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Yamaha YZF-R1

il 11/07/2000 in Moto & Scooter

La punta di diamante della casa dei tre diapason sembra la stessa, ma tra il modello precedente e l'attuale, le modifiche sono state oltre 250

Yamaha YZF-R1


di Alberto Dell'Orto




Quando la Yamaha ha lanciato sul mercato nel 1998 la YZF R1 ha rivoluzionato il mondo delle hypersport: in un colpo solo ha imposto nuovi canoni di riferimento di rapporto peso-potenza e nelle caratteristiche di guida. 150 CV e 177 kg dichiarati erano (e rimangono tuttora) numeri che esprimevano assai meglio delle parole la mancanza di compromessi che aveva caratterizzato l'ideazione di questa moto.
Prestazioni elevatissime, maneggevolezza spinta al limite e una riduzione di peso prima impensabile ne avevano subito fatto una "moto da pista con la targa", dedicata ad un pubblico di amanti delle superprestazioni dotati di grande esperienza. Proprio la filosofia "no compromise" adottata dal marchio dei tre diapason nella progettazione e nello sviluppo del prodotto aveva definito una macchina sì prestazionale, ma che richiedeva anche un notevole impegno nella guida al limite, proprio in virtù della reattività della ciclistica e del motore.

Per la versione 2000 la casa di Iwata ha pensato e realizzato una completa rivisitazione della sua punta di diamante, ritoccandola in numerosissimi particolari perché si mantenesse al top della produzione mondiale. Le modifiche sono state rivolte nella direzione di una maggiore fruibilità sia della ciclistica (con aggiornamenti della forcella e del monoammortizzatore), sia della meccanica (la carburazione e la mappatura dell'anticipo sono state riviste), oltre che alla ricerca di una maggiore protettività del pilota (il trasparente è ora più alto) e di una migliore penetrazione aerodinamica, con la riprofilatura del cupolino.
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Difficile immaginare una moto di serie che esprima, già da ferma, la tensione sportiva come è capace di fare la R1. Le forme compatte (l'interasse è contenuto in 1395 mm) e le linee tese ed aggressive svelano subito allo spettatore le intenzioni di una moto che al suo apparire, nel 1997, ha ridefinito rivoluzionandoli gli standard del settore, creando tra sé e le concorrenti un solco che le altre Case hanno dovuto affrettarsi a colmare.

Ora, con questa versione "riveduta e corretta", la Yamaha è riuscita nell'intento di rendere ancora più incisiva e accattivante la sua ipersportiva. Il cupolino è stato ridisegnato per dare contemporaneamente un'impronta più aggressiva e migliori prestazioni aerodinamiche (si è anche sfruttato l'occasione per proteggere meglio il pilota dall'aria); il serbatoio ha leggermente mutato le forme per permettere movimenti in sella più fluidi e ridurre l'interferenza con le braccia.

A livello meccanico le modifiche hanno interessato tanto la ciclistica quanto il propulsore. La forcella è stata aggiornata adottando tarature più sportive di molle e idraulica e impiegando una nuova piastra inferiore, più leggera e flessibile. L'ammortizzatore posteriore è stato anch'esso rivisto per garantire prestazioni migliori e più costanti nel tempo. Il motore ha visto cambiare una serie di particolari (tra cui il sistema di selezione delle marce e la rapportatura della prima, ora più lunga); in più è stato dotato di iniezione d'aria nello scarico per rispettare la normativa Euro-1.


Il motore Yamaha è ricco di particolarità, pur rientrando in uno schema tecnico consolidato come quello dei "quattro in linea" bialbero raffreddati a liquido.

L'aspetto più caratteristico è la distribuzione a cinque valvole per cilindro, applicata per la prima volta in serie dalla FZ750 e impiegata in passato anche da svariati costruttori impegnati in Formula 1. I vantaggi rispetto alla soluzione a quattro valvole sono dati dalle maggiori sezioni di passaggio per i gas a parità di alesaggio e dalla riduzione della massa della singola valvola (il che permette di raggiungere regimi maggiori senza pericolo di "farfallamento"). Il rovescio della medaglia è dato dalla complessità meccanica significativamente maggiore (e quindi anche dai costi più alti) e dalla minore efficienza della camera di combustione (la superficie è più "tormentata"), anche se il posizionamento centrale della candela permette di ridurre gli svantaggi. La Yamaha è comunque riuscita a creare camere di scoppio molto compatte, tanto che il cielo dei pistoni è concavo.

