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Coupes Moto Légende

il 30/05/2001 in Moto & Scooter

A Montlhéry si è svolta l’edizione 2001 di quella che si avvia a diventare la più grande manifestazione storica del motociclismo internazionale

Coupes Moto Légende
Una rassegna di moto con motore a tre cilindri due tempi; numericamente dominano le Kawasaki, ma il pezzo più raro è il primo: una Motobecane (col marchio Motocomfort) 350.


di Luigi Rivola e Alberto Dell'Orto




Montlhéry a destra; Arpajon e Dourdan a sinistra. Il cartello stradale posto sul raccordo fra l'autostrada A6 e la A10, a una quarantina di chilometri all'estremo limite sud di Parigi, non sembra tanto indicare le direzioni da prendere, quanto raccontare la storia più antica ed eroica del motociclismo in terra di Francia.


Chissà dove esattamente, sulla strada di Dourdan, mani misteriose seminarono i chiodi che fecero forare tutti i corridori, ad esclusione di quelli francesi, permettendo così a Demester e alla sua Griffon di vincere la prima grande corsa motociclistica internazionale, proprio qui, nel 1904...




E come non immaginare quel 25 agosto del 1928, al termine del lungo rettilineo di Arpajon, Baldwin esultante dopo aver superato per primo, con la sua Zenith-Jap 996, il muro dei 200 km/h in sella ad una moto?

La nostra meta però è Montlhéry, la grande pista salotto di Parigi, costruita nel 1923 per strappare a Brooklands - la pista di Londra - il titolo di "Tempio della velocità".

Montlhéry nacque troppo tardi per assecondare le già spente ambizioni dell'industria motociclistica francese, sopraffatta da quella inglese e dagli emergenti marchi italiani e tedeschi; non raggiunse mai la fama del Tourist Trophy, di Monza, di Assen o del circuito dell'Avus, ma a dispetto di un'apparente mediocrità, diventò davvero il tempio della velocità.




La sua pista di 12 km, con un impressionante anello sopraelevato, è stata per oltre trent'anni sede preferita dei più spettacolari tentativi di record mondiale che la storia del motociclismo ricordi.

Ora a Montlhéry ha luogo annualmente "Coupes Moto Légende", divenuta nel volgere di poco tempo la più spettacolare, affascinante e frequentata manifestazione di moto d'epoca - ma non solo - del mondo. Quest'anno Moto Légende si è svolta il 26-27 maggio ed è stata all'altezza della sua fama. Poteva mancare Motonline?






A Moto Légende le antiche glorie, i miti, si rinnovano e si perpetuano. Giacomo Agostini, Phil Read e Barry Sheene si sono ritrovati in pista, con un po' di ruggine certamente, con meno "cattiveria" di una volta, ma senz'altro con più passione per questi oggetti a due ruote che hanno dato loro da giovani un grande avvenire e adesso, nel pieno della maturità, un grande passato di cui essere orgogliosi. A Montlhéry i campioni hanno ritrovato un caldo e appassionato pubblico che ha tributato loro un rinnovato trionfo. Ago, nella sua tuta bianca e rossa, in sella ad una MV 350 quattro cilindri assistita da Lucio Castelli, è stato ancora una volta protagonista assoluto.




Si concesso, con una disponibilità oggi sconosciuta ai divi, all'assalto dei tifosi, ha accettato di scendere in pista con uno zaino in spalla contenente macchinari per una ripresa televisiva, ha esibito un eccellente francese rispondendo alle interviste, ha dimostrato di non aver dimenticato l'arte dello spettacolo, avviando per ultimo la sua MV e richiamando così su di sé, con l'urlo improvviso a 16.000 giri del suo quattro tempi, l'attenzione di tutti.




In pista non ha forzato mai, ben sapendo che i suoi 15 titoli non esigono conferme dopo tanto tempo. Read, al contrario, ha dimostrato di voler ancora primeggiare, ma la moto non era all'altezza del suo ancor vigoroso manico: guidava una MV 750 travestita da 500 GP, e le malelingue dicevano che si era temuto di dargli di più...

Sheene, in invidiabile forma fisica "Tutto merito del clima dell'Australia" - sosteneva l'inglese, che da anni vive dall'altra parte del mondo, ha fatto passerella e festeggiato coi vecchi amici, tra cui Eric Saul e Jean Francoise Baldé.






Lucio Castelli, ex pilota e meccanico a vita della MV, si è tolto la soddisfazione di guidare a Montlhéry uno di quei bolidi che ha sempre curato per affidarli ad altri, magari covando segretamente un po' di invidia. Ha scelto quella 350 a sei cilindri, una delle moto più sofisticate prodotte a Cascina Costa, che Bergamonti portò in pista poco prima della tragica corsa di Riccione.





Il grande Sammy Miller, autentico pezzo di storia del motociclismo sportivo britannico in pista e fuoristrada, nonostante l'età molto avanzata si è presentato in sella ad una Gilera 500 a 4 cilindri della sua collezione privata, preferendo questa gloria italiana ad una delle tante mono e bicilindriche inglesi disponibili.

Fra i prototipi si sono notati anche una Linto 500, alcune Paton, una Mondial bialbero , alcune Benelli a quattro cilindri e la Grassetti bicilindrica a due tempi, guidata naturalmente da Silvio Grassetti.





