta stradale. Un'opera dal grande potenziale. Nel costruirla, infatti, Jacobs non è passato attraverso la definizione di un prototipo ottenuto modellando il clay, ma ha disegnato tutto direttamente al computer, lasciando che fosse una macchina a controllo numerico a generare i vari pezzi. "Jacobs è stato semplicemente geniale in questo. – dice compiaciuto Matt Chambers – Il progetto ha preso forma prima con AutoCAD, poi con Solid Work e, infine, attraverso apposite macchine CNC. Non c'è stato bisogno di correggere un singolo file durante tutto il processo: della serie: buona la prima! Naturalmente, ciò ha semplificato molto l'approdo alla produzione in serie, dal momento che ci ha garantito una riproducibilità pressoché perfetta. Neppure il miglior saldatore al mondo sarebbe stato capace di fare altrettanto".
Con grande modestia, Jacobs afferma che si è trattato di un lavoro di squadra, anche se è chiara la sua soddisfazione per il risultato finale: "Sono molto contento, oltre che sollevato! Non era per niente scontato, infatti, che tutto andasse per il verso giusto, soprattutto tenendo conto delle tolleranze in gioco, talvolta inferiori al millesimo di pollice! Basta pensare che, sul tubo principale del telaio, ci sono ben 24 punti di attacco per le varie piastre laterali e che se uno di questi punti risulta disassato anche di un solo millimetro, la struttura non sta in piedi. Inoltre, ci sono delle parti che vanno saldate tra loro ed è risaputo che, saldando l'alluminio, il calore generato tende a dilatare il materiale, pertanto, fino a quando non vengono saldati insieme tutti i pezzi, non si può avere la certezza del risultato. Ad ogni modo, alla fine è andato tutto bene e non possiamo che esserne felici".
Confederate Fighter P120
Il fatto di utilizzare un bicilindrico a V di 45° di 1965 cc raffreddato ad aria come elemento stressato della ciclistica impone ovviamente l'utilizzo di un contralbero di bilanciamento. Sull'unità JIMS che equipaggia la Fighter ce ne sono addirittura due: uno davanti e uno dietro all'albero motore. Il basamento è realizzato in alluminio pressofuso, così da assicurare la massima rigidità e permetterne l'impiego strutturale all'interno del telaio. Il propulsore della Fighter rappresenta inoltre il più performante tra quelli prodotti dalla JIMS nella fabbrica di Malibu, in California, con una potenza massima (misurata alla ruota) di 160 CV a 5800 giri e ben 20 Kgm di coppia a 4500 giri.
Il cambio è a cinque marce e vanta uno schema che la Confederate ha messo a punto circa dieci anni fa, ben prima dunque che la Yamaha equipaggiasse la R1 con una soluzione simile… Gli ingranaggi sono alloggiati all'interno di un semicarter completamente lavorato dal pieno e imbullonato alla parte posteriore del motore. La trasmissione primaria conta su una cinghia dentata da 1,75", disposta sul lato destro del motore e abbinata a una frizione multidisco a secco, mentre quella secondaria è a catena, sul lato destro, e conta su un cuscinetto esterno montato su una piastra a sua volta imbullonata tra il perno del forcellone e la scatola del cambio. Secondo Matt Chambers, questa soluzione contribuisce alla solidità generale della ciclistica, oltre a garantire una maggior longevità alla catena (in virtù dell'assenza di torsioni da parte dell'asse del pignone) e a permettere l'installazione di un pneumatico posteriore di larga sezione, nel caso un Pirelli Diablo da 240/40-18" montato su un cerchio BST in fibra di carbonio con canale da 8 pollici.
Il serbatoio dell'olio per lubrificare il motore a carter secco è posizionato sul lato sinistro, immediatamente dietro alla ruota anteriore, mentre l'impianto di scarico ha i collettori sul lato destro, che convogliano in un silenziatore scatolato posto sotto al basamento e caratterizzato da una doppia uscita. "Credo che sia la prima volta, nella storia della Confederate, che riusciamo a fare un impianto di scarico completamente integrato nel veicolo". spiega Chambers. Dietro al silenziatore si trova la parte inferiore del serbatoio del carburante. Tramite una pompa, la benzina viene inviata da quest'ultimo al tubo principale del telaio che, per gravità, alimenta il singolo carburatore Keihin CV da 51 mm di diametro. La cosa curiosa consiste nel fatto che la pompa della benzina è azionata dal movimento del forcellone che, con i 140 mm di corsa descritti dalla ruota posteriore, assicura un contributo costante, anche su strade relativamente lisce.
