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Kawasaki Z750

il 28/10/2003 in Moto & Scooter

Dimenticate la ZR-7, questa è cattiva sul serio. 110 cavalli facili facili e un prezzo d’assalto la rendono una scelta al tempo stesso furba ed elettrizzante

Kawasaki Z750
cheap



Nel viaggio verso Malaga, noi giornalisti sembravamo un parco ornitologico, almeno acusticamente. No, non sono impazzito, è che non mi è mai capitato di sentir pronunciare tanto spesso di fila la parola . Secondo le nostre previsioni, infatti, cheap dovevano essere le finiture della Z750, cheap i freni e la ciclistica tutta, cheap lo scarico.

Già: un cinguettìo unanime di scarsa aspettativa verso una naked al cui look, pur certamente mascolino e alla moda, già si erano abituati gli occhi degli appassionati (dopo l’uscita della Z1000), e che sembrava dover essere solo una sorta di “gioco al ribasso” partendo dall’ottima base della sorellona da un litro di cilindrata.



Ebbene, Kawasaki ha giocato molto bene, ottimamente anzi, le proprie carte, tenendole nascoste fino all’ultimo. Solo durante la conferenza stampa (nel faraonico hotel Torrequebrada di Benalmadena, vicino Torremolinos), infatti, abbiamo appreso due dati fondamentali, che l’ufficio stampa, con occhio lungo, aveva deciso di non divulgare durante il Salone di Milano: il primo è la potenza del motore, ben 110 cavalli, cioè una buona dozzina in più rispetto alla concorrenza (Hornet e Fazer 600, per essere schietti, ma anche Ducati Monster 620).



L’altro è il prezzo: 7.290 euro. Proprio così: meno di tutte le rivali, esattamente il contrario di quello che ci saremmo aspettati. A quel punto ci siamo gettati a testa bassa verso l’esemplare esposto in sala, toccando, scandagliando per trovare conferma delle nostre aspettative di penuria.
Niente, tranne qualche assemblaggio e qualche piccolo particolare cui il grande pubblico è probabilmente pronto a passar sopra. La voglia di provare la moto su strada, a questo punto, era palpabile tra tutti noi, colleghi spagnoli e svizzeri compresi. Ma abbiamo dovuto aspettare il giorno successivo... la voglia di cinguettare, intanto, ci era passata.



La Z1000 è stato un bel pugno nei denti per tutti. Una prova di forza con la quale il gigante di Akashi ha annunciato la riscossa, sfoderando quella grinta e quello stile che ultimamente sembravano un po’ appannati. Tutto, dunque, doveva essere estremo, pazzo: Il vero termine di paragone, non a caso, era la Triumph Speed Triple, che della “pazzia” aveva fatto la propria bandiera, ottenendo un indice di gradimento altissimo. Ebbene, la settemmezzo rinuncia in parte a quella componente folle, pur mantenendo inalterato lo stile della mille nei suoi caratteri generali. Identici sono il serbatoio dagli spigoli aguzzi, i parafanghi affilati e quel codone da tutti riconosciuto come un capolavoro estetico.


Molto simile, ma non uguale, è invece il cupolino, che nella sagoma include due deflettori laterali per deviare più efficacemente l’aria da petto e spalle del pilota. Scomparsi coperchio del filtro aria e cerchi in tinta con la carrozzeria (ora sono neri) e diamo addio anche ai quattro terminali di scarico, forse l’elemento in assoluto più caratterizzante della Z1000. Ora c’è un più concreto quattro in uno in acciaio (peraltro l’unico a sezione ovale in questa categoria). Anche i colori sono un po’ più sobri. Via l’arancione e il verde acido, al tradizionale nero si affiancano un rosso fiammante e un blu pastello forse un po’ plasticoso... ma qui è veramente questione di gusti. Ci è piaciuto poco il manubrio, in un unico tubo nero finito un po’ sommariamente, che avremmo anche gradito un po’ più alto.



Che voi siate motard alle prime armi o vecchi volponi del manubrio, la Z750 può risultare comunque una scelta gratificante. Se il neopatentato ha quel minimo di sale in zucca che lo induca a non spalancare il gas inopportunamente, la nuda giapponese lo può essere una perfetta nave scuola, perchè non mette mai in difficoltà: è leggera come una seicento, ha comandi morbidi, freni dall’azione progressiva che perdonano la pinzatina d’istinto in mezzo alla curva... e poi, ovviamente, il quattro cilindri non ha le brusche risposte dei twin ai bassi che possono mettere in difficoltà in uscita di curva.



