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Dall'Italia al Sud Africa: nona tappa

di Anna & Fabio il 03/09/2010 in Africa

Finalmente al campo del Cesvi, per scoprire che anche un paese ricco d'acqua può avere difficoltà ad usarla. E che la gratitudine è difficile da raccontare…

Dall'Italia al Sud Africa: nona tappa
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Abdurahmoni Jomi. 100 km a sud di Dushambe, 22 luglio 2010.
Eccoci qua. I ragazzi del Cesvi ci rifocillano mentre programmiamo la nostra visita sul campo, intanto chiediamo loro alcune informazioni: sappiamo che l'intervento è mirato all'approvvigionamento idrico, ma questo è un Paese dove pare manchi tutto meno che l'acqua.
Mi obbligano a rivedere completamente le mie impressioni: è vero che il Paese è ricchissimo d'acqua, ma è altrettanto vero che una serie di avvenimenti ne ha reso l'utilizzo difficile e pericoloso.
La zona del lavoro è cento km a sud di Dushambe: una bella campagna, riccamente irrigata da centinaia di canali. Qui, pur essendo vicinissimi a Dushambe, l'acqua potabile non è mai arrivata nelle case; erano però stati scavati cinquanta pozzi artesiani che rifornivano i vari villaggi di acqua potabile attraverso una capillare serie di fontane pubbliche. Poi, dopo il crollo dell'Unione Sovietica e più di dieci anni di guerra civile a varia intensità, tanto i pozzi che l'acquedotto sono stati abbandonati e lasciati privi di ogni manutenzione, anche perché la popolazione era all'oscuro di ogni nozione relativa al funzionamento e alle necessità degli impianti.
Così, mentre da una parte l'acqua potabile proveniente dai pozzi si perde formando paludi malsane, oltre 25.000 persone usano l'acqua di fontane pubbliche che ormai attingono alla falda superficiale, cioè ai canali di irrigazione, in cui si riversa di tutto. La bevono, la usano per cucinare, ci si lavano e ci lavano i panni. Risultato: oltre il 75% della popolazione soffre di malattie dovute all'uso di acqua inquinata. L'elenco va dalla diarrea cronica alla dissenteria e al tifo. E le vittime sono principalmente bambini e anziani.
I ragazzi del Cesvi si prodigano in condizioni ambientali molto difficili per censire e identificare i pozzi, riattarli via via che si rendono disponibili i fondi, e soprattutto creare una cultura di base sull'acqua e una classe tecnica in grado di mantenere in funzione e in buono stato di manutenzione le nuove stazioni di pompaggio.
La visita sul campo ci ha profondamente toccati, anche perché la popolazione ormai è ben conscia del valore dell'intervento e ha mostrato una gratitudine difficile da esprimere, che vogliamo riversare su tutti quelli che hanno aiutato e aiuteranno a portare avanti questo progetto: Francesca, Filippo, Elena, Foteh, Mahmud, Abduvohid, Vladimir… e tanti altri, Italiani e Tajiki lavorano duramente e vivono in condizioni difficili, senza concedersi nessun lusso, in un paese che offre davvero poco, soprattutto a chi ci deve vivere per anni superando enormi difficoltà quasi ogni giorno.
Per tentare di rimuovere ogni resistenza citerò solo un dato. Ormai tutti i pozzi sono stati identificati, la squadra di lavoro è stata formata, l'attività di trasferimento delle conoscenze prosegue senza sosta. Ma la maggior parte dei pozzi è ancora da riabilitare.
Se però vedeste la faccia dei fortunati che ora possono attingere l'acqua potabile a poche centinaia di metri da casa…
Ciao.

www.1bike2people4aid.it
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