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Povero Valentino. Vince!

il 08/04/2002 in Motogp

A Suzuka un evento scontato: la vittoria di Rossi e della Honda. Che noia! Ma Valentino capisce il problema e lo risolve con una bella polemica. Che gusto!

Povero Valentino. Vince!
L'incontenibile Valentino non ce la fa a tenere la bocca chiusa e accende la polemica con la Honda

di Luigi Rivola

A Suzuka tutto è andato secondo copione.
Il quattro tempi doveva vincere e ha vinto; Valentino Rossi era il favorito della vigilia ed è stato il trionfatore della giornata. Perché allora quel "quasi" che sembra stonare nel panorama così luminoso in cui ha preso il via la nuova classe regina del Motomondiale?

La Honda ha investito molto sulla formula MotoGP: ha sopportato durante l’inverno le bizze del suo giovane pilota di punta e campione del mondo della 500, ha lavorato sodo sul suo sofisticato progetto ed ora si trova a disporre di un’accoppiata vincente, tanto vincente da spaventare forse gli stessi organizzatori della MotoGP.

E’ legittimo infatti temere che questa superiorità si trasformi in un’arma a doppio taglio, creando problemi eccessivi agli altri partecipanti, che pure hanno investito fior di miliardi con la prospettiva - non del tutto campata in aria - di prender paga non solo dalla Honda 5 cilindri, ma anche da un paio di vecchie quattro cilindri due tempi.

A Suzuka stava per succedere e non è successo solo perché il tempo malandrino si è voluto intromettere, bagnando l’asfalto ed alterando quindi sostanzialmente i valori in campo al momento della gara.
Valentino ha vinto lo stesso, e la Honda gli deve un grazie grande e caldo come il Fujiyama: se il nostro campione non ci avesse messo del suo in una situazione così difficile, la migliore delle debuttanti Honda sarebbe arrivata terza, quella del collaudatore Itoh, e l’albo d’oro della MotoGP sarebbe stato inaugurato dalla Suzuki.
Ma se non fosse piovuto? Tempi delle prove (asciutte) alla mano, la migliore delle Suzuki non è mai arrivata a meno di mezzo secondo dalla migliore delle Honda, il che significa che, senza la pioggia, la Suzuki di Ryo sarebbe arrivata non a 1"5, ma ad oltre 10" di distacco, ma probabilmente anche molto più lontana, considerando che se la Honda proabilmente non ha ancora messo in mostra tutto il suo margine, le altre due 4 tempi giapponesi è difficile pensare che al momento possano fare meglio di così.

Ukawa e Rossi durante la presentazione del team. Prima della vittoria di Suzuka il rapporto tra Valentino e la Honda sembrava tornato idilliaco....

Il copione prevedeva non solo la vittoria di Valentino e della Honda 990, ma anche una sconfitta esemplare delle due tempi. Anche questa seconda condizione è stata rispettata, ma solo grazie (o almeno così si può pensare) alla pioggia. In prova, con l’asfalto asciutto, le Honda NSR 500 di Capirossi e Katoh avevano infatti dimostrato di poter competere con tutte le quattro tempi, ad esclusione di quella di Rossi e ciò aveva fatto vacillare molte certezze, maturate dopo la scelta della cilindrata di 990 per le quattro tempi, un vantaggio che molti tecnici avevano giudicato decisamente "tranquillizzante".

La Honda si trova quindi fra le mani una doppia opportunità: battere le concorrenti con la nuova 990 e anche con la vecchia 500, vale a dire che può non solo sconfiggere gli avversari, ma anche umiliarli, e questo, nell’ottica della neonata classe MotoGP semplicemente non è tollerabile.

La MotoGP infatti è stata pensata ed elaborata dalla Dorna per distruggere in modo definitivo l’ormai ingombrante mondiale SBK, ma non sarebbe mai decollata senza l’appoggio pieno delle Case motociclistiche, particolarmente di quelle giapponesi. E questo appoggio è stato dato con un solo fine: riportare il più prestigioso, popolare e "pompato" (dai media) campionato motociclistico ai fasti degli Anni ’50, quando gli appassionati tifavano più per la marca che per il pilota, quando chi vinceva si garantiva un consistente ritorno commerciale.

Un obiettivo raggiungibile, certo, ma solo a patto di competizioni molto equilibrate, con valori in campo non troppo distanti: competizioni, insomma, con tanti potenziali vincitori e nessun sicuro perdente. Guai ai vinti! L’anatema di Brenno ai Romani è oggi più che mai attuale, specie in tema di comunicazione aziendale...


I marchi sul serbatoio devono quindi valere almeno quanto il nome e cognome del pilota che sta in sella. Questa è la nuova, antichissima regola, che ha decretato il successo del mondiale Superbike e che oggi i costruttori giapponesi dicono di voler riportare nei Gran Premi, dopo aver ricreato un collegamento fra i prototipi e produzione di serie attraverso la scelta privilegiata del motore a quattro tempi.

In realtà non si tratta di mettere in risalto il marchio e di oscurare il nome del pilota: non sarebbe giusto né possibile. Si tratta semplicemente di evitare che accada, da adesso in avanti, ciò che oggi è normale, ossia che tutti conoscano il nome del pilota, magari ignorando con che moto corra.

Da questo importante cambiamento strategico (nei GP fino ad oggi le Case giapponesi investivano miliardi a palate, per non avere praticamente nessun ritorno sul prodotto di serie, come se si trattasse di puro mecenatismo) deriva il nervosismo manifestato da Valentino Rossi al termine della sua corsa vittoriosa a Suzuka.

Valentino si è lamentato dell’atteggiamento della Honda, che sembra intenzionata a concedere anche a Katoh, e forse anche ad altri piloti, la nuova cinque cilindri a quattro tempi. I giornalisti italiani presenti - e anche molti assenti - ci sono andati a nozze: da quando aveva firmato il contratto con la Honda (e con chi altrimenti?) il ragazzino di Tavullia si limitava a correre, a stracciare record e a vincere con la sua RC 211V; una situazione idilliaca e quindi piatta. Finalmente una bella polemica!

Noi non ci stracciamo le vesti al pensiero che Katoh possa avere la quattro tempi, anzi ce lo auguriamo: quale occasione più convincente per Valentino di dimostrare che nessuno gli sta alla pari? E nemmeno ci scandalizziamo per la voglia di protagonismo della Honda, semmai ci ha scandalizzato fino ad oggi il contrario: se la popolarità al marchio serve a vendere più moto, ben venga questa popolarità, e se un pilota vuole essere protagonista assoluto, nessun problema: vada alla Consworth, investa un po’ dei miliardini che guadagna, e si faccia una moto sua come ha fatto Kenny Roberts, il cui figlio, campione come il padre, per vincere un titolo mondiale si è però dovuto adattare a trovar padrone...

Povero Valentino. Vince!
L'incontenibile Valentino non ce la fa a tenere la bocca chiusa e accende la polemica con la Honda

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