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Buell Blast!

il 01/10/2000 in Moto & Scooter

Un punto esclamativo caratterizza il nome di una moto, effettivamente, fuori dal comune. Per lo meno per il marchio che porta. Prestazioni e impegno di guida contenuti, ma con un sapore particolare. Per ora non è prevista l'esportazione fuori dagli U.S.A.

Buell Blast!


di Alan Cathcart
foto Kyoichi Nakamura




La possibilità di fidelizzare un cliente fin dalla giovane età è un problema che tutte le Case sentono, anche se molte hanno lasciato che fossero altri a far entrare nel mondo delle due ruote i possibili clienti. In passato sono stati i giapponesi, affiancati dagli italiani a produrre la prima moto di moltissimi ragazzi (i giovani latini, però, hanno ormai abbandonato i sibilanti missili carenati per avvicinarsi decisamente agli scooter), ma spesso il passaggio successivo era verso le quattro ruote.


Per questo l'Harley-Davidson ha deciso di produrre una piccola monociclindrica 500 da 34 CV che, pur con un impegno economico e di guida limitato, offrisse al proprietario un'inconfondibile personalità, che potesse poi costituire un ponte verso il successivo acquisto di una bicilindrica del gruppo.




La possibilità di fidelizzare un cliente fin dalla giovane età è un problema che tutte le Case sentono, anche se molte hanno lasciato che fossero altri a far entrare nel mondo delle due ruote i possibili clienti. In passato sono stati i giapponesi, affiancati dagli italiani a produrre la prima moto di moltissimi ragazzi (i giovani latini, però, hanno ormai abbandonato i sibilanti missili carenati per avvicinarsi decisamente agli scooter), ma spesso il passaggio successivo era verso le quattro ruote.

Per questo l'Harley-Davidson ha deciso di produrre una piccola monociclindrica 500 da 34 CV che, pur con un impegno economico e di guida limitato, offrisse al proprietario un'inconfondibile personalità, che potesse poi costituire un ponte verso il successivo acquisto di una bicilindrica del gruppo.










La "piccola" Buell riprende chiaramente i canoni stilistici delle X1 e M2, rimandando all'osservatore una serie di elementi distintivi che costituiscono il family-look della casa americana, come il disco singolo anteriore di grande diametro, il piccolo cupolino sopra il faro e la carrozzeria ridotta al minimo, oltre alla tipica foggia di serbatoio e codino.

Il propulsore, che è stato progettato per essere lavorato con l'attrezzatura già approntata per i bicilindrici e ridurre così i tempi di entrata in produzione, presenta il cilindro inclinato in avanti e la voluminosa scatola filtro sulla destra, tipico del marchio e utilizzabile per creare l'effetto ottico di una ipotetica e nascosta presenza del cilindro posteriore.





Lo scarico segue i canoni delle biclindriche e utilizza un silenziatore posto sotto il propulsore. La messa a punto è stata indirizzata a ottenere un sound riconoscibile ma non troppo personale, per evitare una caratterizzazione troppo marcata che potrebbe tenere lontano alcuni dei potenziali clienti.

La carrozzeria è realizzata in Surlyn, un materiale plastico antiurto della Du Pont conformato con la tecnica dello stampaggio a iniezione. Non essendo possibile verniciare questo materiale, la colorazione della carrozzeria è ottenuta con la pigmentazione della plastica già durante la miscelazione dei componenti di base. Qusto impedisce di procedere ad una semplice riverniciatura in caso di malaugurata scivolata, ma la sostituzione dei pezzi è annunciata come decisamente economica.


Il propulsore della Blast ha tratti molto tradizionali e quindi, ormai, decisamente distintivi. Si tratta di un monociclindrico a quattro tempi, caratterizzato dal raffreddamento ad aria e dalla distribuzione a due valvole per cilindro comandate da aste e bilancieri (il recupero del gioco è affidato a punterie idrauliche).





Una piccola rivoluzione è costituita dalle misure superquadre di alesaggio e corsa: la cilindrata di 492 cc è infatti ottenuta unendo l'alesaggio di 88,9 mm del motore 1200 degli altri modelli della Casa a una corsa di 79,4 mm, in contrasto con il generalizzato e imprescindibile uso di corse lunghe su tutti i modelli del gruppo. L'alimentazione è affidata ad un generoso carburatore a depressione di 40 mm dotato di arricchitore a freddo automatico.

