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Hunwick Harrop Phantom 1500

il 04/03/2001 in Moto & Scooter

Una nuova visione del genere custom viene dall’Australia. Sotto un vestito da quieta cruiser si cela un potente bicilindrico da oltre 100 CV

Hunwick Harrop Phantom 1500


di Daniele Massari e Alan Cathcart
, foto Paul Barshon




Dalla lontana terra d’Australia arriva la Phantom 1500. Il marchio che intende ambiziosamente porsi come alternativa al custom americano si chiama: Hunwick-Harrop; in origine, la Casa che avrebbe dovuto produrre performanti propulsori bicilindrici a V raffreddati a liquido per una vasta gamma di veicoli, si chiamava Hunwick-Hallam, in base all’accordo tra Rod Hunwick e Paul Hallam.
E questo “matrimonio”, a partire dalla metà degli anni ’90, ha dato realmente vita ad una serie di prototipi che però non sono stati mai lanciati sul mercato. Arenatasi la collaborazione con Hallam, la Hunwick-Harrop riparte all’attacco del mercato mondiale, forte dell’appoggio della famiglia Harrop (a capo di un colosso dell’ingegneria automobilistica), che si occuperà della produzione dei propulsori, e dell’appoggio della Japanese Bank Nomura, che si è fatta carico dei costi della messa in produzione del veicolo.




La “Phantom 1500 Super Cruiser” (questo il suo nome per esteso) non ha ancora fatto la sua apparizione in nessuno degli show internazionali, sebbene le sue forme siano ormai definitive e a disposizione dei curiosi sul sito internet della casa. Le sue carte vincenti sono prestazioni(oltre 100 cavalli) e design: morbide ed accattivanti le linee, che mantengono una certa originalità rispetto al già visto, a cominciare proprio dal propulsore, che contrariamente ai Big-Twin di Milwakee non è a V di 45° ma di 90°. Per questo primo anno di produzione, sono previsti solo 325 esemplari, già in vendita su Internet a circa 40 milioni di lire.






La Phantom 1500 non è una moto che può passare inosservata, in qualsiasi contesto la si collochi. Il suo approccio, sia stilistico che prestazionale, al segmento “Custom” o “Cruiser” che dir si voglia, è drastico, senza mezzi termini. L’unico elemento vagamente riconducibile a qualcosa di già visto sono i cerchi lenticolari, che pure si accompagnano ad un impianto frenante di chiara impronta racing. La linea fluida della carrozzeria (monoscocca) è del tutto inedita, e continua, lunga e sottile, anche oltre la ruota posteriore, terminando col bel fanale integrato.




Peccato che la bella veste sia interamente realizzata in vetroresina: ma, chissà, forse questo fa parte della nuova concezione Custom di cui la Phantom costituisce il manifesto. Anche qui, comunque, il propulsore a V di 90° è tradizionalmente un elemento fondamentaledello stile, posto com’è sotto il finto serbatoio (quello vero è sotto la sella), che nasconde l’air-box ed ingloba il quadrante circolare della strumentazione e le frecce dal disegno inedito. Proprio questo elemento disegna un profilo gibboso che ben si coordina con l’imponente forcella nel conferire alla moto un aspetto “aggressivo” che rivela l’impostazione generale; su queste note anche la scelta di dotare la Phantom di una sella monoposto, di un puntale e di fiancatine che fasciano l’impianto di scarico.






Il propulsore deriva dal prototipo di 1300cc della Boss Power Cruiser, realizzato sei anni fa dalla Hunwick-Hallam; è un bicilindrico di 90° di 1493cc, condoppio albero a camme in testa e testate a quattro valvole, iniezione elettronica (un iniettore per cilindro) e raffreddamento a liquido, capace di ben 102 CV alla ruota a soli 6250 giri e di una coppia di circa 12 kgm a 4250 giri). La potenza, che viene scaricata al suolo mediante una catena con o-rings, è decisamente superiore ai circa 68 CV erogati da una Harly-Davidson Dyna Super Sport (il modello più performante), di pari cilindrata. I valori di alesaggio e corsa sono101.6 x 92.75, ed il rapporto di compressione è di 9.25:1. Il cambio è a cinque marce, con frizione idraulica multidisco.