Confederate Fighter P120
Ed Jacobs, il designer della Confederate
Di tipo tradizionale (anziché monobraccio come sulla Wraith), il forcellone della Fighter è infulcrato direttamente nel carter della trasmissione, soddisfacendo così una delle linee guida volute da Jacobs, secondo cui ogni pezzo che compone il veicolo deve assolvere a più di una funzione. Un concetto che trova conferma anche nel modo in cui è stata ricavata la sella, costituita da due piccole imbottiture poste alla base del telaio-serbatoio. Allo stesso modo, dunque, il forcellone non solo comanda la pompa del carburante, ma accoglie al suo interno gran parte dell'impianto elettrico, oltre ad agire sull'ammortizzatore della RaceTech (perfettamente coassiale con l'unità centrale del telaio stesso e regolabile a livello di freni idraulici sia alle alte che alle basse velocità ) secondo uno schema di tipo Cantilever.
All'avantreno si trova invece una versione - in tubi d'alluminio estruso e parti ricavate dal pieno - della forcella a parallelogramma già vista sulla Wraith (sulla quale compaiono anche gli stessi piccoli ma efficaci elementi poliellissoidali per l'illuminazione), in grado di assicurare 114 mm di escursione alla ruota anteriore. Quest'ultima è anch'essa in fibra di carbonio, ha il canale da 3,00" ed è abbinata a un pneumatico da 120/60-19".
Un composto di alluminio e ceramica è inoltre impiegato per la realizzazione del singolo disco anteriore da 300 mm, che prevede una pinza Brembo monoblocco a quattro pistoncini e quattro pastiglie con attacco radiale, e di quello posteriore da 260 mm.
La Fighter impiega una geometria di sterzo piuttosto conservativa, con il cannotto inclinato di 30° (contro i 27° della più sportiva Wraith) e un'avancorsa di 107 mm, per un interasse di 1638 mm. La moto pesa 209 Kg a secco: non molto rispetto agli standard dei grossi bicilindrici americani.
Considerando il suo design innovativo e la sua elevatissima qualità costruttiva, sembra quasi strano che la Fighter possa rivelarsi un mezzo altrettanto interessante dal punto di vista dinamico, eppure due settimane dopo il suo debutto in occasione della prestigiosa manifestazione motoristica di Pebble Beach, nel nord della California, la moto era già sul lago salato di Bonneville, dove ha siglato un'ottima prestazione velocistica, ottenuta peraltro nella stessa identica configurazione con cui viene venduta al pubblico, con ben 155,60 miglia orarie (circa 250 Km/h).
Confederate Fighter P120
Il test di questo mezzo così esclusivo si è svolto proprio sulle bellissime strade che si snodano tra le montagne intorno al lago salato. Lo scenario ideale per poter apprezzare fino in fondo le prestazioni di un motore così potente, caratterizzato da una tonalità di scarico profonda e intensa. La prima presa di contatto con la Fighter è comunque già di per sé un'esperienza atipica. La sella è talmente bassa (685 mm da terra) che, anziché scavalcarla con una gamba come si fa di solito, ci si accovaccia direttamente su di essa e, nonostante il suo minimalismo, risulta sorprendentemente comoda! La posizione di guida è abbastanza naturale, anche per gli standard del genere cruiser, e a bordo ci si sente padroni della situazione, a dispetto delle importanti prestazioni offerte dal propulsore. Allo stesso modo, anche in marcia il comfort è discreto, grazie alla lunga corsa offerta dalle sospensioni.
Le pedane sono posizionate piuttosto in basso e in avanti, com'è giusto che sia su questa tipologia di moto, ma entrano comunque un po' troppo facilmente in contatto con l'asfalto nelle pieghe più accentuate, creando qualche problema di luce a terra, mentre il largo manubrio, pur trattandosi di una cruiser e non di una sportiva, non è così in alto come ci si potrebbe aspettare.
