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Yamaha TDM 850

il 04/05/2001 in Moto & Scooter

È un modello che sembra aver scoperto il segreto dell’eterna giovinezza. Da anni sul mercato, non muta l’abito e non fa lifting, perché piace così

Yamaha TDM 850
Il cupolino si prolunga all'indietro e verso il basso ad integrarsi col serbatoio del carburante


di Luigi Rivola




La Yamaha TDM è una moto che è nata a rovescio, ma che poi, trovato il suo giusto assetto, ha proseguito dritto per la sua strada.

Tutte le enduro bicilindriche sono infatti nate da precedenti modelli da turismo desiderosi di allargare i propri orizzonti al di fuori dei rigidi confini dell’asfalto; solo la Yamaha ha compiuto il percorso opposto, “stradalizzando” un’enduro di successo, come la XTZ 750 Superténéré ed ottenendo una moto da turismo che ha saputo creare numerosi grattacapi a molte concorrenti concepite fin dall’inizio per dare il meglio di sé su strada.





Da ormai molti anni la TDM è un best seller del suo specifico segmento di mercato, e presenta le caratteristiche tipiche della moto di grande successo. Quali? Una per tutte: l’immutabilità nel tempo. La Yamaha ha constatato che al pubblico la TDM piace così com’è e se ne guarda bene dal proporla in abito diverso: qualcuno potrebbe disgustarsi del lifting ed accorgersi che è un sintomo di vecchiaia.

Ecco perché la TDM continua ad essere nei piani alti delle classifiche di vendita delle moto “intelligenti”, ecco perché resiste bene anche sul mercato dell’usato, dove solo certe moto particolarmente riuscite tengono banco.




Non si può neanche dire che il motivo di questo successo sia da ricercarsi in un costo particolarmente ridotto: considerando l’età e le soddisfazioni avute da questa moto, ormai ripagatissima, la Yamaha potrebbe certamente sforzarsi di offrire la TDM a un prezzo più abbordabile di 18.500.000 lire, somma che la pone in competizione con molti altri modelli non meno prestigiosi.






Una delle caratteristiche che hanno decretato il successo commerciale della TDM è la linea esclusiva, che una volta tanto si può definire tale senza tema di smentite. L’aspetto da moto tendenzialmente sportiva è dato soprattutto dal telaio a doppio montante diagonale con la tipica struttura Deltabox resa celebre dalle stradali più spinte della casa di Iwata, e dal compatto motore raffreddato a liquido.





Un forte tocco di personalità e di aggressività viene dal cupolino, che in realtà è, dal punto di vista del design, un prolungamento in avanti e in basso del serbatoio del carburante, in funzione protettiva ed estetica. Le sue forme arrotondate e piacevolmente mosse nella parte posteriore, si fanno più spigolose man mano che si avvicinano al doppio faro, elemento determinante della maschera anteriore, sapientemente inserito sotto il punto culminante della proiezione in avanti del cupolino.




L’elemento che attenua, ma con grande equilibrio, l’aggressività estetica della TDM, riportandola entro confini più consoni ad una moto che non ha pretese egemoniche in curva, è la sella, il cui disegno, di una semplicità esemplare, sottolinea la propensione alla comodità e all’ospitalità.

La sella, tra l’altro, è rapidamente e facilmente smontabile per accedere ad uno spazio in cui si trovano la scatola dei fusibili e il serbatoio della pompa posteriore dell’impianto frenante.






La nota dolente della TDM è l’altezza da terra della sella, che rende disagevoli e al limite pericolose (considerando anche il baricentro non bassissimo della moto) le manovre coi piedi “a terra” a chiunque non abbia una statura superiore al metro e settantacinque.

Da qualsiasi altro punto di vista la si esamini, la TDM è comoda e ben impostata. La posizione di guida è eretta, il bacino è ben sostenuto da una sella che è soffice senza essere cedevole, le pedane sono ottimamente posizionate e i comandi a pedale sono precisi e funzionali.




Il largo manubrio, piuttosto distante dalla sella, favorisce un assetto turistico che garantisce comunque un sicuro controllo della moto anche senza caricare i polsi. Le mani impugnano le manopole a braccia solo lievemente flesse e possono agire sui comandi elettrici con estrema naturalezza, vista la precisione di funzionamento e la corretta collocazione di tutti i pulsanti e gli interruttori.

Le leve sono ergonomiche, il loro azionamento è ben calibrato, ma solo quella del freno è dotata di un sistema di registrazione della posizione iniziale.

Il cruscotto è di facile lettura di giorno come di notte e non distrae l’attenzione del pilota, considerato lo scarsissimo fascino del suo design...




Funzionale, ma mal studiato il sottosella: ha il pregio di poter ospitare i documenti e qualche attrezzo di bordo, magari anche una catenona antifurto, ma ha il difetto di non essere in qualche modo isolato dagli eventuali spruzzi di fango della ruota posteriore quando si marcia sul bagnato. Basterebbe poco ad evitare l’antipatico fenomeno.






Sul motore si focalizza l’attenzione dell’esperto di meccanica che esamina la TDM. Dall’esterno non è che si veda molto: si nota l’inclinazione a 45° del bicilindrico parallelo, il raffreddamento a liquido con un radiatore che non riesce ad essere invadente perché ben celato dalle propaggini laterali del cupolino, e si apprezza la compattezza dell’insieme.





All’interno però risiede una caratteristica unica: il bicilindrico della TDM è il solo al mondo con manovellismo a 270°. Di norma, i due cilindri paralleli hanno manovelle a 180° o a 360°, difatti anche quello della TDM è nato a 360°, ma in seguito, per migliorare soprattutto le caratteristiche di uniformità della coppia, si è sperimentata e adottata la soluzione delle manovelle a 270°, ottenendo un effetto paragonabile al celebre “Big bang” introdotto dalla Honda con una particolare fasatura dell’albero motore della sua 500 a 4 cilindri due tempi da Gran Premio.

