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I viaggi dei lettori

Il nostro Marocco

di Giorgio, Massimo e Fabio (noti anche come "Il Cerchio 17") il 04/06/2009 in I viaggi dei lettori

Tredici giorni per partire da Latina, addentrarsi nel Maghreb e tornare a casa. Un'esperienza indimenticabile per tre amici in sella a due Varadero e una GS

Il nostro Marocco
Quando fu pronunciata per la prima volta la parola "Marocco" era ottobre-novembre 2006, il viaggio l'abbiamo fatto a fine Maggio 2008, quindi non possiamo dire che il parto non sia stato lungo e travagliato.

Primo giorno: Latina - Civitavecchia – Barcellona
.
Ci imbarchiamo a Civitavecchia, alla volta di Barcellona dove arriveremo dopo 18 ore di navigazione. Questa volta vista la lunghezza del viaggio ed i giorni che staremo fuori (ben 13), siamo solo il 50% del "Cerchio 17", le nostre compagne sono rimaste a casa, purtroppo! La serata sulla nave trascorre allegramente, anche grazie a tre bottiglie di vino, qualcosa da mangiare e buona compagnia.
Andiamo a dormire non vedendo l'ora di sbarcare e fare la lunga traversata che da Barcellona ci porterà ad Almeria, dopo 850 Km.

Secondo giorno: Barcellona - Vinaròs
Alle 15:30 siamo in porto. Dopo le operazioni di sbarco ci mettiamo circa un'oretta ad uscire da Barcellona ed imbocchiamo la statale N340, direzione Tarragona Valencia. Facciamo circa 250 km e ci fermiamo in un campeggio di un paesino sulla costa catalana, nei pressi di Vinaròs. Montiamo le tende e dopo un buon ristoro in un pub ed una pulita di stivali all'autolavaggio (citiamo la nostra domanda in "Spagnolo": "Escusos segnorita me puede smerdar lo stivalos?"), tutti a nanna, per partire presto la mattina seguente.

Terzo giorno: Vinaròs - Almeria
Al risveglio il cielo è coperto da grossi nuvoloni che non promettono niente di buono. Ci aspetta un tappone di trasferimento di quasi 600 Km, ma dopo un po' ecco la tanto temuta pioggia che ci accompagnerà fino quasi ad Almeria dove la sera alle 23:00 ci aspetta la nave per Melilla (Enclave spagnola in terra marocchina). Prima di imbarcarci conosciamo 5 motociclisti spagnoli, che, come noi, vanno a Merzouga, facciamo un brindisi insieme con una bottiglia portata da Massimo ed un augurio di incontrarci strada facendo. Il traghetto non è dei migliori, passiamo la notte accartocciati sulle scomode butaca (poltrone in spagnolo).