Basta premere il pulsante di avviamento e il bicilindrico prende vita, accompagnato dalla caratteristica timbrica dell'impianto di scarico, intensa ma non invadente. Inoltre, sia il carburatore montato lateralmente che i collettori di scarico e le teste dei cilindri non interferiscono mai con le gambe del conducente. La Fighter è bassa, lunga, snella e compatta, oltre che estremamente raffinata dal punto di vista costruttivo e dinamico. Elegante, lussuosa, muscolosa e consistente: questa Confederate è come Sylvester Stallone in un abito di Savile Row.
Il bicilindrico JIMS ha un'erogazione davvero fluida e non trasmette vibrazioni indesiderate nonostante sia vincolato rigidamente al telaio. L'accelerazione è portentosa: basta spalancare il gas in qualsiasi marcia per sentirsi catapultati in avanti con forza. Non importa spremere il motore fino alla zona rossa, posta a quota 6500 giri, soprattutto grazie all'azione rapida e precisa del cambio. Basta infatti sfruttare la grande coppia a disposizione inserendo le marce intorno ai 5000 giri per ottenere una spinta costante ed energica, che proietta la Confederate verso l'orizzonte. Così facendo, ben presto ci si ritrova in quinta a 3000 giri, con il piccolo tachimetro digitale inserito all'interno del contagiri a fondo bianco già oltre le 100 miglia orarie (160 Km/h). La Fighter divora dunque l'asfalto con una rapidità impressionate, almeno fino a quando non "incontra" la prima curva
Confederate Fighter P120
Nel misto questa bicilindrica americana non si dimostra particolarmente a suo agio, soprattutto nelle curve a gas parzializzato, dove tende ad allargare la traiettoria con una certa facilità e l'unico modo per neutralizzare il conseguente sottosterzo è quello di chiudere l'acceleratore. Tale comportamento è da imputarsi quasi sicuramente all'eccessiva larghezza del pneumatico posteriore, che da una parte assicura l'aderenza necessaria per scaricare a terra tutta la potenza che il motore è in grado di sviluppare, ma che dall'altra non favorisce certo la maneggevolezza del mezzo. Al di là di questo aspetto, comunque, la Confederate ha una guidabilità discreta considerando le sue quote ciclistiche. Essa è infatti capace di un buon inserimento in curva, anche con i freni tirati, e si destreggia abbastanza bene nei cambi di direzione a bassa velocità. In presenza di asfalto non perfettamente liscio, poi, la Fighter mette subito in evidenza la bontà delle sue sospensioni RaceTech, confermandosi il miglior modello del marchio statunitense sotto questo punto di vista.
L'unico suo lato negativo, sorprendentemente, è la frenata. È ipotizzabile un errore nella compatibilità tra il disco anteriore in alluminio-ceramica e i materiali d'attrito impiegati al momento del test, infatti, anche spremendo al massimo l'impianto (fino a segnare il disco stesso) la Fighter non rallenta come dovrebbe. Del resto, una singola unità da 300 mm non ha il mordente necessario per fermare una moto da 160 CV di potenza per 209 Kg di peso, neppure con il contributo del miglior freno posteriore. Inoltre, i cerchi in fibra di carbonio della BST offrono già una notevole riduzione delle masse non sospese, dunque l'adozione di un secondo disco all'avantreno non comprometterebbe certo né la maneggevolezza né la risposta da parte della forcella.
Al di là di questo, comunque, la nuova Confederate Fighter ha tutte le carte in regola, soprattutto considerando il fatto che introduce un nuovo concetto di motocicletta. Un prodotto a metà strada tra l'opera d'arte e l'apparato tecnologico.
Rispetto ai modelli che il marchio americano ha realizzato in precedenza, quest'ultimo sembra godere di un equilibrio e di una maturità progettuale superiori, riflettendo di fatto la situazione relativa all'azienda stessa, oggi ancora più forte di com'era prima che l'uragano Katrina la mettesse in ginocchio. Ciò non significa che la Confederate abbia dato vita a una moto poco emozionante, ma che la Fighter possiede un carattere evoluto e ben bilanciato.
Con l'approssimarsi del suo ventesimo anniversario, dunque, la Casa motociclistica statunitense dimostra di aver portato avanti un processo di crescita, come testimonia il prestigio di questo nuovo modello, per il quale si stanno già cercando importatori al di fuori degli USA.
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