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Parigi-Dakar: Meoni vincitore assoluto

il 20/01/2001 in Altri sport

Tiainen vince l'ultima tappa davanti a Sala, ma Meoni, quinto, realizza il sogno di una vita e si consacra fra i grandi vincitori del Rally più duro del mondo. Clamorosa affermazione anche per la KTM, che piazza la sua monocilindrica ai primi cinque posti

Parigi-Dakar: Meoni vincitore assoluto
Kari Tiainen, 34 anni finlandese, ha preceduto il nostro Sala nell'ultima tappa della Parigi-Dakar 2001


di Piero Batini, Foto Soldano-DPPI
Dakar (Senegal), 21 gennaio 2001 - Il gran finale si è consumato, ed è stato il finale più bello che avessimo mai potuto immaginare.




Siamo partiti insieme per quest'avventura, consapevoli che il suo quotidiano sviluppo sarebbe stato determinante per il risultato. Da quel giorno in cui la Torre Eiffel si è allontanata alle nostre spalle fino a scomparire, la sceneggiatura della Dakar è entrata nel vivo, e i sogni di gloria si sono confrontati ogni giorno, ogni minuto, con la difficile realtà della corsa.


Venti episodi emozionanti, ricchi di colpi di scena, per una storia che si è conclusa oggi a Dakar, dopo l'ultima volata contro il cronometro. Uno spettacolo da far rabbrividire. La vittoria, secca, eclatante come in una manche di Motocross ha premiato nella tappa d'epilogo il finlandese Tiainen, che ha preceduto il nostro valoroso Sala.




Fabrizio Meoni è arrivato a Dakar un minuto e mezzo dopo il primo, ma quando è salito sul podio destinato a celebrare il trionfo del vincitore assoluto della grande corsa, le autorità di mezza Dakar e di mezza Africa, unitamente a migliaia e migliaia di appassionati, lo hanno applaudito a scena aperta.

Dopo nove tentativi, il fortissimo campione di Castelfiorentino ha centrato l'obiettivo e, soprattutto, il risultato. E’ sempre apparso perfettamente alla sua portata. Ha vinto una corsa che ha gestito benissimo, miscelando coraggio, abilità, esperienza e strategia. Con lui ha vinto la KTM, che sognava questo trionfo almeno quanto Meoni.

La prima vittoria della KTM in un rally era stata ottenuta proprio dall'italiano, nell' Incas Rally del 1990. L'ultima, in ordine di tempo, porta ancora la sua firma, ed è una vittoria delle più schiaccianti della storia recente della Parigi-Dakar.


di Piero Batini, foto Soldano-DPPI





Dakar (Senegal), 21 gennaio 2001 - Il vincitore della 23a edizione della Parigi-Dakar è Fabrizio Meoni. Ha 43 anni, è nato e vive a Castiglion Fiorentino. Sposato con Elena, ha un figlio, Gioele. Il suo compleanno è il 31 dicembre, dunque ne ha festeggiati parecchi durante la Dakar, corsa che ha disputato nove volte. Chiedo la sua biografia all'ufficio stampa, e mi scaricano una di quelle banalità del tipo che-macchina-ti-piace-la-tua-attrice-preferita-il-tuo-giorno-più-felice-cosa-ti-piace-mangiare. Mi arrabbio e vi racconto in due righe quello che so, visto che ci conosciamo abbastanza bene.

Fabrizio è la migliore parte di tutti noi della Dakar, con l'aggiunta di una grinta tutta sua, una enorme forza di volontà ed una determinazione da spaccalegna.
Il 6 gennaio 1996 ha vinto la sua prima speciale ad una Dakar, che quell’anno partiva da Granada e fu vinta da Orioli. Quel giorno ci siamo abbracciati e non ci siamo detti niente. Il 13 ed il 14 successivi, con la Honda preparata nella sua officina di Castiglion Fiorentino, ha battuto i mostri sacri della Dakar nelle due tappe denominate "dell'inferno verde", in Guinea e Senegal. Un abbraccio ancora sul traguardo, mi racconta prima una cosa buffa e poi mi dice, con gli occhi sparati fuori dalla felicità: "Ora so come si fa a vincere una tappa alla Dakar".

Ha vinto tutto, cominciando dalla Lima-Rio de Dios Acerbis con una 500 da cross preparata per quella missione, poi Tunisia, Egitto, il Master, le Baja. Mancava questa corsa, che lo aveva già visto sull'altare del podio e nella polvere, come a Tambacounda, fratturato, o lo scorso anno, con mille guai alla moto. Alla fine della scorsa Dakar Barbie Kenedi decise: la moto è questa e sarà questa, e la squadra la facciamo intorno a Meoni. Un lavoro perfetto, un pilota perfetto, una moto perfetta, una gara "impeccabile".
Oggi 21 gennaio 2001 Fabrizio è il vincitore della 23a Parigi-Dakar. Domani sarà la persona di sempre, come noi, il meglio di noi.


di Piero Batini, foto Soldano-DPPI





Dakar (Senegal), 21 gennaio 2001 - Giunto al secondo posto nella classifica finale, Jordi Arcarons è un asso del fuoristrada. Uno spagnolo purosangue, catalano autentico di Vic, ma con classe, simpatia ed un buonumore un po' all'inglese. Ha collezionato una serie impressionante (e frustrante) di podi, tre volte secondo (quattro con questa) alla Dakar. Ma mai uno spagnolo l'ha vinta, e dunque è il miglior iberico alla più dura corsa del mondo.

E' nato il 6 giugno 1962, è dunque uno degli “anziani”, per di più con 14 Dakar sulle spalle. Un campione di enduro trapiantato nelle maratone africane che ha dimostrato presto di essere uno dei più consistenti. Solo ci ha messo un po' prima di avere completa padronanza della navigazione. Ha talento ed è uomo ed atleta leale. Incapace di uno sgarbo, gentile anche quando soffre la posizione, come tutti i combattenti puri. Inoltre ha classe, talento motociclistico.

Arrivato a questa Dakar con l'immagine un po' triste dell'eterno secondo, ha dovuto affrontare una realtà dura, nel momento in cui l'evoluzione della corsa di quest'anno lo ha condannato ad un’ennesima delusione nella sua storia di campione. In molti, a un certo punto, sono andati a cercarlo per studiarne le reazioni, convinti di imbattersi in un leone in gabbia. Invece lo hanno trovato che scherzava con Meoni, che giocava a braccio di ferro con il pilota che lo avrebbe sconfitto ancora.

I più prevenuti hanno pensato che stesse facendo buon viso a cattivo gioco, che stesse covando la “vendetta”. Due giorni dopo ci ha pensato lo stesso Meoni a raccontare l'episodio che rispondeva definitivamente al malizioso interrogativo, e che Jordi si era tenuto per sé: ad aiutare Fabrizio a rialzarsi, a recuparare la moto dalla buca e a ripartire era stato proprio lo spagnolo. Che lo aveva salutato risalendo sereno sulla sua moto, definitivamente staccata di venti minuti.
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