Quarto giorno: Melilla - Midelt
Sbarchiamo alle 8:00 ed usciamo dal porto e da Melilla. Alla frontiera marocchina ci aspettano 2 ore di attesa e burocrazia estenuante , tra moduli da compilare, timbri e file sotto il sole. Verso le 10:30 finalmente dopo l'ultimo posto di controllo entriamo in Marocco e ci mettiamo alla ricerca di una Compagnia assicurativa dove stipulare una polizza, visto che le compagnie italiane non rilasciano la "carta verde" valida per il Marocco… Dopo due anni di preparativi, però, non avevamo calcolato che arrivando di domenica le assicurazioni erano tutte chiuse! Ci guardiamo in faccia sbigottiti, e pensiamo a cosa fare. Visto che in Marocco la copertura assicurativa non è obbligatoria, decidiamo di partire ugualmente (per non perdere un giorno) alla volta di Midelt, facendo molta attenzione. Il tempo è ottimo, il cielo è di un blu intenso.
Attraversiamo Nador e proseguiamo verso sud, passiamo ad oriente della catena montuosa del Rif, attraversiamo grandi valli coltivate a grano che stanno già trebbiando; arrivati a Guerciff , decidiamo di fermarci in uno di quei tipici bar che preparano anche la carne alla brace e ci mettiamo comodi. La nottataccia passata sulla nave comincia a farsi sentire. Ci portano dell'ottimo agnello con patate ed insalata e un discreto caffè espresso: paghiamo 220 Dh , circa 20 Euro, in tre. Dopo esserci fermati un po' a riposare, partiamo per Missour e Midelt dove pensiamo di fermarci per la notte. Percorriamo una lunga vallata semi-disabitata dove ci sono lungo la strada moltissime Kasbah abbandonate. Non ci sono benzinai anche per tratti di 150 km , perciò bisogna fare attenzione ai consumi di carburante. Al nostro passaggio, come in Tunisia, troviamo bambini entusiasti che ci salutano e ci rincorrono. Arriviamo a Midelt la sera alle 20:00 dopo 450 km. Stremati, non abbiamo neanche voglia di cenare (no è da noi!), una doccia e a dormire in un albergo piuttosto spartano, ed economico, una stanza doppia con un lettino 250 Dh (22,50 euro).
Quinto giorno: Midelt - Merzouga
Sveglia presto, carichiamo la moto mentre scambiamo due chiacchiere con un francese che ha dormito nello stesso albergo e che, insieme alla compagna e ad un vecchio BMW GS 80 faceva un giro in Marocco tutto su piste; complimenti! Dopo un'abbondante colazione, facciamo finta di scordarci della carta verde e ripartiamo per Merzouga, tappa di circa 300 km. Lasciato Midelt ci arrampichiamo sulla dorsale orientale dell'Alto Atlante, ci fermiamo a Rich, un piccolo paese fuori dai circuiti turistici per cambiare in valuta locale e, dopo aver mangiato degli squisiti dolci, ripartiamo. Attraversando le Gole del Ziz, il sole è accecante, il clima è secco, i colori dei monti di un ocra acceso contrastano con i colori del cielo in alto e del verde della lussureggiante vegetazione in basso. A El-Rachidia, dopo una breve tappa per far benzina, prendiamo la N13, i 70 Km che ci dividono da Rissani li percorriamo costeggiando il fiume Ziz. Le sponde dei fiumi in Marocco sono sempre molto popolate: è un continuo susseguirsi di Villaggi e Kasbah; l'acqua nel sud del Paese ha un'importanza vitale visto che gran parte della popolazione vive di agricoltura e pastorizia. Arrivati a Erfoud compriamo una lampadina per il GS di Fabio ed incontriamo una guida che parla abbastanza bene l'Italiano. Ci porta a mangiare da un suo amico che ha una specie di bar-ristorante (chiamandolo così gli stiamo facendo un complimento…) con due tavoli sul ciglio della strada: mangiamo una specie di hamburger un po' spiaccicato (non voglio sapere che c'era dentro) con le patate fritte e qualche verdura - 65 Dh in tre
