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Triumph Rocket III: l’incredibile Hulk

il 15/06/2004 in Moto & Scooter

Il suo tre cilindri da 2300 cc è il più grosso motore motociclistico del mondo. Un bestione inguidabile? Tutt’altro. Secondo Cathcart è qualcosa di assolutamente inedito, fra una cruiser e una Superbike. E di eccezionalmente gustoso

Triumph Rocket III: l’incredibile Hulk

di Alan Cathcart, foto Nakamura – Gold & Goose



La provocazione lanciata dalla Triumph, presentando al Salone di Milano dello scorso settembre la moto di serie di più elevata cilindrata e mettendola ora in produzione, è stata una mossa coraggiosa che non mancherà di dare i suoi frutti. Anche la decisione di estendere al settore custom il suo motore a tre cilindri è stata una scelta ardita e certamente più azzeccata che proporre un altro clone della Harley Davidson o una copia della Valkyrie a sei cilindri.

E averlo fatto creando una motocicletta con un motore più grosso di quello della maggior parte delle automobili in circolazione in Europa è davvero stupefacente.

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Ma riuscire ad ottenere per questa moto prestazioni a livello di quelle per cui lottano le più evolute superbike è stato come tradurre in realtà un’idea nata da un fumetto; un’impresa confermata – afferma la Triumph – da confronti diretti fra la Rocket III e diverse sorprendenti moto di Case concorrenti, ma di ben altra impostazione...
La produzione del primo anno: 4000 moto, è già stata in gran parte prenotata da clienti di tutto il mondo che hanno versato un consistente acconto per assicurarsi il privilegio di guidare per primi la Rocket III prima ancora di averla potuta toccare con mano. Stiano tranquilli: ne è valsa la pena! Dopo averla provata per un giorno posso onestamente affermare che la Rocket III è davvero quella moto desiderabile, esclusiva e unica che loro si aspettano che sia. E il mercato già ne conferma il successo non solo in America, ma in tutto il mondo.



Come a suo tempo successe per la MV Agusta F4 Serie Oro, sta già crescendo il mercato nero sulle prenotazioni della nuova Triumph, ma questa è solo la progenitrice di una famiglia di Rocket III, che si allargherà a una versione turistica e ad una “street dragster”. Il modello del debutto costerà in Italia 17.990 €, IVA compresa e sarà disponibile dalla fine di giugno.

Aver guidato la Rocket III per circa 300 km sulle strade di montagna e sulle autostrade della California, in occasione del lancio mondiale che la Triumph ha indetto nei pressi di San Francisco, mi ha convinto che questa moto è tutt’altro che lo spaventoso mostro che puo essere domato solo con grande abilità e coraggio, come le caratteristiche tecniche e l’aspetto vorrebbero far credere. Al contrario, come il personaggio Hulk, la sua versione a due ruote dimostra di essere altrettanto bonacciona, disposta a destreggiarsi nel traffico cittadino, come nelle code, fin quando non vi viene la voglia di spalancare il gas provocando la mutazione genetica che la trasforma in un oggetto potentissimo, in un autentico missile a due ruote.

Questa specie di Incredibile Hulk in veste di motocicletta accelera come un’Hayabusa, passando da 0 a 50 km/h in 1”; tocca i 100 km/h partendo da ferma in 2”8, due volte più veloce della Honda VTX 1800; ha più coppia in basso di quanta ne abbia una Kawasaki ZX-10R al suo regime di coppia massima di 9500 giri ed è capace di lasciarsi dietro una R1 da 0 a 160 km/h, visto che compie questa performance in appena 7”2.
È una moto che indubbiamente si fa guardare e che possiede quella capacità di forte impatto che la rende affascinante in vetrina agli occhi degli amanti del genere custom. Ma a differenza di tante altre custom, che vantano molto fumo ma pochissimo arrosto, la Rocket III è in grado di sviluppare prestazioni semplicemente grandiose indipendentemente dalla marcia inserita e dal regime di rotazione del suo motore bialbero a tre cilindri in linea.



