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"Moto di protesta": in 2000 a Mandello

testo e foto di Nicola Andreetto il 25/09/2009 in Moto & Scooter

Gli operai della Moto Guzzi organizzano una manifestazione di protesta contro la smobilitazione della fabbrica di Mandello del Lario. E i clienti rispondono in massa: 2000 persone, 1500 moto. Quale altra azienda può vantare un simile attaccamento al marchio?

"Moto di protesta": in 2000 a Mandello
Christian dà un bacio sulla fronte al piccolo Enrico. Il suo primogenito ha sette mesi e dal seggiolone osserva il papà mentre si infila la giacca di pelle sopra alla maglietta Moto Guzzi. Fuori il cielo è piuttosto cupo e non perché sono le sette di mattina. Il nostro guzzista sembra consapevole che la minaccia della pioggia renderà soltanto più malinconico e stoico il suo piccolo sacrificio: oggi parteciperà al "Moto di Protesta", la giornata indetta dai sindacati e organizzata dagli operai della Guzzi che paventano il dislocamento della produzione negli altri stabilimenti Piaggio.
"Non sono un sentimentale, ma pensare che Enrico possa conoscere la Guzzi solo dai libri di storia mi mette un'enorme tristezza". Christian ha il muso lungo e l'amaro in bocca, cosa che raramente gli succede quando sta per salire in moto. "So che la mia firma non cambierà niente, ma mi sento di dover incoraggiare i lavoratori. Anch'io lavoro in una fabbrica e so come ci si sente. E poi la Guzzi è un simbolo di un certo tipo di Italia, quella che ama le piccole cose, la meccanica semplice, schietta. È l'Italia che vorrebbe vivere eternamente tra gli anni Cinquanta e Settanta, quella di chi preferisce la bottega di paese al supermercato, non so se mi spiego".

