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V-Roehr 1130: superbike made in USA

di Alan Cathcart, foto Tom Riles il 07/12/2007 in Moto & Scooter

Costruita da un appassionato di Chicago col motore della HD V-Rod, si presenta come l'unica maxisportiva prodotta integralmente in America

V-Roehr 1130: superbike made in USA
Tutti abbiamo un sogno nel cassetto, il più delle volte irrealizzabile, ma Walter Roehrich è riuscito a trasformare il suo in realtà, dando vita alla V-Roehr. Di sicuro, sua moglie deve essere una donna molto in gamba e soprattutto dotata di molta pazienza, visto che il 45enne di Chicago ha potuto portare avanti la sua ambiziosa avventura nel tempo libero, all'interno dell'officina di casa sua, al di fuori dell'orario di lavoro come meccanico specializzato in autovetture, dopo essere stato anche un tecnico aeronautico.

Adesso, dopo tanti sacrifici, i frutti sono pronti per essere raccolti: la Roehr Motorcycles sta infatti per fare la sua comparsa sul mercato come il più giovane marchio americano di mezzi a due ruote.
Nonostante che la prima moto partorita da questo nuovo brand impieghi il motore di una Harley-Davidson V-Rod e sia stata costruita al 100% negli Stati Uniti, essa rappresenta un prodotto molto diverso dalla classica bicilindrica custom a stelle e strisce. Questo perché non si tratta né di una cruiser, né di una chopper e nemmeno di una crossover come quelle create dai maghi del tuning Roland Sands e Jesse Rooke. E' invece una sportiva dal look radicale e accattivante che, proprio mentre Erik Buell sta lanciando un modello destinato a diventare "la prima Superbike americana" (la 1125R motorizzata Rotax), fa il suo debutto spinta da un motore che, ironia della sorte, viene costruito dai proprietari della Buell a Kansas City e non in Austria. Inoltre molti si aspettavano che la tanto attesa 1125R fosse una moto americana al 100%, mentre così non è, al contrario della V-Roehr...
La possibilità di guidare quest'ultima al suo debutto in pista sul tracciato di Joliet, nell'Illinois, appena sei settimane dopo essere stata ultimata, ha rappresentato un'occasione davvero rara, visto che, anche nella sua forma prototipale, si tratta pur sempre di una moto nata per correre.
Nel progettare la V-Roehr, Roerich - ex pilota di fuoristrada di origine tedesca con la passione per tecnica motoristica, figlio di un ingegnere meccanico - ha preso spunto dalla sua precedente esperienza su una special motorizzata con un 500 bicilindrico a due tempi dotato di due alberi motore, il cui propulsore era stato ottenuto impiegando alcune parti meccaniche della Yamaha YZ 250 da motocross racchiuse all’interno di un basamento realizzato artigianalmente, e su una sportiva spinta da un motore Highland da 936 cc che pensava di costruire in piccola serie fino a quando ha saputo che la fornitura del leggero e compatto bicilindrico svedese a V di 60° era cessata.
Tutto ciò ha comunque fornito a Roehrich gli spunti necessari per convincersi che un simile concetto di moto poteva funzionare, oltre a rappresentare un potenziale business. Doveva semplicemente trovare il motore giusto per realizzare il progetto che aveva in mente. Così, proprio mentre Erik Buell abbandonava la motorizzazione Haerly-Davidson per dare vita alla sua nuova supersportiva, Walter adottava il bicilindrico della V-Rod che, per sua fortuna, è anch’esso un V-twin di 60°.
“Mi sono presentato da un rivenditore e ho cominciato a prendere le misure del propulsore. Tutti sostengono che questa unità sia troppo grossa e pesante e, di conseguenza, poco adatta a una moto sportiva. Io, però, ero molto ottimista ed ero convinto che la cosa potesse ugualmente funzionare. In realtà il bicilindrico Harley della nuova generazione non è poi così lungo rispetto a un Ducati, tanto per fare un esempio. Perciò, mi sono messo a lavorare con un programma di CAD e mi sono reso conto che erano più numerosi i pregi, dovuti alla particolare archiettura del motore, che i difetti legati al suo peso di 93 Kg completo di corpi farfallati, anche se il bicilindrico che equipaggierà la V-Roehr non supererà gli 82 Kg grazie all’utilizzo di vari coperchi in magnesio e di un albero motore più leggero”.