(6 euro). Verso sera arriviamo a Merzouga dove ci sono le dune di sabbia più alte di tutto il Marocco; come al solito veniamo adescati da una guida, un ragazzo berbero che ci dice che possiamo accamparci da lui in una specie di Riad – Camping ai piedi delle dune. Dopo una lunga trattativa davanti ad un'immancabile the alla menta (qui trattare è un rito), strappiamo 435 Dh (€ 40,00) in tre, per il pernottamento in tenda, la colazione per la mattina seguente e la cena. Montiamo la tenda e siamo pronti a gustarci il famoso tramonto di Merzouga… che dire? Riuscire a spiegare a parole quello che è Merzouga non è facile: pensate a dune alte anche 200 metri che al tramonto cambiano colore da un minuto all'altro con continui giochi di luci ed ombre. Il silenzio è assoluto e il sole è il primo attore che esce di scena dopo una grande recita teatrale, quando vorresti che lo spettacolo non finisse mai.
Noi che fino a quel momento avevamo fatto ogni metro insieme, ci incamminiamo verso quel mare di dune ognuno per la sua direzione….. in silenzio. Immagino i pensieri di tutti e tre: vorremmo che le nostre compagne fossero qui in questo momento, ci sentiamo anche un po' in colpa per non poter condividere tutto questo con le persone a noi più care. Rientriamo quando fa buio, un po' a malincuore. La nostra cena marocchina prevede: la tradizionale tajine , una specie di stufato di carne di montone o pollo misto a verdure, preparato in una pentola di terracotta chiusa da un coperchio allungato con un buco al centro, Kalia, pollo alla brace ed insalata; il tutto accompagnato da una bottiglia di vino rosso del Marocco, che ci è costato quasi la metà dell'intero importo che avevamo pattuito e, per averla, Ahmed non so dove sia andato a procurarsela, perché è tornato dopo quasi un'ora. Come tutti i Berberi, Ahmed, è molto alto e magro, un portamento elegante e veste una lunga tunica di colore azzurro. I Berberi del deserto indossano queste vesti che vengono colorate con l'estratto di un seme di una pianta, l'indaco. Questo colore ottenuto dai semi schiacciati viene rilasciato dai loro vestiti, impregnando la pelle di una sostanza di colore blu che tiene lontano le zanzare, da qui il nome di Uomini Blu; questa è una tradizione del più antico popolo nomade del Sahara, i Berberi. Anche Ahmed ha viaggiato molto nel deserto: Sud del Marocco, Algeria, Mali, Mauritania; ci ha spiegato come fanno i popoli nomadi a capire dove si trova l'acqua: osservano le depressioni tra le dune quando tira il vento, dove si alza meno sabbia è segno che questa è più umida, perciò sotto c'è l'acqua. Spesso queste depressioni sono degli Wadi (italianizzato Uadi), cioè, letti di torrenti o canaloni dove nei periodi piovosi scorre l'acqua. Ci dice che non lascerebbe mai il deserto per andare a vivere altrove, poi spegne tutte le luci per farci vedere il cielo. Ci chiede di fissarlo per qualche attimo, e pian piano, ai nostri occhi, appare un mare di stelle; la sfumatura bianca della Via Lattea è uno spettacolo impressionante, più guardiamo, e più le stelle diventano numerose e luminose. Andiamo a dormire nelle nostre tende osservando, che tutti i berberi presenti nel campo, hanno steso coperte e tappeti sulla sabbia e dormono sotto questo meraviglioso cielo.


