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Chiqane III: il futuro in prova

il 28/04/2004 in Moto & Scooter

Questo prototipo, motorizzato Aprilia e guardato con grande attenzione dalla Casa di Noale, rappresenta l’ennesimo tentativo di avantreno innovativo con mozzo sterzante. È la terza versione, e Cathcart dice che ora funziona...

Chiqane III: il futuro in prova
Roel van der Heide, il costruttore della Chiqane

di Alan Cathcart, foto Kyoichi Nakamura



La moto oggetto di questa prova è stata realizzata dal designer olandese Roel van der Heide, un fautore del pensiero alternativo in tema di telai, e rappresenta la terza versione di un progetto che ebbi modo di verificare praticamente già nel 1998, su invito dello stesso vd Heide, quando provai sul circuito di Zandwoort la Chiqane I, un prototipo spinto dal motore bicilindrico a V di 52° da 60 CV della Honda Hawk, che mi apparve subito assai carente di sviluppo e con problemi di stabilità.


Dopo questa prima esperienza, vd Heide decise di incrementare la cilindrata adottando un motore di 1000 cc, convinto che fosse la soluzione ideale per mettere davvero alla prova la reale efficacia delle soluzioni ciclistiche da lui propugnate.

La Chiqane II apparve quindi nel 1999, come prototipo per la categoria BoTT, motorizzata con un propulsore Folan 950 cc bicilindrico a V di 60° costruito in Svezia e derivato dall’Husaberg, che, pur rivelatosi sufficientemente potente, mostrò il suo tallone d’Achille nelle devastanti vibrazioni, dovute all’assenza di un qualsiasi albero di bilanciamento.
Costretto ancora una volta a cambiare il motore, ma desiderando mantenere la configurazione a V longitudinale di 60°, per via della compatezza dimensionale, paragonata a quella di un V di 90°, al progettista olandese non rimaneva che una scelta: l’Aprilia, e qui Roel fu favorito dall’essere conterraneo di Jan Witteveen, l’ingegnere olandese capo del reparto corse della Casa di Noale, che accolse favorevolmente le sue richieste di aiuto.


“Witteveen accettò di dare un’occhiata da vicino a ciò che stavamo facendo – racconta Roel – e ne ricavò una buona impressione”. Il risultato fu che l’Aprilia adottò il progetto Chiqane III come appendice staccata del suo reparto esperienze, fornendo a vd Heide un motore RSV1000R in configurazione 2002 e un kit di ricambi, così come la metà posteriore di un telaio della RSV1000R, da cui avrebbe preso forma il nuovo prototipo.
Si stabilìcontinua il tecnico olandese – che appena avessi completato la moto, l’Aprilia l’avrebbe esaminata e provata in Italia, riservandosi di adottare in un modo o nell’altro le soluzioni proposte se fossero state di suo gradimento. Così finalmente abbiamo avuto un obiettivo concreto per cui lavorare!”.

In realtà, che cosa poteva offrire la Chiqane che potesse interessare l’Aprilia?
“Il mio intento costruendo questi prototipi è sempre stato di separare le funzioni dei freni, delle sospensioni e dello sterzo – spiega Roel, che prima di darsi al libero pensiero sulle moto stradali era stato uno specialista del fuoristrada – In tanti hanno provato prima di me a proporre qualcosa di nuovo rispetto alla configurazione dei telai oggi imperante; molti di loro erano molto bravi e decisamente più esperti di me in ingegneria, come la Elf, la Bimota, la Yamaha e la Fior, ma tutti sembravano volersi cacciare nei guai coi loro progetti, che avevano controindicazioni sufficienti a far sì che i concetti fossero inapplicabili”.



“L’unico che secondo me poteva andare bene era il progetto inglese ASP, del quale apprezzavo anche la simmetria estetica, avendo un forcellone anteriore bibraccio anziché monobraccio, che in ogni caso dà un’impressione di sbilanciamento. Questa è una delle ragioni per cui decisi di usare un bibraccio sulle Chiqane, scegliendo anche di adottare due distinti ammortizzatori per ottenere un miglior bilanciamento e maggior rigidità; oltretutto un bibraccio è anche più leggero, in quanto il braccio singolo porta a realizzazioni più robuste e pesanti”.



L’erede della Chiqane I, di cui ricordo anche troppo bene i gravi problemi di stabilità e di guida, è lontana anni luce dalla progenitrice; la versione motorizzata Aprilia si guida infatti che è un piacere, anche se ha certamente ancora bisogno di una messa a punto più accurata. Ma 30 giri ad Assen, intervallati da diverse fermate per apportare le regolazioni del caso, mi hanno convinto che Roel van der Heide non solo abbia risolto i problemi della Chiqane I, ma che sia anche sulla strada giusta per proporre un effettivo miglioramento rispetto alla forcella tradizionale.

Guidando la Chiqane III ti accorgi subito che l’avantreno non va “a pacco” come succedeva col primo prototipo, che ti costringeva a percorrere una curva veloce con la sospensione compressa a fondo corsa. Ripensando ai miei tre anni di gare in sella alla Bimota Tesi ufficiale, ricordo che una moto a mozzo sterzante sembra sempre più instabile di una moto con forcelle tradizionale mal regolata, ma questa sensazione non l’ho percepita guidando la Chiqane III, segno evidente che su questa moto è stato fatto un eccellente lavoro che ha portato alla soluzione di uno dei maggiori difetti delle moto simili che l’hanno preceduta.



A differenza dei primi due prototipi Chiqane, dotati di telaio interamente disegnato da vd Heide, la Chiqane III utilizza gran parte di un telaio a doppio montante diagonale dell’Aprilia RSV Mille, modificato per ospitare il forcellone anteriore, imperniato su una struttura a sua volta imbullonata al corpo principale. Il forcellone agisce su due ammortizzatori WP totalmente regolabili e fissati direttamente ai montanti del telaio in modo da creare una sospensione a doppio parallelogramma.
Il mozzo sterzante è azionato dal manubrio, montato su cuscinetti a sfere, attraverso un braccio che agisce indirettamente sul giunto a sfera del mozzo stesso. I rinvii finali sono nascosti dai supporti laterali del parafango. La ruota anteriore è una Dymag speciale in fibra di carbonio e Dymag è anche la posteriore, supportata però dal forcellone monobraccio standard dell’Aprilia, modificato da Roel nei leveraggi della sospensione.



Il principale vantaggio del sistema ideato e realizzato da vd Heide è dato dal fatto che, grazie alla più sofisticata sospensione anteriore, l’avantreno della moto trasmette moltissima sensibilità, tanto che non è solo possibile “sentire” molto bene la strada, ma anche percepire esattamente che cosa stia facendo la gomma anteriore Pirelli Diablo.
La Chiqane III è assolutamente neutra e il suo comportamento ben prevedibile, inoltre perdona facilmente gli eccessi. Diverse volte mi è capitato di impennare la ruota in accelerazione in uscita dalla chicane di Assen e il peggio che mi è capitato è stata qualche oscillazione del manubrio, presto azzeratasi in modo autonomo. A paragone delle possibilità di regolazione dell’avantreno della Chiqane III, anche una forcella upside-down ultraregistrabile sta come una musicassetta a un compact disk, o un film in VHS a un DVD...

Chiqane III: il futuro in prova
Roel van der Heide, il costruttore della Chiqane

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