Fra le derivate di serie, stupende Vincent HRD 1000, Zenith-Jap, Norton International M30-M40, Laverda SFC (una guidata dall'inossidabile Augusto Brettoni) e giapponesi a due tempi, queste ultime quasi sempre taroccate in modo indegno. Il falso più falso era una Benelli 250 a quattro cilindri di serie, con sella, carenatura e colori di una Honda 4 cilindri simil-GP.






Un vecchio e vissuto sidecar Watsonian, attaccato ad una Panther con targa inglese. "Con questa moto e questo side, tanti anni fa siamo andati in viaggio di nozze - racconta orgogliosa la matura signora che ci ha visto scattare una foto al suo tesoro - poi siamo andati in pista a Brands Hatch per un giro d'onore col Watsonian pieno di fiori. Oggi siamo venuti a Montlhéry".

I motori delle moto sono di una varietà incredibile, qui a Moto Legende, ma quello che anima i partecipanti è uno solo: la passione.




La cosa più piacevole è la fusione delle lingue e delle età; il clima è quello di una grande raduno internazionale, ma con un enorme valore aggiunto dato dal fascino delle vecchie moto e dai ricordi che ognuna è in grado di evocare.

"Mister Lawrence?" L'imponente inglese che racconta dove e come ha trovato le sue tre Brough Superior SS100 ad un pubblico attento, mi guarda sorpreso, poi capisce la battuta (la Brough era la moto preferita di Lawrence d'Arabia) e sorride soddisfatto. Dopo un attimo siamo amiconi e parliamo di Moto Guzzi; mi confessa che darebbe due delle sue preziosissime Brough per una 500 bicilindrica a 120°, la moto con cui Stanley Woods nel 1935 vinse il Senior TT.




Passa un francese anziano su un veicolo apparentemente sconclusionato: è un triciclo con un sedile a poltrona davanti alle due ruote anteriori, motore al centro e sella per il pilota sopra la ruota motrice posteriore. Ruggine a volontà, ma funziona; pochi sanno che con un veicolo del genere un altro francese, nel 1907, provò a battere le auto nella Pechino-Parigi e rischiò di morire di sete nel deserto del Gobi. Quello era un Contal, questo un Bruneau; forse non lo sa nemmeno il suo proprietario, ma la felicità con cui lo mostra in passerella fa capire che lui almeno intuisce la nobiltà che c'è nel suo ferrovecchio.






Chi non crede che la motocicletta sia un veicolo che favorisca la socializzazione dovrebbe frequentare manifestazioni come Moto Legende. A Montlhéry c'era una vasta aerea riservata ai club di marca, e lo spazio non era sufficiente a contenere tutte le grandi tende sotto le quali le moto erano divise per "famiglie". Rappresentatissime erano le marche italiane, in particolare la Laverda e la Moto Guzzi, ma anche la MV Agusta e la Piaggio (Vespa).





Da notare che, a parte il contributo diretto della Laverda, rappresentata a nel paddock della pista francese da un dirigente italiano, tutti gli altri stand erano allestiti da club di marca estranei alla casa madre, ossia a spese dei collezionisti stranieri riuniti in un'associazione da essi stessi costituita, organizzata e finanziata.

Molto consistente la presenza di club Triumph (la casa di Hinckley era sponsor della manifestazione) e anche Velocette, visto che quest'anno a Montlhéry era in programma la rievocazione di alcuni record mondiali conquistati dalla Casa inglese negli Anni '60 proprio su questo circuito.




L'associazionismo si spingeva anche oltre il club di marca, per arrivare a sodalizi costituiti per promuovere la conservazione ed il restauro di singoli modelli, come il Club Kawasaki 900 Z1, oppure di specifiche tipologie di motore, come il sei cilindri in linea (Kawasaki Z1300, Honda 1000 CBX e Benelli Sei) o il due tempi a tre cilindri (Kawasaki 400-500-750, Suzuki 380-750, Motobecane/Motocomfort 350).






Piccolo, ma molto qualificato e ben organizzato. A Moto Légende il mercatino - quello che da noi si chiama mostra/scambio - era solo un elemento di attrazione in più nella grande kermesse, ma non mancava nulla. Eravamo partiti con la speranza di trovare alcuni pezzi indispensabili al restauro delle nostre “vecchie”, e siamo tornati a casa coi pezzi che cercavamo, oltretutto ad un prezzo ragionevole.




Particolarmente apprezzata è stata la qualificazione degli espositori, quasi sempre specializzati su un particolare argomento, o su certi ricambi. La ricerca era quindi facilitata dal non dover “pescare” qua e là, con lo sguardo o con le mani, in mezzo al marasma, ma solo fra pezzi dello stesso genere.

Molto spazio era occupato dai rivenditori di ricambi per moto giapponesi da strada e da corsa, ma non mancavano pezzi assai più rari, e, viceversa, fornitori di parti di ogni genere per Harley Davidson anche abbastanza recenti.




Assai meno sviluppato che da noi si è dimostrato invece il commercio di manuali e di riviste d’epoca; un paio di banconi erano forniti e con la merce ben disposta, ma in genere le riviste erano ammassate a terra e la consultazione era quindi pressoché impossibile.

I prezzi erano piuttosto alti, ma in genere era ammessa la contrattazione, specie sui ricambi molto usati che ad uno sguardo attento mostravano qualche difettuccio stranamente sfuggito al rivenditore.
Coupes Moto Légende
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