“Ciò che conta, però, è che questo propulsore ha una gran coppia, è robusto e dunque predisposto per un ulteriore aumento delle prestazioni, oltre che molto facile da elaborare, come la stessa Harley-Davidson ha già dimostrato attraverso la versione Destroyer, impiegata nelle gare di accelerazione. Per questo ho comprato una V-Rod usata e ne ho prelevato il motore”.
Visto che la Harley-Davidson prevede anche la fornitura di motori sciolti e che esiste un vasto panorama di componenti destinati all’elaborazione di quest’ultimo, la possibilità di realizzare una sportiva compatta e relativamente leggera utilizzando il bicilindrico americano ha cominciato a prendere forma, anche se ha comunque rappresentato una notevole sfida dal punto di vista progettuale.
“Il tipo di motore che uno decide di utilizzare su una motocicletta – spiega Roehrich – fa sì che tutto il resto che le sta intorno venga impostato di conseguenza. Certe volte non c’è bisogno di pensare quale sia la miglior soluzione da adottare, visto che la più logica è già evidente. Sapevo che la misura dell’interasse avrebbe rappresentato uno dei fattori chiave, dal momento che il motore Revolution a V di 60° è comunque piuttosto lungo. Tuttavia, considerato il peso del propulsore, è stato possibile utilizzare questa circostanza come un vantaggio, andando a posizionare il bicilindrico nel punto che più si confaceva alla miglior distribuzione delle masse, cercando al tempo stesso di fare in modo che il forcellone, lungo 533 mm, avesse uno sviluppo tale da assicurare la dovuta trazione”.
Walter ha raggiunto lo scopo collocando il bicilindrico della V-Rod da 1130 cc – convertito alla trasmissione finale a catena per risparmiare peso – il più vicino possibile alla ruota anteriore, tanto che, con la forcella completamente compressa, il pneumatico arriva ad appena 6 mm di distanza dal propulsore. Così facendo, l’interasse che ne deriva è di soli 1422 mm, vale a dire 8 mm in meno di una Ducati 1098.
L’inclinazione del cannotto di sterzo della V-Roehr è di 23,5°, mentre l’avancorsa è di 89 mm, con una distribuzione dei pesi che vede il 52% della massa insistere sull’asse anteriore, per un peso totale di 193 Kg. Si tratta, dunque, di valori simili a quelli della moto di Borgo Panigale, ma ottenuti con il bicilindrico americano a quattro valvole con raffreddamento a liquido. Per guadagnare quote così contenute, comunque, si è dovuti ricorrere a una coppia di radiatori laterali di derivazione Honda VTR 1000 SP-2 per il circuito di raffreddamento, che Roehrich sta già pensando di realizzare in proprio, in modo da ottenere una compattezza ancora superiore. Le teste del motore V-Rod sembrano raffreddate ad aria, anche se le alette che le caratterizzano hanno una funzione puramente estetica, come spiega il designer della Harley-Davidson, Willy G: “E’ come un uomo senza i capezzoli. Anche se non gli servono a niente è giusto che li abbia...”. Come dargli torto!
Per creare il telaio composito della V-Roehr, Roehrich ha scelto un inedito mix di materiali, combinando la fibra di carbonio, con cui è realizzata la struttura del sottosella, con gli elementi scatolati del telaio, peculiarità dei costruttori giapponesi, realizzati però in cromo molibdeno come i tralicci di Ducati e KTM.
Questo insieme arriva a pesare solo 12,7 Kg, comprese le due piastre laterali in alluminio ricavato dal pieno sulle quali è infulcrato il perno del forcellone e a cui è incollato e avvitato il doppio trave in acciaio a sezione rettangolare. “Il telaio della V-Roehr è molto semplice, robusto e facile da produrre, grazie all’impiego della tecnologia Deltabox applicata all’acciaio invece che all’alluminio – spiega Roehrich – Questa scelta, infatti, non comporta grandi svantaggi in termini di peso, ma allo stesso tempo garantisce grandi benefici a livello di rigidità, oltre a offrire caratteristiche flessionali e torsionali che si traducono in un ottimo feedback trasmesso al pilota. Le Ducati sono famose nel mondo per il feeling di guida che il loro telaio è in grado di garantire, ma io credo che quello della V-Roehr faccia addirittura di meglio, perché coniuga la robustezza di un deltabox in alluminio con la comunicativa di un telaio in acciaio”.