Il telaio, utilizza il motore come elemento fondamentale della struttura, ed è costituito da una fascia in alluminio ad U (ancorata alla parte anteriore del motore), a cui a sua volta è fissata la forcella. L’interasse è di ben 1700 mm, mentre la sella, monoposto, è posizionata a soli 690 mm di altezza da terra. La forcella è una Paioli teleidraulica regolabile con steli di 51 mm ed escursione di 130 mm, mentre sulla sospensione posteriore agisce un monoammortizzatore Koni con escursione di 100 mm. I cerchi sono lenticolari in alluminio lucidato, entrambi di 17”. Il reparto frenante è costituito da un doppio disco Beringer di 320mm con pinze a quattro pistoncini sulla ruota direttrice, più uno di 275mm su quella motrice.






Abbiamo provato la Phantom sulle autostrade attorno a Sydney, al Parramatta Park, un ex circuito dove correvano da Formula 1 negli Anni ’50, ai tempi della grande Maserati. Non ci vuole molto perché la Phantom si metta a suo agio lungo questo percorso: acceso il V-twin ti rendi conto che, in ogni istante, ci sono riserve di potenza pronte ad esplodere appena la strada ti si spalanca davanti. All’opposto, “passeggiando”, la Phantom sa essere facile e rilassante, grazie alla ridotta altezza della sella ed ai comandi “vicini” che garantiscono il giusto controllo, considerato il grande potenziale. La gamba destra, inoltre, non è costretta ad assumere posizioni innaturali dalla presenza del filtro dell’aria. I semimanubri sulla forcella Paioli danno un look gratificante all’avantreno; sono adatti ad una posizione di guida sportiveggiante; ma bisogna impugnare saldamente le manopole quando si spalanca il gas!




A dispetto delle forme imponenti e dei suoi due grossi pistoni, la HH sale di giri ben più velocemente delle sue rivali americane, nonostante qualche incertezza dovuta al sistema di iniezione EFI MoTeC. Ciò non toglie che la Phantom riprenda rapidamente fin da 1800 giri, corrispondenti a 50 km/h. Il fatto che il serbatoio si trovi sotto la sella contribuisce, insieme all’interasse di 1700mm, ad una buona stabilità sul veloce, grazie anche al lavoro svolto dalle forcelle Paioli sull’ asfalto non proprio levigato di questo “ex” circuito. Sfortunatamente, il mono posteriore Koni, posizionato verticalmente secondo la necessità dettata dal look obbligatoriamente “finto rigido”, non offre molto di più di un rendimento puramente estetico, anche in virtù della ridotta escursione. Nonostante i 240 kg di peso, i freni Beringer lavorano egregiamente, ed è impressionante la velocità con cui si possono affrontare le curve, grazie ai pneumatici sportivi: certo, esagerando, si trova presto anche il limite, ma comunque molto oltre quello di qualunque altra cruiser.


Motore: a 4 tempi, 2 cilindri a “V” longitudinale di 90°, raffreddamento a liquido, alesaggio e corsa 101.6 x 92.75 mm, cilindrata 1493 cc, rapporto di compressione 9,25:1; distribuzione bialbero a camme in testa con 4 valvole per cilindro. Alimentazione ad iniezione elettronica EFI MoTeC; capacità serbatoio 15,5 litri. Accensione elettronica digitale integrata con l'iniezione. Avviamento elettrico.
Trasmissione: primaria a cinghia, finale a catena. Frizione idraulica multidisco, cambio a cinque marce.
Ciclistica: telaio in alluminio con motore facente parte della struttura portante. Sospensioni: anteriore a forcella teleidraulica regolabile Paioli con foderi inferiori, steli di 45mm ed escursione di 130 mm; posteriore con monoammortizzatore Koni ed escursione di 100 mm. Ruote: cerchi lenticolari in alluminio lucidato con pneumatici Dunlop 120/70R 17” anteriore e 180/55ZR 17” posteriore. Freni: anteriore Beringer a doppio disco di Ø 320 mm con pinze a 4 pistoncini contrapposti; posteriore a disco di Ø 275 mm con pinza a 4 pistoncini.
Dimensioni e peso: interasse 1700 mm, lunghezza 2170 mm, larghezza 970 mm, altezza sella 800 mm. Peso a secco, 240 kg.
Prestazioni dichiarate: potenza 102 CV alla ruota a 6250 giri. Coppia 12 kgm a 4250 giri.
Omologazione Euro-1: sì
Hunwick Harrop Phantom 1500
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