Si è spiegato benissimo. Sorride ad Angela e promette che non tarderà: il sabato è il giorno della famiglia, della spesa, dei lavoretti domestici e suo marito lo spenderà per fare quasi 500 km per una firma. Pensare che non si sente neppure un guzzista incallito: cinque anni fa è entrato in una concessionaria per acquistare una moto giapponese ma si è imbattuto in una V11 Sport usata ed è stato amore a prima vista. Un amore che egli stesso, dopo guasti, rotture ed evidenti scomodità non sa spiegare.
A Mandello del Lario piove, ma il parcheggio al 57 di via Parodi è comunque gremito di moto, sidecar e muli meccanici dei tempi bellici. Ci sono circa 2000 persone e 1500 Moto Guzzi, più qualche rappresentante di altri marchi accorso per solidarietà. Nell'aria c'è commozione e chi è abituato alle GMG (Giornate Mondiali Guzzi), la festa che ogni due anni viene dedicata al marchio, nota il clima differente: i sorrisi e l'allegria non mancano, ma l'euforia è tutta un'altra cosa. Davanti allo storico portone rosso sventolano bandiere con le sigle sindacali e le 1000 magliette commemorative terminano in pochi minuti. Sembra di essere ritornati alla fine dei Sessanta, fuori dalle fabbriche. Poi si parte per portare la lettera di protesta al presidente della provincia di Lecco che la accetta ma preferisce non sottoscriverla.
Forse teme di compromettersi, meglio cercare di mantenersi neutrale in questi casi. Il primo cittadino di Mandello, Riccardo Mariani, sottolinea invece con forza come la popolazione sia stretta attorno ai lavoratori e ricorda cosa significa la Guzzi ancora oggi per il suo paese: "Dal 1921 ci hanno lavorato più di 30 mila mandellesi. Chi può immaginare Maranello senza la Ferrari e la Ferrari senza Maranello? Ancora più forte è il legame della Guzzi con la cittadinanza che rappresento". Anche perché, aggiungiamo noi, è stata una storia sofferta. Vale la pena ricordare che la vicenda Guzzi si protrae da circa quattro decenni di gestioni più o meno illuminate e modelli più o meno riusciti. Tant'è che oggi molti di quelli che amano la Guzzi ne amano in buona sostanza la storia che non hanno potuto vivere direttamente. Per i 152 dipendenti di Mandello, però, non si tratta di passato. Almeno 50 di loro rischiano di cominciare il 2010 senza lavoro; 22 si dice siano pre-pensionabili, ma gli altri? Cinque anni fa all'inizio della gestione Piaggio, da tutti accolta come la definitiva occasione del rilancio, erano in 300. Oggi sono la metà e sono ancora troppi. Quello che li ferisce di più è la consapevolezza che quest'occasione si sia trasformata nell'ennesima delusione. Sono uomini e donne votati al sacrificio che riconoscono le difficoltà economiche, ma per loro costruire le Guzzi non è soltanto un posto di lavoro. Lo confermano gli occhi lucidi di Fabrizio Zucchi. Si vede che è uno tosto, che non molla, e forse anche per questo dai più giovani è indicato come una sorta di leader.
"Quando mi hanno assunto non ci volevo credere, era un sogno che si avverava. Sono un Guzzista, mio padre lavorava in Guzzi e mio nonno è morto di silicosi dopo aver lavorato per anni al reparto sabbiature. Per me non è solo una fabbrica, per tutta la gente di Mandello non lo è".
Sono tutti pronti a capire le motivazioni economiche della Piaggio senza il cui intervento avrebbero sicuramente già chiuso i battenti definitivamente, ma quello che reclamano è anche maggiore rispetto.
"Noi siamo la Guzzi" ripetono "non possono mandare i comunicati con su scritto Reparto Piaggio di Mandello. Avrebbero dovuto imparare ad ascoltarci qualche volta e forse anche le vendite andrebbero meglio: il Guzzista è un cliente particolare. I clienti di quale altra fabbrica di qualsiasi prodotto accorrerebbero sotto la pioggia per sostenere gli operai? Noi per primi conosciamo i clienti perché noi siamo i clienti, i nostri amici sono i clienti. Il problema non è solo qui, ora. Il problema è che non puoi pensare di proporre una moto solo perché ha l'aquila sul serbatoio o perché è stato economicamente favorevole costruirla! Chi viene qui e pensa di avere la soluzione in tasca dovrebbe andare in moto, andare tra i guzzisti, conoscerli, non solo fare i conti. E magari imparare a tagliare gli sprechi, non i posti di lavoro".
Sono le parole di chi da un anno non riesce a lavorare con continuità e sta perdendo il filo di una parte importante della propria vita. Christian, il papà guzzista, ascolta coinvolto, non solo perché quelle che ha davanti sono le persone che hanno costruito la sua moto ma perché amano il proprio lavoro. Ricorda loro le recenti dichiarazioni tranquillizzanti di Colaninno ma la risposta crea inquietudine: "Dice che non sposterà la Guzzi da Mandello, ma quello che non dice è che qui ci lascerà soltanto un indirizzo. Ancora un paio d'anni e non rimarrà nemmeno più una linea di assemblaggio". In effetti una progressiva riduzione dei reparti c'è stata e il timore potrebbe avere fondamento. Il marchio Guzzi potrebbe rimanere sui serbatoi di moto costruite in stabilimenti più moderni. È indubbio che il primo interesse di un industriale sia aumentare l'efficienza della propria azienda ed è risaputo che l'antico sito lariano non sia il più economico degli avamposti. Ciononostante la capacità produttiva parrebbe più che adeguata alle più rosee previsioni di vendita: a detta di chi ci lavora, costruire 7.000 moto all'anno nelle condizioni attuali sarebbe tutt'altro che impossibile. Il problema a quel punto sarebbe venderle, ma se si pensa che nelle condizioni attuali se ne vendono comunque tra le 3 e le 4.000 non pare essere un traguardo così impossibile.
Davanti all'ingresso c'è ancora il cartello che annuncia i lavori di ammodernamento e se la proprietà investe pare chiaro che non voglia abbandonare il luogo. Un operaio sorride amaramente all'osservazione:
"A dicembre e gennaio siamo stati fermi per la messa a norma degli impianti e per il primo lotto di ristrutturazione. Il secondo, che prevedeva dei miglioramenti al reparto produttivo, doveva iniziare ma non si è ancora visto niente. Però nella parte retrostante della fabbrica stanno preparando la nuova zona artigianale di Mandello. Questo è il piano: lasciare il posto ad altre aziende. Certo sulla facciata rimarrà scritto Moto Guzzi, ma dietro non rimarrà quasi niente".
Mario Venini è lapidario: "Faranno fare alla Guzzi la stessa fine della Gilera!". Dal 1983 è rappresentante Fiom Cgil e ne ha viste di tutti i colori: dalla gestione De Tomaso alla GBM, alla Finprogetti fino a Beggio. Ha il corpo stanco di chi ha lottato una vita contro i mulini a vento e gli occhi di un veterano di guerra. Il 5 ottobre gli operai della Guzzi ritorneranno dalla cassa integrazione dopo aver lavorato 3 settimane negli ultimi tre mesi, nel frattempo si godono le pacche sulle spalle e gli abbracci dei motociclisti accampati con tanto di tende tra il lido e la piazza del mercato e della popolazione di Mandello. Stretti attorno a quella che deve rimanere una fabbrica e non solo un marchio. Per ricordarlo c'è chi è partito dalla Germania, dall'Olanda e in otto sono venuti dalla Danimarca. A Parigi, chi non ha avuto il tempo di venire fino in Italia, ha organizzato una manifestazione alternativa di raccolta firme davanti al consolato italiano per salvare un amore che non si può spiegare, ma che sopravvive.
"Moto di protesta": in 2000 a Mandello
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