Il serbatoio da 15 litri, del quale è prevista un’ulteriore maggiorazione fino a 18 litri, è alloggiato dietro e sotto la sella, e si estende fino a costituire l’attacco superiore dell’ammortizzatore, con una coppia di paratie che lo proteggono dal calore sprigionato dai silenziatori di scarico della Yamaha R1, posti al termine di un impianto artigianale di tipo 4 in 2 in 1 con collettori di grosso di diametro. In questo modo, dove di solito viene a trovarsi il tradizionale serbatoio del carburante si è potuto realizzare un airbox da ben 15 litri di capacità, attraverso il quale respirano due corpi farfallati da 54 mm della Magneti Marelli, abbinati al filtro dell’aria originale della V-Rod, dalla quale provengono anche la centralina elettronica e i cablaggi elettrici, pur se le prestazioni sono state aggiornate attraverso una nuova mappatura della centralina stessa, messa a punto da Roehrich, grazie al software utilizzato nelle competizioni dalla Harley-Davidson.
Anche il forcellone, di tipo tradizionale, è realizzato in acciaio, tuttavia è in via di sviluppo un’unità monobraccio realizzata in alluminio che agirà, senza l’interposizione di leveraggi, direttamente su un monoammortizzatore Öhlins dotato di tutte le regolazioni e prelevato, così come la forcella, da una Ducati 999S. Di provenienza analoga sono anche le ruote Marchesini e le pinze Brembo dell’impianto frenante anteriore, che però non presentano il più moderno ed efficace attacco radiale.
Nonostante che le forme della carenatura in fibra di carbonio richiamino quelle del bicilindrico bolognese, la V-Roehr è ben lungi dal poter essere considerata una 999 motorizzata Harley e accessoriata con un gruppo ottico posteriore prelevato dal catalogo della Custom Chrome. Quello anteriore proviene invece da una Buell Firebolt ed è montato all’interno di appositi incavi realizzati sul cupolino. Il design della V-Roher è opera dello stesso Walter e non di stilisti professionisti, anche se Roehrich ammette che le sovrastrutture sono probabilmente l’ultima cosa alla quale ha pensato mentre dava vita alla sua moto.
A giudicare dai commenti rilasciati sui blog e sui forum specializzati in seguito alla diffusione delle prime immagini della V-Roehr, sembra però che il design abbia suscitato numerosi consensi. E’ lecito comunque domandarsi se questo modello sia destinato a rimanere una sorta di special oppure se riuscirà a entrare in produzione, seppur limitata, andando a competere sul mercato come una sportiva americana al 100%, con tanto di bandiere a stelle e strisce sulle fiancate.
“Il mio obiettivo è di produrre la moto assemblandola a mano, dunque in pochi esemplari all’anno – spiega Walter – Il prezzo che ho in mente è di 39.900 dollari. Si tratta di un investimento impegnativo e chi sarà disposto a spendere una cifra simile si aspetterà senz’altro qualcosa in più dei 120 CV che è in grado di erogare il motore della V-Rod”.
Purtroppo, il bicilindrico di 1130 cc (100 x 76 mm) non può essere maggiorato aumentando la corsa, visto la mancaza di spazio all’interno del basamento. “La stessa Harley-Davidson ha introdotto una versione di 1250 cc del propulsore della V-Rod, ma non sembra che i risultati siano validi, visto che è stata mantenuta la stessa corsa, aumentando l’alesaggio fino a 105 mm. Tuttavia, sarò probabilmente costretto a utilizzare questa unità, essendo l’unica che la Casa di Milwaukee ha intenzione di vendermi. Non intendo neppure prendere in considerazione l’idea di realizzare in proprio un motore, visto che è già piuttosto complicato assemblare una motocicletta partendo da zero. Se non altro, comunque, il bicilindrico Harley può contare su una quantità infinita di componenti aftermarket per elaborarne le prestazioni. Sto infatti cercando di realizzare un motore a corsa corta, con pistoni Wiseco da 107,95 mm di alesaggio che, abbinati a una corsa di 65 mm, produrrebbero una cilindrata di 1190 cc, cosa che darebbe, tra l’altro, anche la possibilità di partecipare al Mondiale Superbike in virtù dei nuovi regolamenti, che permettono ai bicilindrici una cilindrata massima di 1200 cc. Inoltre, ci sono gruppi termici che possono essere ripresi dal motore della V-Rod Destroyer che partecipa alle gare di accelerazione. Grazie a valvole più grosse, ai condotti di aspirazione e scarico ridisegnati e a una diversa fluidodinamica, infatti, quel motore riesce a raggiungere i 13.500 giri, mentre quello della V-Rod ha il limitatore posto già a 9.500. Penso che il metodo per sfruttare al massimo il potenziale di questa unità sia quello di farla girare in alto. In questo modo, dovrebbe essere possibile il raggiungimento di una potenza massima pari a 170 CV, che rappresenta il mio obiettivo per un’eventuale versione R della V-Roehr”.