Quell’enorme gomma posteriore 240/50-16” non è lì per bellezza; la grossa Metzeler ha dimostrato infatti durante il test di essere un ingrediente fondamentale per poter gestire i 140 CV che la Rocket III è in grado di erogare con quel suo motore la cui cilindrata unitaria è pari a quella di un monocilindrico Suzuki DR800.

Nonostante la sua imponenza, la Rocket III accoglie assai bene a bordo anche piloti di bassa statura, grazie al manubrio che si proietta all’indietro e alla sella posta ad appena 74 cm da terra. Le pedane sono disposte classicamente in avanti, secondo le aspettative dei cultori americani delle cruiser, ma la Triumph ha preparato anche un set di pedane più arretrate per assecondare i gusti dei motociclisti europei.
La sella del passeggero è staccabile senza che rimanga traccia dei suoi punti di fissaggio, ulteriore esempio della cura che lo stilista John Mockett ha riservato ai dettagli disegnando la moto.

Premendo il pulsante di avviamento, il motore prende vita con un fruscio di ingranaggi, un battito di valvole e di pompe, nonché un cupo e personalissimo borbottio proveniente dai tre tubi di scarico, avvisaglia dell’enorme forza che può sprigionarsi. Ma appena si lascia la leva della frizione si constata che la Rocket III può avviarsi in tutta tranquillità e progredire con piacevole progressione nel susseguirsi delle marce. Anche le inversioni a U sono relativamente facili, grazie alla sincera e dolce risposta dell’acceleratore, all’azione morbida e ben controllabile della frizione, a dispetto della massa di cavalli e di coppia da gestire, e all’equilibratissima impostazione generale della Rocket III, nonostante l’imponente aspetto.



Il peso del grosso tre cilindri è distribuito molto in basso, grazie alla scelta del carter secco, e ciò è evidenziato dalla sorprendente facilità con cui la moto affronta le curve strette e dalla stabilità sull’asfalto sconnesso nelle curve ad ampio raggio, quando l’elegante forcella e il doppio ammortizzatore posteriore compiono con apparente leggerezza il loro lavoro, aiutate dai 320 kg di peso (a secco) della moto.

Ferma in folle al semaforo, la Rocket III mostra un minimo effetto della coppia di rovesciamento a destra, ma l’inerzia dell’albero motore longitudinale è realmente cancellata dall’albero di bilanciamento che ruota in senso contrario. L’unica occasione in cui può capitare di avvertire l’inerzia dell’albero motore è chiudendo il gas in un curvone a destra in fase di forte inclinazione. In questo caso si nota una certa tendenza al sottosterzo, che spinge la ruota anteriore verso l’esterno della curva obbligando a volte ad una correzione di traiettoria.



Sorprendentemente il freno motore è scarso nonostante l’elevatissima cilindrata unitaria. La causa è senz’altro il ridotto rapporto di compressione (8,7:1) e la conseguenza è che le decelerazioni inizialmente ingannano, anche se basta poco a prenderci la mano.
Tutto in questa moto ruota attorno al motore e a tutte le forti e piacevolissime sensazioni che procura durante la guida. Non c’è alcun bisogno di cercare la marcia giusta per godere della esplosiva potenza della Rocket III: basta aprire il gas e tenere aperto! Con la marcia più alta inserita, il motore spinge già a 1000 giri senza strappi alla trasmissione e continua senza sosta e con sempre maggior vigore fino all’intervento del limitatore, a 7200 giri.