La ciclistica utilizza un telaio a struttura superiore a Y, che incorpora il serbatoio separato dell'olio del motore, realizzato con lamiera d'acciaio scatolata con una conformazione molto particolare, che esce decisamente dagli standard costruttivi tradizionali.




Molto più covenzionale il reparto sospensioni: la forcella anteriore è una Showa telescopica con steli da 37 mm, mentre il monoammortizzatore posteriore è in posizione inclinata sotto la sella e non sotto il carter del motore come sulle altre Buell.






La posizione di guida è raccolta ma comoda, grazie alle sospensioni morbide, alla sella bassa (700 mm) e al manubrio leggeremente arretrato, che permette un agevole controllo anche a un'utenza femminile. In ogni caso è disponibile una sella 5 cm più bassa.

Comunque l'aspetto che colpisce immediatamente è la piacevolezza di guida, dovuta alla maneggevolezza della ciclistica e alla dolcezza e trattabilità del motore. Quest'ultimo si dimostra pronto (anche se non particolarmente prestante) e ben isolato dalle vibrazioni, grazie al montaggio elastico (non ci sono contralberi, e per la verità al minimo si sente) e alla strana caratteristica di diminuire il tasso di vibrazioni al crescere del regime.

Per questo è preferibile, nei trasferimenti, tenere innestata la quarta piuttosto della quinta. Il motore è parco nei consumi e la quinta surmoltiplicata rende fiacca la ripresa, quindi viaggiare con una marcia inferiore non è penalizzante. La velocità massima, per esempio, è di poco meno di 145 km/h in entrambe le due marce superiori, per lo meno con a bordo un pilota di 180 cm per 83 kg di peso.




La frizione ha un comando morbido e modulabile e il cambio, pur mantenendo la tipica rumorosità d'innesto, si presenta dolce e preciso nella manovra. La trasmissione finale, poi, è affidata ad una cinghia dentata che garantisce 15.000 km di assenza di vibrazioni, rumorosità e manutenzione.

I freni dimostrano un comportamento onesto. Nonostante il dimensionamento generoso, però, il disco anteriore non mostra un carattere sportivo, in particolare a causa della scelta di avere un impianto che non crei situazioni difficili da gestire anche in caso di frenata d'emergenza.


Motore: a 4 tempi, monocilindrico, raffreddamento ad aria, alesaggio e corsa 88,9 x 79,4 mm, cilindrata 492 cc, rapporto di compressione n.d.; distribuzione ad aste e bilancieri a 2 valvole per cilindro, comando a ingranaggi; lubrificazione a carter secco. Alimentazione: carburatore Keihin 40 a depressione con arricchitore a freddo automatico; capacita' serbatoio 10,5 litri. Accensione elettronica. Avviamento elettrico.

Trasmissione: primaria a catena; frizione multidisco in bagno d'olio, comando a cavo; cambio in cascata a cinque marce; finale a cinghia dentata.

Ciclistica: telaio monotrave a Y in lamiera d'acciaio, inclinazione perno di sterzo 25°, avancorsa 87 mm. Sospensione anteriore: forcella tescopica, steli da 37 mm, escursione 102 mm; sospensione posteriore: forcellone in acciaio con monoammortizzatore, escursione 102 mm. Ruote: anteriore tubeless in lega leggera, pneumatico 100/80-16", posteriore tubeless in lega leggera, pneumatico 120/80-16". Freni: anteriore a disco fisso di Ø 320 mm, pinza flottante a 2 pistoncini affiancati; posteriore a disco fisso di Ø 220 mm, pinza flottante a 1 pistoncino.

Dimensioni e peso: interasse 1405 mm, lunghezza n.d., larghezza n.d., altezza sella 700 mm (648 mm con sella bassa). Peso a secco 163 kg.

Prestazioni dichiarate: potenza 34 CV (25 kW) a 6500 giri, coppia 4,1 kgm (40 Nm) a 5500 giri.

Omologazione Euro-1:
Buell Blast!
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