Allo stesso tempo, in mani esperte, la “piccola” Z diventa un demonietto: nel traffico saetta come uno scooter, e permette, grazie alla grande potenza e alla sostanziosa coppia, numeri alla Joe Bar che con la ZR-7 sarebbero stati impensabili.
Le vibrazioni sono poche, e la posizione di guida è comoda: ipotizzare un viaggio lungo, tuttavia, è sconveniente, come con qualsiasi naked.



Pensare ad una trasferta in due, poi, può diventare un errore drammatico se si prevede di fare molti chilometri: il passeggero, infatti, ha un sellino ben sagomato, ma posizionato troppo in alto (come pure le pedane) e, soprattutto, non ha nulla a che appigliarsi, tranne la (inutile) cinghietta fissata proprio ai lati della sella.
La strumentazione è mutuata dalla Z1000, quindi compattissima (forse fin troppo piccola): un unico cerchio completamente digitale, che dà, comunque, tutte le indicazioni che ci si aspetta di trovare.



L’operazione più ovvia sembrava quella di fare una Z1000 un po’ più piccola, adattando la componentistica alla minore potenza. In parte è così (da notare c’è comunque il fato che a ridursi sia l’alesaggio e non la corsa, per favorire la coppia in basso), ma Kawasaki non ama le ovvietà, e parte del progetto deriva nientemeno che dalla ZX-9R. La Z750 ha l’iniezione elettronica, con corpi farfallati di 34 mm e doppia valvola a farfalla. Proprio l’iniezione, assieme al catalizzatore allo scarico, fa sì che la naked giapponese possa rispettare le norme Euro 2 antiinquinamento.



Il telaio è il “solito” diamante, un monotrave sdoppiato in acciaio dall’interasse di pochi millimetri più corto rispetto a quello della mille. I cambiamenti importanti stanno però nelle sospensioni: la forcella non è regolabile, e ha steli tradizionali un po’ esilini (41 mm). Al retrotreno c’è invece un efficace (ma non bellissimo) forcellone bibraccio regolabile nel precarico e in estensione. Un po’ di economia anche nei freni: due dischi da 300 mm con pinze Nissin davanti, e un disco da 220 con pinza a pistoncino singolo al posteriore.



Se il difetto tipico delle naked potenti, ma di cilindrata media, è quello di dare tutto in alto, la Z750 mette subito in chiaro di non aver ha nulla a che spartire con la concorrenza. Il motore è di una fluidità sorprendente anche per un quattro cilindri, e, se l’obiettivo non è il tempo in pista, anche la coppia in uscita di curva non delude mai. La Z750 è in grado di trottare in sesta su strade tortuose in salita, senza strappare mai. Davvero eccellente. Quando poi si vuole tirare, i 110 cavalli si sentono tutti: con un collo taurino e tanto senso del sacrificio si possono vedere i 250 km/h.

Personalmente ho molto apprezzato la taratura della forcella: sulle belle curve della strada verso Ronda, la nuda Kawasaki si è dimostrata estremamente sincera, merito anche delle coperture di serie (Bridegestone Battlax), non rapidissime in inserimento ma capaci di garantire sempre un buon grip. Simile il discorso per il forcellone, che monta un ammortizzatore che, nella taratura standard, risulta duretto (ma c’è da dire che io son un peso leggero) ma mai legnoso.
Per finire, i freni: secondo noi si addicono più al neofita che al pilota esperto, visto che sono forse un filo troppo graduali nell’azione. Le pinze, comunque, pur nel continuo avanti e inditro sulle curve della Costa del Sol, non hanno mai dato segni di stanchezza.



Motore: 4 cilindri, quattro tempi, raffreddamento a liquido, 748 cc, alesaggio x corsa 68,4 x 50,9 mm, poternza massima 110 cv a 11.000 giri, coppia massima 75 Nm a 8.200 giri, alimentazione a iniezione elettronica. Accensione elettronica, avviamento elettrico.
Omologazione Euro 2.

Trasmissione: cambio a sei marce, finale a catena.

Ciclistica: telaio monotrave sdoppiato in acciaio, sospensioni: forcella tradizionale con steli da 41 mm, forcellone con monoammortizzatore idraulico regolabile in estensione e nel precarico molla. Freni: anteriore doppio disco da 300 mm con pinze a quattro pistoncini, posteriore disco singolo da 220 mm con pinza a singolo pistoncino. Cerchi da 17", pneumatici: 120/70 e 180/55.

Dimensioni e pesi: lunghezza 2.080 mm, interasse 1.420 mm, altezza sella 810 mm, peso 195 kg, capacità serbatoio 18 L.

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