Quotazioni moto&scooter

Cerca

Seguici con

I viaggi dei lettori

Oltre le nuvole: dal Parpaillon al Sommelier

il 24/08/2006 in I viaggi dei lettori

Un viaggio alla ricerca di luoghi non lontani dalla civiltà, ma distanti dalla vita e dalle abitudini di tutti giorni, percorrendo strade dai 2000 m fin sopra i 3000 m

Oltre le nuvole: dal Parpaillon al Sommelier
La stupenda valle da cui si sale per il Parpaillon

I quattro amici protagonisti della scalata posano a fianco alle loro Aprilia Pegaso Cube e Caponord Rally Raid instancabili compagne di viaggio

RACCONTA I TUOI VIAGGI

Hai fatto anche tu un viaggio, una vacanza, un itinerario in moto che scatenano la libidine di un vero motociclista? Mandaci il racconto e le foto all'indirizzo redazione@motonline.com: lo pubblicheremo sul nostro sito completo di album fotografico in versione "gallery".

La pianificazione di questo viaggio inizia già dalla fine del 2004, in pieno inverno, quando le giornate si fanno sempre più corte e la moto in garage sempre più lontana. Nel 2002, dopo aver scoperto nuove strade sterrate grazie ad un raid effettuato con l’organizzazione dell’associazione Over2000 raid e negli anni a venire, nei quali ero più volte ritornato sulle Alpi francesi e italiane, è maturata in me la voglia di effettuare un viaggio che andasse oltre il piacere della guida, verso la scoperta di nuove strade e l’esplorazione di territori che ancora non avevo solcato con le ruote della mia Aprilia Caponord.
Alla fine dell’inverno il programma del raid era praticamente pronto in ogni sua parte: cartografia, itinerario, punti tappa, chilometraggio, preparazione necessaria ala moto e al pilota; si trattava ora di trovare un ristretto numero di partecipanti che avevo fissato in 6 unità. Con un rapido giro di telefonate in cui tutti mostrarono subito il loro entusiasmo si formò la “pattuglia” composta da 3 Aprilia Caponord Rally Raid e 3 Aprilia Pegaso Cube.
Il periodo fissato per il viaggio era la seconda metà di luglio, l’unico nel quale c’è la quasi certezza di percorrere strade oltre i 3000m senza trovare tanta neve da impedirti di proseguire.

Venerdì, 22 luglio 2005 - Ecco quindi che arriva la data fissata per la partenza, purtroppo all’ultimissimo momento un ragazzo deve rinunciare, la sua Pegaso cube ha un problema di alimentazione che non preso nella giusta considerazione dal meccanico ha fatto sì che, nonostante un mese di fermo, la moto fosse ancora inutilizzabile.
Fabio da Firenze con la sua Pegaso cube mi raggiunge a Livorno e insieme partiamo per incontrarci poco dopo La Spezia con Maurizio e la sua Caponord RR. Nel viaggio autostradale ci accompagna una calura estiva non indifferente, in movimento, per fortuna, la situazione è abbastanza sopportabile. Passato l’infelice tratto autostradale di Genova prendiamo a Savona l’A6 in direzione nord.
Era tanto che non percorrevo questa autostrada e devo dire che, nonostante qualche curva non proprio canonica, è migliorata molto sia nella scorrevolezza che nella manutenzione; geniale il sistema di illuminazione alle entrate delle gallerie: un enorme specchio motorizzato posto all’esterno cattura la luce solare che per riflesso viene proiettata all’interno della galleria, ci si ritrova quindi a guidare per un lungo tratto con la luce naturale del giorno e mano a mano che si prosegue, l’occhio ha modo di abituarsi alla luce artificiale. L’unica cosa a cui fare attenzione sono gli specchietti retrovisori, poichè nei primi 100m riflettono una luce molto forte.



