“Io me la ricordo la V7 della rinascita, la prima del nuovo millennio: era bianca come una sposa, aveva i cerchi a raggi e una strumentazione a due elementi che tanto richiamava quelle di un tempo. I silenziatori cromati correvano lunga la parte inferiore della moto e la vista laterale era un quadro che omaggiava una storia dalle radici lunghissime.

Sono salito in sella e mi sono sentito catapultato indietro nel tempo, in quei mitici Anni 70 in cui la Moto Guzzi V7 era un bestione per uomini dal polso forte, una maximoto che combatteva ad armi pari con le più veloci rivali dell’epoca. Con lei potevi permetterti di non chiudere il gas in curva, e il gap che ti rifilavano le giapponesi in accelerazione, lo colmavi così.

La moto di oggi è diversa nella base tecnica, nelle dimensioni (più compatte), nelle prestazioni, molto più tranquille. Nel 2009, con quella bianca V7 della rinascita, la Casa di Mandello ha infatti presentato una moto che sembrava correre in una direzione opposta a quella di tendenza: fra naked che inseguivano forsennatamente le prestazioni assolute, la V7 era una voce fuori dal coro.  Ma questa (quasi) decade ha dato ragione a Moto Guzzi: il successo ottenuto sul mercato, il fatto che sia riuscita ad aggiornarsi senza cambiare, sono l’inconfutabile prova che lassù, sulle rive del lago di Como, avevano ragione. Oggi siamo arrivati alla terza serie, denominata V7 III. E a guardarla, a guardarla smontata come un Lego  e chiusa in due scatoloni, mi risulta tutto ancora più chiaro. Infilo la mano nel cartone per agguantare un pezzo a caso...”

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