Guardando (senza toccarlo) un casco Arai, la prima cosa che ti viene in mente è: Dio quanto è vecchio… sempre ‘sta forma a palla, quando il resto del mondo è andato avanti e sforna linee che sembrano arrivare dallo spazio o uscire dalla galleria del vento: cunei, profili squadrati, volumi strani, incavi e scalini che muovono la materia come vedi ad esempio nel mondo auto, che vive un vero e proprio rinascimento grazie alla transizione elettrica (parlo di design).

Poi, però, dialoghi con un loro tecnico e capisci perché sono rimasti così dei “palloni”: quando si cade, e il casco striscia per terra, deve poter scivolare nel miglior modo possibile. Qualsiasi appendice, gradino o scalino, sarebbe un appiglio che favorirebbe la sua rotazione (deleteria per il nostro cervello).

Gallina vecchia fa buon brodo

La forma sferica, unita a una elevata rigidità della calotta, è inoltre quella che performa meglio nel test di omologazione dove il casco deve sostenere l’impatto con un cuneo di 3 kg lasciato cadere da 3 metri di altezza, per due volte. Per essere ancora più sicuri, in Arai usano cunei dalle forme più aggressive (e quindi dirompenti) di quelle che prescrive il protocollo. Questa scelta è figlia anche dell’impostazione della normativa ECE, che prevede solo una “soglia di sicurezza”: chi rientra per il rotto della cuffia e chi rientra largamente sono poi equiparati. È come se la normativa desse 6 a tutti, al primo della classe e a chi studia il minimo. Per questo chi vuole dimostrare di essere più bravo si inventa degli esercizi più difficili da risolvere, per far vedere appunto di essere più bravo: questo è quello che fa Arai con i su i test interni aggiuntivi.

La situazione è in realtà ancora più sfumata, perché le prestazioni di un casco in termini di protezione dipendono appunto da quali test si fanno, e i test dipendono dalla normativa, che li fissa di solito sulla base delle statistiche sugli incidenti: tipologia, frequenza, pericolosità e via dicendo. La normativa ECE 22-06 raccoglie decenni di studi e statistiche, e ha stabilito un tipo di test che porta a realizzare caschi non particolarmente rigidi, che deformandosi possano assorbire l’energia dell’impatto un po’ come fanno le auto nei crash test (se le lamiere non si deformassero, tutta l’energia dell’impatto arriverebbe nell’abitacolo).

No policarbonato, no modulari

Arai segue una filosofa un po’ diversa, con calotte estremamente rigide. Poi dicono che le qualità del loro polistirolo a densità differenziata sono sufficienti ad assorbire l’energia richiesta dalla normativa, come in effetti è visto che tutti i loro caschi hanno superato i requisiti della ECE 22-06. La particolarità dei caschi Arai è di avere il polistirolo interno realizzato in un solo pezzo, una soluzione unica al mondo. Di grande complessità, arriva a contenere fino a 5 materiali diversi per differenziare le densità e assorbire l’energia di impatti sia ad alta che a bassa velocità.

Altra peculiarità di Arai è che in azienda non esiste policarbonato: i caschi Arai sono tutti in fibra, anzi in “Super fibra”, un materiale particolare di loro brevetto che è più resistente del 30% rispetto alle fibre normali… e costa 6 volte di più.

Per Arai non esiste nemmeno il casco modulare. Non ci sarà mai un casco modulare Arai per un semplice motivo: lo giudicano non sufficientemente sicuro. Il sistema di apertura della parte frontale non consente di raggiungere lo standard di sicurezza interno che loro si impongono. La stessa cosa vale per il visierino parasole: comprometterebbe troppo il loro modo di intendere la sicurezza. E il loro Jet, allora? (domanda lecita). Quello è aperto… meno sicuro di così!?!? La loro risposta è: in quel caso sei consapevole di indossare un casco aperto. Fin dove arriva la sua forma, e quindi viso a parte, noi garantiamo sicurezza. Japan style. Non fa una piega.

Qualità altissima

Prendendo in mano il Tour-X 5, come qualunque altro casco Arai, ti accorgi subito che è pesante più della media. Poi, però, lo indossi, e parlo di questo nuovo Tour-X5, e ti rendi conto che è bilanciato bene. Scompare quella sensazione di peso che avevi quando lo tenevi in mano.

