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La Ducati oltre la Ducati: cosa bolle nella pentola del Centro stile

di Christian Cavaciuti il 30/04/2015 in Attualità

Dopo aver trovato una sua fisionomia a inizio anni Novanta, la Ducati ha deciso di svilupparsi secondo il motto "evoluzione, non rivoluzione". Ora la fama planetaria e l'ingresso nel gruppo Volkswagen cambiano un po' le carte in tavola. Ne parliamo con il direttore del Centro Stile Andrea Ferrarese

La Ducati oltre la Ducati: cosa bolle nella pentola del Centro stile
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La leggerezza è diventata l’elemento unificante in casa Ducati: dalla efficacia in pista della 1199 alla spensieratezza della Scrambler, che effettivamente non sarebbero concepibili, né l’una né l’altra, con altri kg sulla bilancia. 

Lo è ancora di più da quando l'azienda è entrata nell’orbita Audi, guarda caso la Casa automobilistica che più di tutte incarna il ruolo della leggerezza nell’immaginario collettivo a seguito del suo pionieristico impegno nelle scocche in alluminio. La vicinanza "filosofica" tra Audi e Ducati fa anche da punto di partenza per la nostra chiacchierata con Andrea Ferrarese, Direttore del Centro Stile Ducati.

Andrea, la leggerezza è un vecchio cavallo di battaglia di Audi. È un caso che ora Ducati la tiri fuori come mantra filosofico?
“Diciamo che ad Audi interessava soprattutto portarsi a casa un marchio sportivo, italiano e premium, e Ducati si riconosce senz’altro in queste caratteristiche. Poi certo, loro con l’introduzione delle scocche in alluminio hanno fatto della leggerezza un segno distintivo, e noi abbiamo sposato il tema partendo dall’idea della sportiva all’italiana, ma portandolo poi molto in là. Oggi queste due strade si incontrano perfettamente”.

A capo dello stile Audi c’è un italiano, Walter De Silva, famoso per il suo amore per l’italianità e per aver rilanciato l’immagine dell’Alfa Romeo prima di passare in Volkswagen. Com’è il rapporto con lui?
“Walter è uno dei pochi designer di cui si possa dire che lascerà un segno sulle auto di questi anni, ed è stato un grande ‘acquisto’ per noi. Siamo tutti innamorati di lui, e lui è innamorato della Ducati. Viene a trovarci tutte le volte che può, soprattutto se è di passaggio nei ‘gioielli di famiglia’ italiani di VW, la Lamborghini e Italdesign. È una grande fonte di ispirazione ma nel concreto non ha mai imposto nulla. Si definisce ‘un modesto appassionato di moto’, ma ha comunque un occhio straordinario e spesso vede subito i punti critici di una proposta. Poi si limita a farli notare e a spingerci a rifletterci sopra, tutto qua”. 

In passato i designer auto che si sono cimentati con le moto non è che abbiano lasciato cose memorabili…
“Sì, anche lui ne è consapevole. La moto va vissuta da dentro, noi siamo tutti motociclisti nel profondo e sappiamo anche alla perfezione come si costruisce una moto, quali sono le criticità dal punto di vista meccanico, eccetera. Ma i designer auto hanno un approccio diverso, esterno all’azienda e più distaccato dall’oggetto, e le loro idee possono essere stimolanti. Walter tiene molto a quella che chiama la ‘cross-fertilization’, allo scambio di idee tra tutti i centri stile del gruppo, di cui ora facciamo parte anche noi”.

Quindi potremmo vedere Ducati disegnate da stilisti auto?
“Non è così semplice… in campo auto quello che accade è che quando si realizza un nuovo modello tutti i centri stile del Gruppo sparsi per il mondo partecipino. Quello che Walter vorrebbe è che in qualche modo entrassimo anche noi in questo processo, con le dovute distinzioni. Di sicuro potrà succedere che qualche ragazzo del centro stile che so, in California, possa chiedere di venire a passare un periodo con noi, per scambiare idee. Sarà certamente interessante”.
Lo stile Ducati quindi continuerà a nascere a Borgo Panigale.
“Assolutamente, anzi abbiamo portato all’interno tutte le funzioni legate allo stile. Prima ci affidavamo parzialmente anche a consulenti, ora invece tutto quel che riguarda il design delle nostre moto arriva da Borgo Panigale. Crediamo che stare in azienda, parlare la stessa lingua, condividere gli spazi e i valori sia fondamentale per interpretare al meglio una Ducati”.

Anche la Scrambler?
“La Scrambler è un brand a parte, che sta piacendo molto e che svilupperemo ampliando ulteriormente la gamma. Abbiamo molte idee in proposito, ma resterà separato dal resto della gamma. Scrambler non condivide tutti i valori Ducati, anzi ne possiede alcuni molto diversi, il che ci libera da molti vincoli”.

Se ci restringiamo al design, cosa differenzia Ducati dalle altre aziende?
“De Silva definisce il design industriale come ‘il dare forma a una funzione’. In Ducati la funzione è molto chiara, e ai designer viene dato il tempo di far bene il loro lavoro. Non in tutte le aziende succede”.

Cosa dobbiamo aspettarci per i prossimi anni?
“La nostra gamma è completa e coerente in due filoni fondamentali: le naked sportive, figlie e nipoti della Monster, e le hypersport figlie e nipoti della 916. Continueremo su questi due filoni con continuità: sì alle evoluzioni, no alle rivoluzioni. Ormai la strada che abbiamo imboccato è questa”.

Per tornare al tema della leggerezza: il peso scenderà ancora?
“Beh, il salto fatto tra la 1098 e la 1199 non è più ripetibile. Diciamo che c’è ancora margine per tagliare, ma non c’è più l’erba alta: ormai siamo quasi ai livelli di estremizzazione del ciclismo e possiamo aspettarci al massimo un 5%”.

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