Sesto giorno: Merzouga – Tazzarine - Zagorà
La mattina ci svegliamo per vedere l'alba che, al contrario del tramonto, ha un colore pallido; la sabbia è di un giallo tenue e il sole che nasce carica i colori di tinte più intense. Finito lo spettacolo facciamo colazione e smontiamo le tende. Partiamo per Zagorà, prendendo la N12 per Alnif, e Tazzarine, una strada che attraversa il deserto pietroso a sud dell' Alto Atlante. Non c'è assolutamente niente per 250 Km…. è il posto più povero che abbiamo visto in tutto il Marocco! Vediamo ogni tanto gruppi di capre che pascolano tra sabbia e sassi alla ricerca di qualche germoglio d'erba. Per la prima volta le rare persone che incontriamo non ci salutano, ci fanno un cenno portando la mano alla bocca, come per chiedere qualcosa da mangiare. I berberi che seguono le greggi sotto il sole cocente in quest'area del Marocco, sono molto poveri. Sulla strada, lontano dai centri abitati un ragazzo con la bici ci fa segno di aver bisogno di aiuto. Ha bisogno di qualche attrezzo, per aggiustare la sua bicicletta, che ha un problema ai pedali. Dopo esserci impegnati un po', arriviamo a conclusione che non possiamo fare niente per aiutarlo (ci abbiamo provato) e lo lasciamo dandogli qualcosa da mangiare. Arriviamo a Tazzarine verso l'una, abbiamo sete e per dissetarci decidiamo di andare al mercato dove, per 30 Dh ( 3,00 €), portiamo via un'anguria, un melone e 1 kg di arance. Pranziamo con la frutta e proseguiamo verso Zagorà che è il punto più a sud che toccheremo. Ci arriviamo verso sera, la cittadina è molto attiva, con costruzioni moderne ed uno sfarzoso palazzo stile arabo con giardini molto verdi e curati (nonostante il deserto che ci circonda): è il palazzo del governatore della regione. Troviamo un campeggio nell'oasi. Zagorà è l'ultima città in fondo alla valle dove scorre il fiume Dràa. A causa della mancanza di pioggia, nei canali e nelle condotte che alimentano l'oasi, non c'è acqua. Nel campeggio siamo gli unici ospiti, paghiamo solo 110 Dh (10,00 €) per le tende, le moto e la colazione del giorno dopo.
Il nostro Marocco
Settimo giorno: Zagorà - Ouarzazate - Gole del Dades
La mattina seguente alla partenza la moto di Giorgio fa le bizze, mentre sostituiamo una candela, il guardiano del camping, che è li a guardarci, dice che il GS di Fabio sembra una Gazzella, mentre i nostri Varadero, con le borse laterali, sembrano più un Burrico. "Burrico", in Spagnolo, significa asinello, e in Marocco, se ne incontrano ovunque, carichi di legna, fieno, o qualsiasi cosa trasportabile,come se avessero dei bauletti laterali. Da qui abbiamo deciso di chiamare le nostre nobili moto Burricos.
Dopo aver fatto le foto di rito sotto il cartello che indica alle carovane che si inoltrano nel deserto, "52 giorni di cammino a Tombouctou", partiamo per Ouarzazate risalendo tutta la valle del Dràa; ci fermiamo per fare benzina appena fuori dalla valle e sentiamo qualcuno parlare Italiano, lo guardiamo e ci pare di conoscerlo, non ci sbagliamo, lo abbiamo visto in televisione. Lui si chiama Emerson, e con la moglie Valeria gira il mondo su due ruote, facendo reportage che vanno in onda sulla Rai con il nome di "Dreams Road". Stanno facendo un documentario sul Marocco in sella a due scooter. Dopo aver scambiato quattro chiacchiere, riprendono con la telecamera le nostre moto parcheggiate fuori, facciamo qualche foto insieme, e a Settembre siamo in televisione ( forse???). Ci salutiamo e quando andiamo al bar a pagare le consumazioni, ci accorgiamo che sono già state pagate da Emerson e Valeria, (non li abbiamo nemmeno ringraziati !! ).Dopo una cinquantina di chilometri incontriamo gli Spagnoli conosciuti ad Almeria, ci fermiamo a bere qualcosa insieme ma vogliono offrire loro, noi ci stiamo…. facendoci così la nomina dei motociclisti più scrocconi del Marocco! Ci dicono che hanno avuto problemi con una moto, hanno dovuto riparare il radiatore di una Hornet con una mistura fatta di gomma da masticare e qualche altra cosa che non abbiamo capito, hanno dovuto anche smontare il motore per fare una guarnizione della testata con materiali di fortuna, il tutto in una officina che riparava biciclette, (complimenti!!). Ci salutiamo e ripartiamo, la strada è bellissima, ottimo asfalto, curve ben fatte, senza traffico, ci divertiamo a guidare in questo tratto del passo Tizi-n-Tinififft, tra canyon e vallate spettacolari. Arriviamo a Ouarzazate verso mezzogiorno, fa molto caldo, cerchiamo un ristorantino per mangiare qualcosa; ne troviamo uno piccolo molto accogliente, mangiamo in abbondanza (come al solito!), chiediamo del vino, ci mandano alla bottega di fronte a comprarlo. I ristoranti non vendono alcolici, ma con i turisti chiudono un occhio. Nel ristorante ci sono altri due tavoli occupati da turisti Francesi, dopo pranzo ci accomodiamo su dei divani all'interno del ristorante dove ci portano l'immancabile the alla menta. Verso le 15 partiamo prendendo la N10 chiamata anche la strada delle Kasbah, perché sono innumerevoli quelle che si incontrano lungo la strada, quasi tutte in rovina, distrutte dalla corrosione del tempo; poi lo scenario cambia attraversando la Roses Valley, la vegetazione diventa più lussureggiante, e si sente il profumo delle coltivazioni di rose. Nel tardo pomeriggio arriviamo a Boumalne, giriamo a sinistra, la strada risale costeggiando il fiume che dà il nome alle Gole del Dades: sugli argini si è sviluppata, grazie all'opera dell'uomo, una rigogliosa agricoltura fatta di campi di mais, foraggio per gli animali e degli orti molto ordinati e ben coltivati. E' un susseguirsi di villaggi ben integrati nel paesaggio; le case color argilla spiccano nel verde del fondo valle e nel colore rosso intenso delle montagne circostanti. Procediamo sempre con andatura lenta, un po' per ammirare il paesaggio, un po' per paura dei bambini che con eccesso di entusiasmo nel salutarci tendono a venire in mezzo alla strada. E' quasi notte, decidiamo di cercare un posto per dormire, e visto che non ci sono campeggi, ci fermiamo in un piccolo albergo (due stanze) quasi in fondo alle gole. Dalla piccola finestra entra un'aria piuttosto fresca (adesso siamo in montagna), le stanze sono arredate in stile berbero, accoglienti e simpatiche, anche qui 3 letti, tre cene e tre colazioni 300 Dh. Dopo una squisita zuppa berbera a base di verdure abbiamo mangiato la miglior Tajine della nostra permanenza in Marocco. Andiamo a letto presto come al solito, almeno così crediamo; non abbiamo mai capito se il fuso orario era di una o due ore indietro, visti gli orologi che abbiamo incontrato durante il viaggio: ma in Africa il tempo è relativo e gli orologi sono meno importanti che da noi!