Sempre prendendo in mano un casco Arai, rimani colpito dalla qualità dei materiali, e questo da sempre. La calotta è durissima, la stringi tra le mani e non flette di mezzo millimetro, il vellutino è morbido, la guarnizione sta lì, la visiera è ferma, devi sollevarla con forza per aprirla e il suo movimento è molto controllato. Ogni cursore che regola la ventilazione ha movimenti precisi, niente è ballerino, la chiusura è, e sempre sarà, a due anelli (in stile racing, la più sicura). Maneggiare un casco Arai è un po’ come avere a che fare con una Mercedes youngtimer, come la W124 che posseggo (1994, l’ultima vera Mercedes): percepisci solidità, precisione, soluzioni e sonorità magari primitive, ma ineccepibili. Quella qualità che non puoi più trovare nelle auto moderne. Anche premium.

Toccata e fuga

Venendo al Tour-X 5, che ho indossato per 2 ore scarse ad Almeria, guidando una Yamaha Ténéré 700, posso dire poche cose, ma vissute realmente. Infilarselo è più agevole, perché ha una bocca d’ingresso più larga. Lo indossi e … puff, entri in un mondo morbido che ti avvolge. Non arrivi subito alla calzata definitiva, ma ci entri poco alla volta, con superfici e cavità che si palesano progressivamente addosso, per stadi. Una sensazione particolare. Quando l’hai indossato completamente, ti senti isolato nel silenzio. Per aprire la visiera ci vuole una spinta decisa, in un punto preciso, altrimenti rimane lì. Fatta l’abitudine, diventa normale.

L’areazione è realmente avvertibile, efficace. Alcune chiusure di questo sistema (come la nuova, inglobata nel logo frontale) non sono intuitive sulle prime. Il peso, come detto, non si avverte più di tanto, e la rumorosità rimane contenuta anche salendo con la velocità. Così come le turbolenze: il casco rimane stabile, grazie anche al frontalino ridisegnato. L’aroma… è il solito odore/profumo Arai. Fateci caso, gli Arai hanno un “odore” tutto loro. Non è odore, e nemmeno profumo, ma una sensazione olfattiva che si avverte, e che provi sempre uguale con i loro caschi. Diversa dagli altri.

Super Premium

Guardando il listino dei caschi Arai, ti rendi subito conto che costano tanto, più della media (889 euro nella versione monocolore e 999 euro per quella con grafiche). Poi, però, guardi il video che fa vedere come vengono realizzati e… quasi quasi li giustifichi. Sono fatti a mano al 100%. Solo la sbordatura della fibra viene tagliata a macchina. Un processo lunghissimo, che passa per 5 siti produttivi diversi, dove ogni singolo casco viene preso in mano da più di 40 persone diverse prima di essere inscatolato.

Un sistema che prevede non più di 120/130 caschi al giorno, ecco perché loro “si accontentano” di 250/300mila pezzi all’anno. Ecco perché investono “poco” in comunicazione rispetto ad altri, ecco perché un pilota ufficiale si accontenta di ingaggi infinitamente minori rispetto alla concorrenza, ecco perché si sono fatti questo nome nel tempo. Dici Arai e dici casco. Pochi brand hanno questo valore. Non poca cosa.  

 Dove e come cambia il nuovo Arai Tour-X 5

• le uniche parti rimaste identiche sono il laccetto e la paratia morbida sotto al mento
• visiera e frontino, ora, si rimuovono senza attrezzi
• aerodinamica migliorata
• forma diversa
• apertura (sede della visiera) più ampia, per poter essere utilizzato anche con la maschera off-road
• prese d’aria rivoluzionate (quella anteriore nella mentoniera performa il 200% meglio)
• visiera più tondeggiante (smussa le distorsioni ottiche)
• ventilazione rivoluzionata e più efficace
• pinklock più ampio
• sistema dello sgancio visiera (VAS-A) rifatto, sempre non intuitivo da approcciare, ma più rapido
• miglior bilanciamento
• frontino più staccato dalla calotta e pensato per un migliore flusso aerodinamico
• calotta interna in polistirolo realizzata in un sol pezzo (unici a farlo), e con materia prima di densità differenziata (da 3 a 5 tipologie)
• l’attacco della visiera è posizionato più in basso, per ottenere una superficie più ampia e liscia in caso di strisciamento su asfalto
• scompaiono le 2 piccole prese d’aria alla sommità della visiera, ora sono integrate nel logo
• larghezza dell’apertura alla base maggiorata di 10 mm, per rendere più agevole la calzata
• predisposizione per il montaggio dell’interfono.