Ciò che abbiamo davanti in questo momento, dunque, è un prototipo ancora in fase di sviluppo, il primo passo di una sorta di Bimota motorizzata Harley-Davidson, nata e cresciuta negli Stati Uniti. Tuttavia, Roehrich è arrivato al punto che, per mettere in produzione la V-Roehr, ha bisogno di un finanziatore. “Sto cercando qualcuno che mi metta a disposizione il capitale necessario per portare la Roehr Motorcycles a un livello superiore. All’inizio, questa era solo una passione che svolgevo nel mio tempo libero. Così è stato per ben 15 anni, ma adesso, dopo che mi sono occupato della progettazione dell’intero veicolo, dal telaio alle sovrastrutture, e della sua realizzazione, pagando tutto di tasca mia, questa passione si è trasformata in un lavoro a tempo pieno. La mia pianificazione prevede, nel primo anno di attività, la costruzione di 50 esemplari, equipaggiati con carenatura in fibra di carbonio, forcellone monobraccio, pinze dei freni anteriori ad attacco radiale, ruote in alluminio forgiato, da vendere a un prezzo di 39.900 dollari. Il capitale necessario per dare il via a questa operazione è di 500.000 dollari. In questo modo, la Roehr Motorcycles sarebbe in grado di camminare con le sue gambe, producendo una moderna sportiva motorizzata con il miglior motore americano oggi esistente. Mi servono dunque dei partner che condividano con me questo sogno”.
In quest’ottica, l’arrivo sul mercato della nuova Buell 1125 R, motorizzata con un bicilindrico Rotax completamente nuovo, non dovrebbe certo favorire il progetto di Walter. “In realtà, quando ho sentito che Buell stava realizzando una sportiva con un motore europeo, la mia reazione è stata di entusiasmo, perché in questo modo, per me, si prospetta la possibilità di diventare l’unico costruttore a produrre una sportiva americana al 100%. In ogni caso, poi, i due prodotti in questione si differenziano nettamente sia come posizionamento, sia come fascia di prezzo. Diciamo che la Roher sta alla Buell come la Bimota sta alla Ducati. Spero dunque che i cultori delle moto sportive americane possano finalmente avere ciò che aspettano da tanto tempo, grazie all’intervento di chi vorrà sponsorizzare la mia iniziativa.”
Per il test della V-Roehr 1130, ho incontrato Walter Roehrich presso il Country Club che è solito frequentare, nell’hinterland di Chicago. Pensate che nei 350 acri che compongono questa struttura non ci sono campi da golf, ma ben due circuiti separati, rispettivamente di 2,1 e 1,5 miglia, che i soci percorrono alla guida delle loro auto e moto. E’ stato sul tracciato più lungo che ho avuto l’occasione di provare la V-Roehr motorizzata Harley-Davidson. A dire la verità, la superficie dell’asfalto era piuttosto accidentata, in virtù delle spaccature formatesi nel rigido inverno del Midwest.
Una volta a bordo, ci si accorge di come la sella, alta 800 mm da terra, i manubri e le pedane individuino una posizione di guida bilanciata ed ergonomica. Tra l’altro, a differenza di quanto succede sulla maggior parte delle supersportive, gli specchietti non sono affetti da eccessive vibrazioni e offrono una discreta visuale di ciò che succede alle spalle del conducente. Inoltre i comandi risultano morbidi e precisi, con quelli al manubrio, di tipo radiale, dotati di regolazione della distanza dalle rispettive manopole. La V-Roehr dà la sensazione di essere al tempo stesso snella e spaziosa: il piano di seduta, infatti, offre una discreta possibilità di movimento, in modo da ottimizzare la distribuzione dei pesi in frenata e in uscita dalle curve. Sul lato destro, la luce a terra è eccellente, ben al di sopra dei limiti concessi dai Pirelli Diablo Corsa che, al posteriore, prevedono una misura di 180/55 imposta dal cerchio Marchesini di 5,50”.
Viste le doti del propulsore, sarebbe stata certamente più indicata una gomma da 190/50 montata su un cerchio di 6,00”, in modo da garantire più appoggio nella fase di trazione, anche se in questo modo, la moto risulta più maneggevole da guidare nei rapidi cambi di direzione. Sul lato sinistro, invece, è piuttosto facile toccare l’asfalto con la stampella laterale. Si tratta di un difetto risolvibile facilmente, anche se può comportare il sollevamento nelle pieghe più accentuate e, dunque, è bene che Walter vi ponga rimedio prima che la moto entri in produzione. Tuttavia, anche in tali particolari circostanze, la ciclistica della Roehr non va mai in crisi, segno evidente che il progetto di base risulta azzeccato.
