Dopo questa ennesima prova di forza sull'asfalto di Indianapolis, Marc Marquez conquista prima di tutto la Green Card. Ovvero la cittadinanza onoraria degli Stati Uniti. Un diritto meritato sul campo dopo aver dominato tutti i GP negli USA disputati fin qui, centrando quattro vittorie su dieci gare, di cui tre di fila. Un curriculum da fenomeno, altro che debuttante. Dove con due sorpassi decisi su Pedrosa e Lorenzo, il Numero 93 mette in cassaforte i 25 punti di Indy e inizia ad aprire la strada a qualche ragionamento serio nell'ottica del titolo. Possibilista nelle intenzioni, quanto divertito nelle modalità che lo eleggono, ad oggi, un fenomeno in rapidissima ascesa. Un campione di simpatia sicuramente, nonché dello spettacolo con quella guida sempre al limite, piacevolmente sopra le righe. Dove derapate, traversi e gomiti a terra, fanno il paio con un'efficacia nei confronti del cronometro che mette paura, tanta, agli avversari. Malconci ormai più nell'animo che nel fisico. Tanto che Pedrosa accusa il doppio, per la spalla che ne limita i movimenti in sella, e per il morale basso. Colpa di quel compagno lì, prontissimo a rubargli costamente la scena, ancora, un'altro dopo Stoner. E allora Dani s'inventa un moto d'orgoglio che dalla terza scontata posizione lo spinge ad affondare il colpo su Lorenzo, togliendogli la seconda piazza. Mossa necessaria per la sopravvivenza, saggia per restare a "solo" +21 dal compagno di marca. Mentre Jorge si accontenta di fare terzo appunto, a +35 nel mondiale. Tanta roba, viste le fratture e i gesti eroici recenti, ma non abbastanza per l'ambizione iridata. Dunque urge una svolta e il Green Mamba lo sa, anche se per questo giro il veleno resta nei denti, stretti e impegnati a complimentarsi sorridendo ai connazionali rivali.

Si diceva delle derapate in uscita di curva di Marquez, fatte quasi con il freno a mano come sulle auto. Ecco, di freno a mano tirato, invece, si parla per la prima parte di gara di Rossi. Appannato in partenza, senza feeling per 15 giri su 27. Poi il decadimento delle gomme, che scivolano per tutti, ma il Dottore torna a sentire il feeling. Il perché, lo devono ancora scoprire prima di tutto nel box del numero 46. Ma intanto salta fuori un finale di gara spumeggiante. Roba da gemelli diversi, con il fratello cattivo di Valentino che prima recupera Bradl e lo scavalca, poi va all'attacco di Crutchlow e Bautista che si scannano per il quarto posto. E' un recupero silenzioso, ma efficace, anche se al limite dei giri utili. Tanto che solo all'ultima curva riesce l'attacco decisivo. La zampata che vale un quarto posto e che salva la peggior trasferta della stagione di Rossi. Anche se di fatto dimostra che con i tre spagnoli in pista, a pieno regime, Valentino torna subito nelle retrovie. Ruggine? Si azzarda. Carburazione e bioritmi lenti? Magari in contrasto con l'esuberanza dei giovani rivali, più reattivi in tutto. Oppure colpa delle gomme Bridgestone. Quel problema di feeling che anche in casa Ducati dicono sia il fattore principale di una crisi da profondo rosso.

Vera a tal punto che si lotta solo in famiglia. Nel finale l'ormai "ex" di Borgo Panigale, Hayden, entra infatti a gamba tesa su Dovizioso per sfilargli l'ottava piazza. Risultato: entrambi a fare il salto in lungo oltre il gradino del celebre cordolo finto di Indy. Mentre Smith li batte in volata, beffandoli sul rettilineo e lasciandoli ancora una volta, inesorabilmente, a chiudere la top ten. Seguiti da Iannone, 11° e più staccato, ma almeno davanti alla CRT di Espargaro. Detto che il premio "guest" dell'anno se lo merita per ora lo sfortunato Ben Spies, ancora a terra nelle libere della gara del rientro, e fuori subito. Ancora dai dottori e poi si vedrà che fare, quando tornare. Praticamente desaparecidos in questa MotoGP e, apparentemente, nemmeno troppo motivato a restarci.