Un’altra caratteristica che distingue questo bicilindrico da ogni altro è la testa a cinque valvole per cilindro, coerentemente alla scelta tecnica effettuata a suo tempo dalla Yamaha per tutti i suoi più evoluti motori a quattro tempi da moto.




La potenza del motore, che dalla cilindrata originale di 750 cc della Superténéré è salito a 850 cc con la nascita della TDM, sfiora gli 80 CV all’albero al regime di 7500 giri.

L’alimentazione è a due carburatori dotati di sistema TPS (Throttle Position Sensor), ossia di un sensore che rileva continuamente la posizione della valvola ed informa la centralina di accensione in modo da disporre sempre del più corretto angolo di anticipo.






Il telaio Deltabox è costituito da un doppio trave diagonale in acciaio che si prolunga posteriormente formando una V molto aperta per integrare il supporto reggisella, che normalmente non fa parte della struttura principale, ma è ad essa imbullonato.

La sospensione anteriore è di tipo classico, con forcella teleidraulica regolabile a foderi inferiori e steli di 43 mm di diametro.





La sospensione posteriore è a un forcellone oscillante a due bracci che agisce direttamente, senza l’interposizione quindi di bracci di rinvio e bilancieri, sul monoammortizzatore centrale verticale, dotato di possibilità di regolazione del precarico della molla e anche del freno idraulico in estensione.

Le ruote hanno cerchi in lega leggera a tre razze sdoppiate di 3.00x18” l’anteriore e di 4.00x17” il posteriore. I pneumatici sono tubeless, rispettivamente 110/80 ZR 18 e 150/70 ZR 17.





Sulla ruota anteriore troviamo due dischi flottanti di 298 mm di diametro con pinze a quattro pistoncini contrapposti di ugual diametro, mentre sulla ruota motrice è montato un disco di 245 mm con pinza a due pistoncini contrapposti.

L’esame della ciclistica rivela l’estrema compattezza dell’insieme, che prevede anche un capace air-box collocato sulla verticale delle teste ed occupante quindi parte dello spazio destinato al serbatoio. La batteria è inserita – meglio dire “incastrata” – davanti al monoammortizzatore ed estraibile con un intervento decisamente “eccessivo”.






La TDM è una motocicletta polivalente e come tale va esaminata anche sotto l’aspetto dinamico. Si può usare quotidianamente nel traffico urbano, potendo contare su una buona maneggevolezza e su sospensioni che sanno assorbire le asperità del manto stradale sconnesso delle nostre città, tuttavia non è questo il suo terreno ideale: non è tanto un problema di peso e di ciclistica, quanto di “apri-chiudi”, infatti ai bassi regimi il suo motore reagisce sempre molto seccamente alla riapertura dell’acceleratore ed i suoi strappi alla lunga stancano.

Potendolo tenere più allegro, il difetto scompare, per lasciar spazio ad una guida brillante e intuitiva che può contare sempre su una coppia consistente a qualsiasi regime, certamente la qualità più rimarchevole di questa moto.





L’agilità, esaltata dalla posizione di guida non troppo caricata sui polsi e da una buona distribuzione dei pesi, si evidenzia nei percorsi misti, dove la TDM sa tenere un passo di tutto rispetto senza esigere troppo impegno. Sul veloce la moto va inserita in traiettoria con decisione, dopodiché non ci sono difficoltà a mantenere la corda o a correggere l’impostazione iniziale.

Nei percorsi autostradali ci si trova a fare i conti con la scarsa protezione aerodinamica offerta dal cupolino, che devia il flusso d’aria proprio sotto il casco, creando vortici fastidiosi. La stabilità in rettilineo è comunque eccellente e non risente di eventuali deformazioni o di tagli longitudinali del manto stradale.

La frenata è un altro punto di forza della TDM: pastosa, potente, ottimamente modulabile sia sull’anteriore che sul posteriore, non accusa fading in nessuna condizione e può essere sfruttata in pieno anche da neofiti.


Motore: a 4 tempi, 2 cilindri in linea trasversale, raffreddamento a liquido, alesaggio e corsa 89,5 x 67,5 mm, cilindrata 849,3 cc; distribuzione bialbero a cinque valvole per cilindro; rapporto di compressione 10,5:1; alimentazione a due carburatori Mikuni BD-ST38. Accensione elettronica digitale. Lubrificazione a carter secco con doppia pompa trocoidale. Avviamento elettrico.

Trasmissione: primaria a ingranaggi, finale a catena. Frizione multidisco in bagno d’olio, cambio a cinque marce.

Ciclistica: telaio a doppio montante diagonale in tubi d’acciaio con motore appeso. Sospensione anteriore a forcella teleidraulica con steli superiori di Ø 43 mm; sospensione posteriore Monocross a forcellone oscillante a due bracci con monoammortizzatore regolabile nel precarico e in estensione. Ruote: cerchi in lega leggera a tre razze sdoppiate con pneumatici 110/80 ZR-18” anteriore e 150/70 ZR-17" posteriore. Freni: anteriore a doppio disco in acciaio di Ø 298 mm con pinze a quatro pistoncini; posteriore a disco in acciaio di Ø 245 mm con pinza a due pistoncini.

Dimensioni (in mm) e peso: interasse 1475 mm; lunghezza 2165 mm; larghezza 790 mm; altezza 1285 mm. Peso a secco 198 kg. Serbatoio del carburante da 20 litri.

Prestazioni dichiarate: potenza 82 CV (60 kW) a 7500 giri. Coppia 8,2 kgm (80 Nm) a 6500 giri.
Yamaha TDM 850
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