Qualcuno potrebbe tuttavia obbiettare che, con un motore che eroga la potenza di una Supersport sul telaio di una Superbike, è ovvio che non vi siano reazioni indesiderate da parte della ciclistica. Sono 120, infatti, i cavalli che il motore della Harley-Davidson V-Rod è in grado di erogare nella sua configurazione originale. A riprova di ciò sono serviti alcuni giri effettuati dietro a una Ducati 999S, che hanno dimostrato come la Roehr sia perfettamente a suo agio nei punti guidati, mentre soffra decisamente in accelerazione nei confronti del bicilindrico italiano.
Oltre alla minor potenza, la grande differenza consiste anche nella rapportatura del cambio. Con cinque sole marce, infatti, il motore Harley non si esprime certo al meglio delle sue possibilità, anche se il gran tiro a disposizione già a partire dai bassissimi regimi mitiga in parte la situazione. Dai 3000 giri in poi, il bicilindrico cambia ulteriormente registro, arrivando fino a superare i 7000 giri con grande slancio. L’accelerazione che ne consegue, però, è decisa, ma non esplosiva, tuttavia, il motore prosegue la sua corsa fino al limitatore, posto a 9500 giri, senza stemperarsi, ma anzi continuando a spingere con vigore.
La particolare maneggevolezza della V-Roehr incoraggia ad usare le marce alte, in modo da massimizzare la velocità di percorrenza anche nelle curve più strette. L’anteriore Pirelli da 120/70 risulta letteralmente incollato all’asfalto e permette di mantenere la traiettoria impostata con una precisione millimetrica, ben supportato dalla forcella Öhlins che digerisce le asperità del terreno, anche le più pronunciate, senza battere ciglio. In poche parole, a livello di geometrie di sterzo la V-Roehr è decisamente nata bene, al pari delle Ducati più quotate. Anche in piena piega, infatti, la stabilità rimane sempre notevole, cosa che incoraggia chi guida a forzare sempre un po’ di più nei tratti veloci, dove la bicilindrica americana non ha mai reazioni nervose, né tanto meno perdite di aderenza improvvise. Nulla da dire anche sul lavoro delle sospensioni, anche se l’ammortizzatore trarrebbe ulteriori vantaggi dall’adozione di un sistema di leveraggi progressivi, visto che a livello di freni idraulici era già settato al limite dei registri.
Dove la V-Roehr si rivela particolarmente efficace è nell’inserimento in curva, dove risulta davvero solida e allo stesso tempo elargisce al pilota una confidenza tale che gli permette di mantenere una velocità molto alta in questa fase. Anche la potenza frenante è discreta, senza contare che la moto rimane sempre stabile, pur nelle staccate al limite. A tal proposito, però, si fa sentire l’assenza di una frizione antisaltellamento, in particolar modo per via del cambio a cinque rapporti, che costringe a scalare spesso in prima marcia per affrontare le curve più strette, con il rischio che il retrotreno inneschi un po’ di chattering.
Dopo un giorno speso a guidare la V-Roehr mi sono convinto che questa moto rappresenti un pacchetto davvero promettente. Si tratta di una moto molto vicina al livello di sviluppo ideale per essere messa in produzione e la sua bontà progettuale risulta evidente. A Roehrich basterà apportare pochi interventi sul prototipo per ottenere un mezzo con tutte le carte in regola per fare il suo debutto sul mercato. Al di là di ogni considerazione sul prezzo d’acquisto, tuttavia, è evidente che la clientela alla quale si rivolge la Roehr è ben diversa da quella di Ducati, Aprilia, KTM e, ovviamente, Buell.
La sua ottima guidabilità, l’apprezzabile ergonomia e la generosa erogazione del motore ne fanno un mezzo che fa comparire un sorriso sul volto di chi è alla guida. Certo, a livello di prestazioni pure siamo ancora lontani dalla Ducati 1098 o dalla Buell 1125 R, ma per quanto riguarda le doti ciclistiche la V-Roehr non ha nulla da invidiare alle più blasonate sportive, neanche in pista. Tutto ciò rappresenta senz’altro il frutto del talento e della tenacia di Walter Roehrich, che non solo è riuscito a dar forma al suo sogno nel cassetto, ma ha addirittura fatto sì che il sogno funzioni come si deve!
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