Lasciata l’autostrada in direzione Cuneo puntiamo verso Demonte dove abbiamo fissato il ritrovo con gli altri 2 partecipanti: Alberto da Verbania e Giuliano da Verona. Noi arriviamo puntuali alle 17:30, la locanda occitana “Reino Jano” si trova 5Km prima del paese, la proprietaria ci accoglie cordialmente, sistemiamo le moto e mezzora dopo arriva anche Alberto, di Giuliano invece nessuna traccia, ci raggiungerà la sera ben dopo le 21 quando ormai avevamo iniziato la cena.
Nel pomeriggio abbiamo tutto il tempo di fare due passi nella zona circostante in cui si trova un centro attrezzato per il rafting nello Stura, apprendiamo anche che il nome della locanda non è casuale, si riferisce infatti alla Regina di Napoli promessa in sposa nel 1300 al Re di Francia che aveva fatto di queste terre sua abituale frequentazione.
Prima di andare a cena ci siamo dedicati alle moto togliendo i gommini dalle pedane e sgonfiando gli pneumatici, tutte le Caponord RR hanno i tassellati (Metzeler Karoo), le più leggere Pegaso montano normali pneumatici enduro stradali, la moto di Alberto è la più preparata: via gli attacchi delle borse, via il portapacchi, parafango posteriore accorciato e ABS disinserito montando un cerchio anteriore sprovvisto di sensore, approssimativamente un risparmio di quasi 20Kg; di ben diverso aspetto la moto di Maurizio, il nostro uomo tecnologico, che sfoggia borse laterali e bauletto in alluminio; dato che i 110 litri di carico non gli sono bastati ha aggiunto borsa da serbatoio e cilindro posteriore sulla sella passeggero!
La cena si svolge all’insegna della cucina occitana, piatti veramente curati e squisiti che ci accompagneranno fino a tarda ora, il tempo trascorre piacevolmente tra i racconti di Alberto e le battute degli altri ragazzi. Decidiamo, quindi, di fissare la sveglia del giorno dopo alle 7:15 in modo da essere in moto non oltre le 8:30; ci attenderanno un bel trasferimento su asfalto su passi di montagna e un centinaio di km sterrati su strade oltre i 2000m.

Sabato, 23 luglio 2005 - La sveglia ci assale alle 7:15 dopo una notte passata tra i sudori, conseguenza di una cena senza risparmio. Quando giungiamo al tavolo della colazione manca Giuliano, la signora della locanda ci dice che era gia sveglio da un’ora, lo sorprendiamo mentre a torso nudo traffica intorno alla moto cercando di legare le borse morbide agli attacchi di quelle rigide. Questa pratica che Alberto battezzerà “imbalsamazione” della moto, si ripeterà più volte al giorno facendo sì che fosse sempre il primo a scendere e l’ultimo a partire!
Lasciata quindi la locanda procediamo verso il colle della Maddalena dove un anonimo confine di stato ci proietterà in Francia, iniziamo a scendere lungo una strada dall’asfalto un po’ rovinato, la meta del mattino è il Tunnel du Parpaillon, non vi sono segnalazioni lungo la strada, puntiamo quindi verso Meyronnes, poi La Condamine Chatelard. Qui una deviazione a destra ci porta a salire fino a che non troviamo uno sgangherato cartello di legno indicante il Parpaillon.



E’ il bivio finale, dopo un breve tratto asfaltato si apre davanti a noi una vallata da “Eden” baciata dal sole e inizia lo sterrato. Guido il gruppo con Alberto che incalza dietro e non mi supera solo perché non conosce la strada, con i suoi trascorsi di assistenza veloce a diverse Parigi/Dakar e considerando che tuttora non disdegna gareggiare nell’enduro potrebbe tranquillamente tirare di più, poco dietro a noi viaggia Giuliano, più distaccati Fabio e Maurizio che con il suo “catamarano” da oltre 110 litri di bagaglio dimostra una notevole perizia nei tornanti che andiamo ad affrontare.
Sopra i 2000m trovo un gregge di pecore che bivacca tranquillamente in mezzo alla strada, ne approfitto per fermarmi ed aspettare Alberto che si era fermato per alleggerirsi un po’, infatti, nonostante l’altitudine, la giornata è bellissima e un cielo azzurro e terso, disegnato dalle dritte strisce bianche che lasciano gli aerei, ci accompagna nella salita.



Ancora pochi tornanti e si vede il tunnel, siamo i primi ad arrivare ed in un certo qual modo ci sembra di solcare una strada inesplorata, poco dopo due Land Rover “d’annata” con targa francese raggiungono la vetta, il GPS segna 2640m, ci addentriamo a piedi all’interno della galleria. La situazione è ben diversa da quando ci venni per la prima volta, era la fine di settembre del 2002, le pozzanghere erano ghiacciate e dal soffitto pendevano lunghe stalattiti di ghiaccio, la “traversata” fu difficile, ricordo che un ragazzo su Africa Twin cadde e non fu facile rialzare la moto!
Dopo le solite rituali foto superiamo le poche centinaia di metri che costituiscono il tunnel sbucando sulla parete nord della montagna e una stupenda vallata si apre davanti a noi.
Pensare che molti vengono quassù solo per la galleria, per dire “io ci sono stato” e poi magari ritornano a valle percorrendo la stessa strada dell’andata, non sanno cosa si perdono! Centinaia di km sterrati sono pronti ad essere solcati da qualsiasi motociclista che ami la montagna e la sua moto.