Ottavo giorno: Gole del Dades - Gole di Todra - Ait Benhaddouh
La mattina proseguiamo per un po'ancora all'interno delle gole del Dades, fino al tratto più conosciuto e caratteristico. Qui la strada in poche centinaia di metri si arrampica, con dei tornanti spettacolari, dal fondo valle fino ad una cima da dove si gode un bellissimo panorama. Torniamo indietro per andare a visitare le Gole di Todra, che si trovano circa 80 Km più ad Est. Todra è molto più aspra del Dades, la strada si incunea tra profonde spaccature della montagna. Per la spettacolarità del paesaggio è frequentata da molti turisti che giungono con i pullman dalle città più grandi per fare delle escursioni. La strada ad un certo punto sembra che finisca in un'ampia apertura tra queste pareti rocciose che salgono verticali, ci accorgiamo che a sinistra si apre un varco tra le rocce con una strada bianca che prosegue, ma considerato lo stretto varco, vi possono passare solo moto ed auto. La imbocchiamo e dopo una decina di chilometri di sterrato e asfalto molto rovinato (probabilmente dovuto al fiume che in inverno, quando è in piena, invade la carreggiata) usciamo dalla parte opposta delle Gole: davanti a noi si presentano degli altopiani molto verdi. Proseguiamo fino al villaggio di Tamtatouchte (impronunciabile), è quasi l'una, mangiamo in un Riad dove il proprietario, un giovane berbero, ci fa vedere un foglio con l'antico alfabeto del suo popolo; proviamo a costruire il nostro nome con questi simboli, ma poi rinunciamo, poichè alcune lettere non ci sono nel loro alfabeto. Dopo un breve riposo torniamo a prendere la N10, invertiamo la rotta verso Ouarzazate, l'attraversiamo e proseguiamo per Ait Benhaddou la più bella Kasbah di tutto il Marocco; arriviamo verso sera, cerchiamo un alloggio e troviamo un Riad con vista sulla Kasbah, solita trattativa, soliti 10 Euro circa per trattamento a mezza pensione.
Nono giorno: Ait Benhaddou - Marrakech
La mattina seguente ci incamminiamo a piedi attraverso il letto del fiume Dràa in secca, per arrivare alla vecchia Kasbah che sorge sull'altra riva. Essa è conservata molto bene, infatti è stata utilizzata anche per girare scene di alcuni film come "Il Gladiatore"e "Lawrence d'Arabia". Visitiamo gli Ksur (antichi granai) e passeggiamo per un groviglio di viuzze. Verso le 9 siamo pronti per ripartire, destinazione Marrakech passando per il Tizi-n-Tichka il passo più alto di tutto il Marocco. Questo, insieme alle Gole dello Ziz più a Est, è uno dei due grandi passaggi per attraversare l'Alto Atlante. Decidiamo di proseguire su una strada secondaria che sbuca poco prima di risalire il passo, piuttosto che tornare indietro per prendere la Nazionale. Facciamo una decina di chilometri e con sorpresa l'asfalto lascia il posto a una pista che sembra ben battuta.
Avevamo cercato una pista che potesse essere adatta alle nostre moto pesanti e cariche di bagagli per tutta la settimana e alla fine è lei che ha trovato noi. Ci guardiamo in faccia e decidiamo di andare avanti, la pista sale e scende dalle montagne e ogni tanto attraversiamo dei villaggi veramente sperduti ed isolati. Per due volte alle biforcazioni, imbocchiamo la direzione sbagliata e dobbiamo fare dietrofront. Il paesaggio che ci circonda è bellissimo ma anche un po' da brivido perché stiamo costeggiando pericolosi strapiombi. Arriviamo in un villaggio dove la pista si divide in due, dopo un breve consulto siamo convinti che la strada giusta sia quella più comoda che prosegue per il fondo valle, ma gli abitanti del villaggio ci dicono che per uscire da lì bisogna proseguire per la pista che si arrampica sulla montagna: sbianchiamo!!! Non avendo altra scelta ci facciamo coraggio e partiamo. Dopo un primo tratto piuttosto agevole, la pista comincia a salire e il fondo si fa piuttosto sconnesso. Si comincia a fare sul serio, più si sale più diventa difficile avanzare, ci fermiamo, siamo in difficoltà, la pista non è praticabile con moto cariche che pesano circa 300 kg.
