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Il sorriso segreto, quando ELABORARE è un’arte

Christian Cavaciuti
di Christian Cavaciuti il 14/12/2018 in Attualità
Il sorriso segreto, quando ELABORARE è un’arte
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Si dice che ognuno di noi abbia un momento della vita contraddistinto da un’emozione solitaria, non condivisa con nessuno. Si dice che spesso ci sia di mezzo un motore

Era l’estate del 1989, e in quella precedente avevo lavorato due mesi per metter via un po’ di soldi, decisivi per sbloccare l’acquisto di un tubone: un Unimoto Carrera LX nero come il peccato, che si era materializzato nel mio garage a inizio settembre, appena prima che iniziassero le scuole. Con una spericolata manovra finanziaria domestica avevo nascosto alla fiscalità familiare dei fondi neri, destinati a comprare un’espansione Leovinci (la LeoVince di oggi). Acquistata il primo giorno di scuola, portata orgogliosamente a casa col silenziatore che spuntava dal Jollinvicta come la canna di un fucile di precisione, l’avevo montata due giorni dopo per farci direttamente il rodaggio: ero certo che il motore ne avrebbe giovato in maniera straordinaria – una delle certezze balenghe che si hanno di solito a quell’età.

Operazione P4

Nell’agosto di quel 1989, così, ormai pratico delle prestazioni “codice” dell’alettatissimo cilindro Minarelli P4, potevo finalmente ambire ad andare oltre. Potevo ambire alla “truccatura”, all’epoca pratica legittimata dall’uso comune e persino da accese discussioni in seno alle riviste di settore. Purtroppo però i miei non ci sentivano. Di conseguenza, come si fa di solito a quell’età, deliberai senz’altro di fare di nascosto.

Avendo già sdoganato la marmitta, mi procurai un carburatore Dellorto 19 che nascosi in una vecchia scatola, ma mancava il grosso: il cilindro. E quello non era un lavoro di mezz’ora, per cui bisognava giustificare l’assenza del Carrera per un giorno o due. Così presi accordi col mio meccanico di fiducia: cilindro rialesato a 65 cc, pistone da cross a un segmento, carburatore, scarico, pignone con un dente in più e accordatura generale. E soprattutto presi accordi con un amico a cui lasciai le chiavi del garage e del motorino, unite a istruzioni di portarlo di nascosto dal meccanico in mia assenza.  

Doctor Jeckyll & Mr. Hyde

Passai una settimana di supplizio monacale, visitando gli eremi dell’Umbria con i miei mentre pregustavo le delizie dei 9 o 10 cavalli che San Dellorto e San Leovinci mi stavano intanto riservando come ricompensa. E dopo sette interminabili giorni, un sabato pomeriggio tornai a casa. Aiutai diligentemente a scaricare la macchina, resistetti stoicamente altri uno o due minuti e infine dissi che andavo a fare un giretto. Per timore che scoprissero tutto portai fuori la belva a spinta, mi allontanai di qualche decina di metri, rivolsi lo scarico dal lato opposto a quello di casa e calciai sul kick. È lì che non riuscii a trattenere un sorriso sotto il Nava 4, quando in risposta il Minarelli mi mandò un crepitio metallico che suonava come il ghigno di approvazione di belzebù in persona. Il pacato dottor Jeckyll si era trasformato in Mr. Hyde, e se la rideva con me.

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