A differenza della Munch Mammut 2000 sovralimentata, che provai un paio d’anni fa in Germania, la Rocket III non ha un’erogazione della potenza esplosiva, ma manifesta piuttosto una forza sconcertante, che si distribuisce in modo progressivo ma irresistibile lungo l’intero arco d’utilizzo della moto. In realtà il cambio a cinque rapporti ne ha almeno tre di troppo: due infatti sarebbero sufficienti: il primo per partire, l’altro per regolare l’andatura da 30 km/h in avanti. Cambiare senza frizione non è un problema dalla seconda in su, nonostante la presenza della trasmissione finale a cardano. E tutti coloro che l’hanno provata sono concordi nel dire che la Triumph al suo primo tentativo già ha dato una lezione, in questo senso, alle concorrenti.

Il motore della Triumph Rocket III è un tre cilindri in linea longitudinale di 2300 cc, dati da un alesaggio di 101,6 mm e una corsa di 94,3 mm. Il raffreddamento è ad acqua e la distribuzione bialbero a quattro valvole per cilindro. Il motore motociclistico della Rocket è esattamente la metà di quello di una Chevrolet V6 e ha una cilindrata superiore a quella del 70% delle automobili prodotte lo scorso anno dalle industrie europee. La potenza è di 140 CV a 5750 giri e la coppia massima è di 20 kgm a 2500 giri, con già il 90% della coppia disponibile a 1800 giri.



Il motore pesa 125 kg compreso il cambio a cinque velocità posto alla sinistra dell’albero motore e con gli alberi sovrapposti – stile R1 – per ridurre la larghezza del propulsore.
L’albero motore in acciaio forgiato pesa 17,7 kg e ha le manovelle a 120°. Per eliminare le vibrazioni e allo stesso tempo contrastare la “coppia di rovesciamento”, parallelamente all’albero motore è installato un albero di bilanciamento che ruota in senso contrario. E nello stesso senso dell’albero di bilanciamento ruota anche l’albero di trasmissione.



Sebbene abbiano lo stesso alesaggio dell’autosportiva Dodge Viper, i pistoni della Rocket III, a tre segmenti, sono un po’ più piccoli di quelli della Kawasaki VN2000 e sono collegati a bielle forgiate. La testata a 12 valvole supporta due alberi a camme con comando a catena posta nella parte anteriore del motore. Le valvole hanno un diametro di 37,9 mm all’aspirazione e di 32,3 mm allo scarico. Per la prima volta su una Triumph troviamo la doppia accensione.
Il consumo e le emissioni (a norma Euro-3) risultano molto contenuti grazie anche all’alimentazione ad iniezione elettronica Keihin che utilizza tre corpi a doppia farfalla con diametro di 52 mm a singoli iniettori.

Motore: quattro tempi, tre cilindri in linea longitudinale raffreddati a liquido. Distribuzione bialbero in testa a 12 valvole comandata a catena frontale. Alesaggio e corsa: 101.6 x 94.3 mm, cilindrata 2.203 cc, rapporto di compressione: 8.7:1, alimentazione: iniezione multipoint elettronica sequenziale, doppi accensione elettronica digitale.
Trasmissione: frizione multidisco in bagno d’olio, cambio 5 marce, trasmissione finale a cardano.
Ciclistica: telaio tubolare a doppia culla in acciaio, forcellone in acciaio a due bracci, cerchi a 5 razze in acciao, ant 17’x3.5’, post 16’x7.5’, pneumatici: ant 150x80 R 17, post 240x50 R 16. Sospensioni: ant forcella idraulica a steli rovesciati da 43 mm, post: due ammortizzatori, regolabili nel precarico. Freni: anteriore a doppio disco flottante da 320 mm con pinze a quattro pistoncini, posteriore a disco singolo da 316 mm, pinza a doppio pistoncino.
Dimensioni e peso: lunghezza: 2.500 mm, larghezza al manubrio: 970 mm, altezza max: 1.165, altezza sella: 740 mm, interasse: 1.695 mm, inclinazione cannotto sterzo: 32°, peso a secco: 320 kg, capacità serbatoio: 25 lt.
Prestazioni: potenza max: 140 CV (103 kW) a 5.750 giri, coppia max: 20.39 kgm (200 Nm) a 2.500 giri.

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