Il cambio a sei marce, per contenere la lunghezza del motore, ha gli alberi sovrapposti, soluzione originale anche se non inedita (la impiegava la Motobi a cilindro orizzontale una trentina d'anni fa).

Il telaio a doppio trave ha forme non convenzionali e studiate anche in funzione dell'ergonomia del guidatore. La forcella upside-down ha mantenuto gli steli da 41 mm della precedente versione (meno rigidi ma più "comunicativi"), mentre il forcellone in alluminio, dotato di una robusta capriata di irrigidimento, è stato leggermente allungato.









Il primo contatto con la R1 è senz'altro emozionante: la posizione di guida è raccolta e caricata in avanti, con il peso del corpo a gravare sensibilmente sull'avantreno. In marcia si apprezza la possibilità di controllo permessa dalla posizione in sella, che consente di "dialogare" in modo molto sincero con il mezzo. Il merito è anche delle modifiche introdotte: la nuova piastra inferiore della forcella, caratterizzata da un'elasticita' controllata, ha sensibilmente migliorato la comunicativa dell'avantreno in inserimento di curva, mentre l'ammortizzatore posteriore permette al pneumatico di lavorare meglio anche in occasione di sconnessioni dell'asfalto in piega, migliorando le prestazioni di grip e di durata del pneumatico.

Certo, la R1 rimane una moto estremamente reattiva, molto pronta agli input trasmessi dal pilota, e per questo può creare qualche problema anche a guidatori con discreta esperienza: la veemenza in accelerazione porta la ruota anteriore a sollevarsi dall'asfalto ancora inserendo la terza marcia a 170 km/h indicati, mentre in uscita di curva è necessario saper dosare accuratamente il gas. L'operazione di sviluppo le ha regalato una migliore gestibilità e comunicativa, ma condurla al limite è ancora una possibilità destinata solo a conducenti esperti e sensibili.

A dispetto comunque della appagante difficoltà di spremerne le massime prestazioni, la guida in souplesse, magari in un misto non troppo stretto, è gratificante proprio in virtù delle doti di erogazione del motore (dotato di prima allungata per ridurre le reazioni in accelerazione), che permette di godersi un'uscita di curva sostenuta e pulita gia' a 4000 giri.

Ovviamente, vista la destinazione d'uso dichiaratamente pistaiola, l'impiego turistico è una pura possibilità teorica e al passeggero è riservato una sistemazione di fortuna, inadeguata ad una percorrenza superiore alla breve gita domenicale.





Motore: a 4 tempi, 4 cilindri in linea frontemarcia, raffreddamento a liquido, alesaggio e corsa 74 x 58 mm, cilindrata 998 cc, rapporto di compressione 11,8:1, distribuzione bialbero in testa a 5 valvole per cilindro con comando a catena, lubrificazione a carter umido. Alimentazione: 4 carburatori BDSR 40; capacita' serbatoio 18 litri. Accensione elettronica digitale.

Trasmissione: primaria a ingranaggi; frizione multidisco in bagno d'olio, comando a cavo; cambio in cascata a sei marce; finale a catena.

Ciclistica: telaio a doppio trave in alluminio Deltabox II, inclinazione cannotto sterzo 24°, avancorsa 92 mm. Sospensione anteriore: forcella upside-down, steli da 41 mm, escursione 135 mm; sospensione posteriore: forcellone in alluminio con monoammortizzatore, escursione 130 mm. Ruote: anteriore tubeless in lega leggera, pneumatico 120/70-17", posteriore tubeless in lega leggera, pneumatico 190/50-17". Freni: anteriore a doppio disco flottante di Ø 298 mm, pinze a 4 pistoncini contrapposti, posteriore a disco fisso di Ø 245 mm, pinza a 2 pistoncini contrapposti.

Dimensioni (in mm) e peso: interasse 1395 mm, lunghezza 2035 mm, larghezza 695 mm, altezza sella 815 mm. Peso a secco 175 kg.

Prestazioni dichiarate: potenza 150 CV (110,3 kW) a 10.000 giri, coppia 11 kgm (108 Nm) a 8500 giri.

Omologazione Euro-1: si'
Yamaha YZF-R1
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