Giorgio và in avanscoperta a piedi, ci sono ancora 300/400 metri di fondo pietroso, sconnesso, con buche profonde, ma poi sembra si faccia più buona. Portiamo fuori una moto alla volta, lo strapiombo è altissimo, meglio non guardare sotto. Siamo fuori dal tratto difficile, continuiamo a salire e dopo un km siamo in cima alla montagna. La pista adesso è molto buona e cammina sulla cresta dei monti, poi ancora burroni a strapiombo. Incontriamo un altro problema: carovane di fuoristrada pieni di turisti probabilmente provenienti da Marrakech che ci vengono incontro; la pista è molto stretta, gli autisti ci fanno cenno di accostare a sinistra dalla parte dello strapiombo, gli facciamo cenno che sono matti e che accostiamo a destra addosso alla montagna. Con mille difficoltà e strisciate sui bauletti riusciamo a passare, ma appena finiva una carovana, dopo poco ne arrivava un'altra; ancora difficoltà, ancora strisciate sui bauletti, e qualche caduta. Notavamo gli sguardi ammirati degli occupanti delle jeep: qualcuno ci faceva il cenno del pollice alzato, qualcuno ci fotografava, ai loro occhi dovevamo apparire come dei veri leoni del deserto, sporchi, sudati, impolverati. Un autista di una jeep ci dice in francese bon courage!! ( bel coraggio). La pista adesso comincia a scendere verso il fondo valle, è un po' più agevole e larga; andiamo un po' più spediti, troviamo di nuovo l'asfalto dopo circa 4 ore, abbiamo percorso almeno 40 km di fuori strada, siamo stremati, impolverati, ma con un ghigno misto di felicità e soddisfazione per quello che abbiamo appena vissuto. Ora ci spetta una strada da sballo, tutta curve e pieghe per attraversare il passo Tizi-n-Tichka con i suoi oltre 2260 metri di altezza. Dopo una pausa ristoratrice con il solito abbondante abbacchio e coca-cola proseguiamo per Marrachech, dove arriviamo nel tardo pomeriggio.
Dopo una settimana di solitudine e grandi spazi l'impatto con la Perla del Sud è alquanto traumatico, una sorta di Napoli al cubo per il traffico, un caos di macchine ma soprattutto di motorini che si incrociano in tutte le direzioni (dritto, rovescio, obliquo, di traverso, non si capisce cosa ci stia a fare la strada): dobbiamo avere mille occhi visto la nostra situazione assicurativa. Andiamo verso il centro e ci fermiamo per fare il punto della situazione, ci aggancia la solita guida locale che ci vuole accompagnare (a fronte di un piccolo compenso) a trovare un albergo. Nel caos della trattativa, il tizio fa l'errore di scendere dal marciapiede, viene investito da un motorino con su un ragazzo ed una ragazza, che procede abbastanza veloce. Cadono tutti e tre in terra, si rialzano e cominciano ad urlarsi in faccia (in arabo naturalmente), poi i ragazzi risalgono sul motorino e ripartono, il tizio si volta verso di noi e continua il discorso come se nulla fosse accaduto. La scena ci lascia allibiti, sembra che siano abituati a questi incidenti. Raggiunto un accordo, la pseudo-guida, tenendosi un fianco per il dolore và a trattare con un altro tizio per farsi prestare un motorino, e ci accompagna in albergo in una zona residenziale molto tranquilla.
Marrakech è una città molto bella con giardini verdi e curati, moltissimi alberghi, una città pulita con un efficiente sistema di raccolta rifiuti, gli abitanti sono vestiti in modo occidentale, poche donne portano il velo. Tutto molto lontano dagli standard che avevamo visto finora. Impossibile venire in Marocco senza visitare questa bellissima ed emozionante città. La sera ci incamminiamo per andare in quella fantastica bolgia di Piazza Jemaa el Fna: un posto incredibile, il motore pulsante della città, è come un enorme giostra che si accende la mattina presto e si spegne a notte fonda in un'atmosfera surreale e affascinante. La piazza si riempie di venditori di arance, acrobati, artisti di strada, incantatori di serpenti, tatuatori, danzatrici, venditori di amuleti e chincaglierie varie, il tutto condito dagli odori di carne alla brace , pesce fritto e dalle moltissime spezie che si trovano ovunque. I tamburi dei vari gruppi musicali, battono incessantemente con ritmi tribali, come a cadenzare una sorta di "moto perpetuo" il movimento di questo fiume di gente. Tutto questo si ripete da centinaia d'anni, anche se anticamente questo luogo aveva una funzione ben più lugubre: qui il Sultano faceva giustiziare i criminali ed i ribelli per poi lasciare le loro teste esposte al pubblico. Si è fatto tardi prendiamo un taxi e rientriamo in albergo.
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Decimo giorno: Marrakech - Fes - Melilla
Mattina, alle 8,30 siamo pronti per partire verso Fes tappa di 500 km costeggiando ad ovest il Medio Atlante, passando per Ifrane, anche nominata la Svizzera marocchina per via dei tetti spioventi e giardini verdi e curati. E' una stazione sciistica creata negli anni trenta dagli Europei (infatti è proprio fuori luogo!). Arriviamo a Fes in tarda serata, cerchiamo un hotel ma non lo troviamo. Ci fermiamo a bere qualcosa e consultandoci, decidiamo di proseguire per Melilla. Partiamo verso mezzanotte con andatura molto lenta perchè la strada è piuttosto malmessa ed è trafficata da ogni genere di camion, stracarichi all'inverosimile, e messi peggio della strada. Viaggiamo tutta la notte con una sola breve tappa ristoratrice.

