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King Carl: l'ultimo eroe romantico

il 20/09/2000 in Altri sport

E' un idolo degli appassionati di tutto il mondo perché quando corre non si risparmia mai. Ama le moto ma detesta lo star system. Un uomo tutto paddock e famiglia con la passione segreta per il calcio

King Carl: l'ultimo eroe romantico
Per noi appassionati
sarà per sempre così
E' un idolo degli appassionati di tutto il mondo perché quando corre non si risparmia mai. Ama le moto ma detesta lo star system. Un uomo tutto paddock e famiglia con la passione segreta per il calcio


di Marco Masetti




Non si sa come prenderanno la notizia del ritiro dalle competizioni di King Carl Fogarty gli appassionati britannici, per i quali il pilota di Blackburn (dove è nato nel 1966) è il miglior pilota nazionale, l'unico erede di Barry Sheene e di Mike Hailwood.

Ma Fogarty è un idolo degli appassionati di tutto il mondo e questo perché quando corre non si risparmia mai. La ricetta del suo successo è semplice: dare il massimo e, se questo non dovesse bastare, andare oltre, dare più del 100%. Forse è per questo che per il suo team manager, amico e scopritore Davide Tardozzi, Carl è "uno che cinque minuti prima del via ha due occhi che mi fanno paura".

Forse uno degli ultimi eroi romantici del motociclismo moderno, Fogarty è un uomo mite e tranquillo, molto legato alla propria famiglia (ha una moglie, Michaela, e due figlie, Claudia e Danielle) con la quale vive in una villetta a Blackburn dove non si vede un vicino a raggio di vista. Difende la sua privacy con le unghie e con i denti, detesta feste, premiazioni, occasioni mondane e, in genere, tutti gli orpelli legati allo star system delle competizioni.




In questo suo modo di essere somiglia da vicino a un altro grande pilota, recentemente scomparso, al quale Foggy è sempre stato particolarmente legato: Joey Dunlop.

Oltre alla famiglia, sono due le sue passioni note: la moto e il Manchester United, infatti, appena può, tira due calci alla palla anche nel paddock: ha un buon sinistro, ma è meglio in moto.

Carl è figlio d'arte: suo padre George, onesto pilota degli anni Settanta, ha corso anche con la Ducati TT2, nella stessa squadra del quattro volte campione del mondo Tony Rutter. Quindi la passione di Foggy inizia con il Tourist Trophy. Ed è proprio l'idolo locale Joey Dunlop che segna la sua carriera e la sua vita.

Il suo debutto agonistico (in 250) è datato 1984:all'inizio non sembra un fenomeno, ma dopo due anni Fogarty è già competitivo, soprattutto sulle piste di casa, magari sotto la pioggia, dove si rischia di più...

Arrivano le offerte per correre nel mondiale, ma una caduta e una frattura lo costringono a emigrare sulle quattro tempi. Lo ingaggia nel 1987 la Honda Britain, per correre il mondiale F1 in squadra con sua maestà Dunlop. Nel 1988 vince il titolo mondiale, che riconferma l'anno seguente e nel 1990, quando le gare all'Isola di Man vengono declassate a Coppa FIM. Di questa esperienza a Fogarty restano le doti istintive tipiche dei piloti che corrono sui circuiti stradali, ma anche il coraggio e il saper sopportare la sofferenza.

A questo punto la carriera di Foggy ritorna sugli autodromi: il pilota si aggiudica il titolo endurance nel 1992 con la Kawasaki e contemporaneamente si lancia nell'avventura in superbike, in sella ad una mediocre Honda RC 30. Non vince, ma inizia a farsi un nome. Carl tenta anche la carta del mondiale velocità: tre gare nel 1990 con una Honda NSR 500 lasciata libera da Chili. Ma non convince, forse è ancora troppo istintivo e "stradale" per trarre il massimo dalle scorbutiche e potenti 500 quattro cilindri di quell'epoca.

Nel 1993 disputa il Gp di casa a Donington con una Cagiva 500: a un passo dal traguardo resta senza benzina e senza il podio che stava guadagnando. Ma la sua carriera diventa un'altra quando incontra la Ducati: nel 1992 è nono nel mondiale SBK con la rossa, l'anno dopo è secondo.

Nel 1994 l'incontro con la vera anima gemella: la 916. E' subito amore e anche titolo mondiale, titolo che rivince anche l'anno successivo. La Honda lo ingaggia aprendo al massimo i cordoni della borsa nel 1996 per far da secondo ad Aaron Slight. Lui accetta e si piazza quarto.





Finito l'impegno con la Casa giapponese che lo ha ingaggiato soprattutto per rubarlo alla Ducati, Carl ritorna a Borgo Panigale, alla sua amata bicilindrica che nel frattempo si chiama 996. Ottima scelta: nel 1997 è secondo dietro John Kocinski (Honda), nel 1998 e nel 1999 conquista il titolo stritolando la concorrenza.

Quest'anno, nel secondo Gp della stagione, a Phillip Island, durante la seconda manche, Fogarty, nel doppiaggio del pilota Ulm, cade e si frattura l'omero. Dopo mesi di rieducazione, nei giorni scorsi il tentativo di test al Mugello, per l'ultima volta da pilota ufficiale Ducati. Ma è la resa: la sua carriera è finita. La Gran Bretagna e la Ducati sono alla ricerca di un nuovo idolo.
Fogarty dà l'addio alle corse
La scheda di Carl Fogarty
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