Quotazioni moto&scooter

Cerca

Seguici con

Attualità

Paolo Ceriani: vi presentiamo Saltafoss Kid

di Christian Cavaciuti, foto di Alberto Cervetti il 15/12/2014 in Attualità

Vedendo quella special Moto Guzzi ispirata alla famosa bici da cross Saltafoss ci è venuta la nostalgia e la voglia di saperne di più: così abbiamo scoperto che dietro quelle biciclette c'era una famiglia appassionata di moto, con un ragazzino che faceva il collaudatore: era lui il vero...

Paolo Ceriani: vi presentiamo Saltafoss Kid
Chiudi
All'epoca non lo sapeva, ma nei primi anni Settanta Paolo Ceriani è stato probabilmente il bambino più invidiato d'Italia. Era infatti il collaudatore ufficiale delle Saltafoss, le prime bici "da cross" nate da un'idea di suo padre Giulio, già allora concessionario di moto a Castellanza, pochi chilometri a nord-ovest di Milano.

"Mio padre era sempre stato un appassionato di bici, ed era infatti partito con un negozio di biciclette. Poi, seguendo un'evoluzione che al tempo era piuttosto naturale, aveva aggiunto la rivendita di moto: Garelli, Fantic Motor, Maico, Hercules, Moto Morini e altre. Soprattutto era appassionato di meccanica, aveva allestito una officina-laboratorio sotto casa e ricordo che anche la domenica o a Natale mia madre ogni volta faticava a tirarlo fuori da lì".
Per certi versi è una fortuna averlo, un padre così.
"Sicuramente io avuto la fortuna di nascere e crescere negli anni della massima fortuna (e passione) del Cross e della Regolarità. Già a 7-8 anni ricordo che con gli amici si andava nelle piste del circondario, dalla Malpensa a Olgiate Olona, a vedere gli allenamenti e le corse. Per noi erano come battaglie tra cavalieri, con cavalli di ferro. Ma per imitarli bisognava aspettare i 14 anni".
E così a suo padre venne l'idea.
"Sì. Lui era legato alla Carnielli, l'azienda che aveva inventato la Graziella. Conosceva bene il commendator Carnielli ed era sempre stato loro rivenditore, per cui di bici Carnielli in officina ne giravano parecchie. Fra le più popolari di allora c'era la ‘Roma Sport', e mio padre ebbe l'idea di prenderne una e montarci una forcella, che prelevò da un Guzzi Trotter, per mettermi in condizione di fare qualche salto. Era il 1968".

E non si fermò più.
"No. Aveva in mente una bici che ricordasse una moto da cross, e così ci mise anche degli ammortizzatori, il manubrio con traversino, il cambio, il freno a tamburo Grimeca e più tardi a disco, azionato da una camma sviluppata da lui, con mesi di lavoro. All'inizio per gioco: prima la mia, poi qualche altra per i miei amici, che uscivano con me. Ma il suo amico Paolo Torretta, che montava biciclette per la ditta Fassi, capì la bontà dell'idea e del progetto e i due si misero in società. Nacque lì la Saltafoss, che già nel 1970, dopo le prime pubblicità sui giornali di moto e al Salone del Ciclo e Motociclo, fece il botto: per oltre dieci anni se ne vendettero prima diverse centinaia, e poi diverse migliaia all'anno".

E chi decideva come farle era lei.
"Diciamo che si decideva insieme. Mio padre era un bravo tecnico e soprattutto un perfezionista, voleva che la bici fosse bella da togliere il sonno, ma anche che funzionasse bene. Disegnava tutto lui, dal telaio fino agli stampi ottagonali dei soffietti forcella e delle manopole con il marchio sopra; io ero il collaudatore ‘ufficiale': uscivo con gli amici con zappa e badile e costruivamo nei boschi salti e discese, organizzavamo delle piccole gare. Poi tornavo a casa e allungavamo la forcella, rinforzavamo il sottosella, montavamo molle più dure… Cercavo di mettere in crisi la bici, capire cosa poteva rompersi: all'inizio praticamente tutto! Piastre forcella, ruote, mozzi: mio padre poco alla volta risolse tutti i problemi e, da persona lungimirante qual era, brevettò ogni soluzione. Dagli attacchi forcella agli snodi nel forcellone".

Peccato solo non avere un motore…
"Con tutto quel bendidio ci sarebbe stato bene, anche perché alla fine, un po' per i materiali usati allora e un po' per la produzione artigianale, la bici era diventata pesante, faticosa. Le sospensioni non si potevano bloccare come quelle di oggi, e quando si voleva pedalare forte non aiutavano. Ma a quell'età chi ci badava? E poi era un modo di alimentare la passione che a quattordici anni sarebbe finalmente sfociata in un Ancillotti, un Fantic, una KTM…".

Anche lei fece il salto?
"Sì, a 16 anni passai a una KTM-Sachs. Negli anni ho avuto moltissime moto, soprattutto da enduro, fino alle varie Honda Transalp e Africa Twin o BMW GS. Ma quella KTM è rimasta la moto a cui sono più affezionato. Purtroppo la vendetti, ma poi ne ho recuperata una uguale, in ottimo stato".
Torniamo alla Saltafoss: che successe poi? 
"Dopo gli anni del grande successo – in cui venne anche ampliata la gamma con modelli come la Gambalunga, ispirata alle moto chopper, la Morbidella simile alla Graziella, il Tandem – come tutte le mode anche la moda della bici da cross iniziò a declinare. Era venuto il turno delle Mountain Bike, più leggere e più tecniche. I due soci si separarono, Torretta proseguì la produzione a Vanzaghello con il marchio Speed Cross mentre mio padre si mise in società con Lander Nocchi, il proprietario della Nolan che possedeva a Mandello sul Lario la LM, un'azienda che produceva accessori, e spostò la produzione lì. Si andò avanti per qualche altro anno, ma poi sia lui che io fummo troppo assorbiti dall'attività di concessionari – con Maico avevamo anche messo su una squadra corse – per continuare a profondere energie nella Saltafoss. Così nel 1982 cedemmo il marchio alla ditta Giunta di Rho, che lo utilizza tuttora".

E adesso? 
"Mi è dispiaciuto non aver tenuto il marchio. A livello di concessionaria, dopo aver abbandonato il settore della bici ci siamo da qualche anno tornati grazie a Torpado, un'azienda veneta con una gamma completissima. E da quando KTM ha acquistato Husqvarna, stiamo di nuovo crescendo nel fuoristrada. Ma quello che ancora mi apre il cuore è quando capita qualche quarantenne che vede la Saltafoss nel salone e mi ringrazia dei bei momenti che gli abbiamo regalato".

Come sono cambiati i clienti in questi anni? 
"Quelli che erano bambini allora, i 40-50enni, li capisco meglio: sono motociclisti come me che hanno cominciato da piccoli e sanno desiderare la moto. Quelli delle generazioni successive sono motociclisti diversi, che cercano cose diverse. Veniamo da anni di calo del mercato e di approfondimento della distanza tra i poveri e i ricchi, ma quest'anno per la prima volta mi sembra di cogliere qualche segnale positivo. Sarà un po' per i marchi che rappresentiamo, che hanno diverse belle novità in gamma; ma ho l'impressione che la gente si sia anche stancata di negatività".

Per inserire un commento devi essere registrato ed effettuare il login.

ADV