11°-12°-13° giorno: Melilla – Almeria – Barcellona - Latina
Arriviamo a Melila verso le 6,30 di mattina, facciamo 2 conti: 22 ore di moto consecutive e 800 km percorsi. pazzi scatenati! Nel pomeriggio prendiamo il traghetto per Almeria e domenica 8/6 verso le 20 siamo in Spagna. Ci sono circa 900 km che ci dividono da Barcellona dove ad attenderci c'è la nave che lunedì sera parte per Civitavecchia. Si torna a casa…..

Appunti ed impressioni……..con dedica
Il Marocco è stato sicuramente al di sopra delle aspettative, il fascino di questo paese, menzionato da scrittori e viaggiatori, sembra rimanere intatto nel tempo. Questo paese dai colori vivaci è tagliato in due dai monti dell'Atlante: da una parte si estendono i deserti del sud-est e dall'altra si ergono le bellissime città imperiali del versante Atlantico. La nostra passione per i grandi spazi a perdita d'occhio è stata pienamente soddisfatta. Il piacere di attraversarli in moto, senza incontrare anima viva per ore, dà un indescrivibile senso di libertà…. sarà per il fatto che, a casa, viaggiamo con auto sempre più grandi in orizzonti sempre più piccoli.
Per quanto riguarda la sicurezza, abbiamo sempre avuto un senso di tranquillità (più che in Tunisia).
L'unica volta che ci ha fermato la polizia è stato per offrirci del thè verde e scambiare quattro chiacchiere; la grande ospitalità dei Marocchini l'abbiamo riscontrata per tutto il viaggio. Le condizioni delle strade sono state tutto sommato buone, tranne qualche tratto nelle zone più povere verso il confine con l'Algeria e la nostra andatura turistica (max 100 km/h) ha fatto sì che viaggiassimo sempre in pieno relax. Le moto, le due "vecchiette" Honda ormai alla soglia dei 100.000 Km , e la "gazzella" BMW, non hanno dato alcun problema, nonostante la "strapazzata" nel fuoristrada a pieno carico ed i lunghi trasferimenti. L'organizzazione: è stata all'altezza della situazione; il più che rodato "Cerchio 17" ha dato prova di buona capacità organizzativa, gioco di squadra e l'ormai consolidato affiatamento; perché signori miei!! quando guardi negli occhi i tuoi compagni di viaggio, ultraquarantenni un po' attempati, ci vedi la scintilla dei vent'anni, quella scintilla che ti fa organizzare viaggi come questo, che ti da voglia e spirito di esplorare, di andare a vedere "cosa c'è un po' più in là". Perché chi viaggia non invecchia mai veramente, perché, mentre gli altri pensano a dare anni alla vita, tu dai vita agli anni e poi non scordartelo: IL MONDO E' DEI CURIOSI!!!!
Alla prossima

Cerchio 17

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