Puntiamo quindi verso St. Andre d’Embrun, siamo incuneati tra due dei parchi francesi più belli: Ecrins a ovest e Queyras a est. Dopo un breve tratto asfaltato inizia il secondo e lungo sterrato che attraversando pascoli e campi da sci ci porterà nuovamente oltre i 2000m. Queste sono strade sconosciute e senza una traccia e wp GPS è facile perdersi, altrimenti bisogna chiedere ai locali; ogni volta che ne abbiamo avuto bisogno si sono sempre mostrati gentili e prodighi di indicazioni. Il fondo non è mai difficile e anche bestioni come i nostri procedono spediti, facciamo una sosta su una collinetta cercando di fare amicizia con delle mucche al pascolo, ma sembrano più interessate alle nostre moto che a noi.
Ripartiamo per raggiungere la vetta, vedo Alberto rallentare dopo pochi tornanti, ha la gomma anteriore a terra, non ci preoccupiamo più di tanto in quanto abbiamo tutto l’occorrente per la riparazione, purtroppo siamo solo all’inizio del problema, non è infatti la gomma forata, ma il cerchio che si è danneggiato e perde dall’attaccatura di un raggio!
Cerchiamo di provvedere con qualche accorgimento empirico, ma dopo pochi metri la gomma è nuovamente a terra, ci rassegniamo a cercare il modo di ripararla una volta giunti al piccolo paese di St. Marcellin, proseguiamo quindi a passo d’uomo gonfiando ogni tanto la gomma con le bombolette d’aria compressa fornite nel kit tubeless. In paese non troviamo niente che possa aiutarci, sono le 14:30 di sabato e io consiglio l’unica alternativa che ci rimane: stallonare la gomma dal cerchio mettendoci una camera d’aria che i ragazzi con le Pegaso avevano portato come scorta; vi tralascio i particolari, fatto sta che ci riusciamo con le nostre forze e soddisfatti ci rilassiamo mangiando un ottima grigliata di carne e patatine fritte.



Siamo ben oltre i tempi previsti dalla tabella di marcia avendo accumulato quasi 2 ore di ritardo, ma tutto sommato c’è ancora il tempo di farsi l’ultimo sterrato della giornata, proseguiamo quindi per Guillestre, St. Crepin, l’Argentiere la Bessée dove mi fermo per ricompattare il gruppo, sono le 16:30, decidiamo il da farsi lasciando ognuno libero della propria scelta, finisce così che i più “vecchi” (il sottoscritto e Alberto) decidono di fare anche l’ultimo sterrato, mentre gli altri 3 raggiungeranno Briancon per cercare un posto dove dormire.
Con Alberto mi metto alla ricerca della strada che ci porterà sull’ultima salita, annaspiamo un po’, ma al terzo tentativo imbocchiamo il percorso giusto: uno stretto e tortuoso nastro asfaltato che dopo breve diventa sterrato, guidiamo in mezzo ad una tipica vegetazione continentale con i pini che vengono poi sostituiti da abeti mano a mano che saliamo. Nonostante la stanchezza cominci a farsi sentire tiriamo un po’ divertendoci molto per l’ottimo fondo e qualche pozzanghera che a tratti interrompe la monotonia della terra battuta.
Arriviamo solitari nel punto più alto, spengiamo le moto e diventiamo tutt’uno con la natura che ci circonda: panorami immensi e una stupenda gola si parano dinnanzi a noi, vorremmo rimanere più a lungo, ma comincia a farsi tardi, ripartiamo decidendo di proseguire per lo sterrato in discesa anziché tornare indietro come feci 3 anni fa, una scelta azzeccata che ci porterà al paesino di Freissinières dove ritroviamo l’asfalto, poi con un giro ad anello, seguendo il letto di un fiume, percorriamo una entusiasmante strada in falso piano, guidabilissima e dall’ottimo fondo, fino a ritornare sulla strada principale per Briancon.
Contattiamo i ragazzi che ci danno le informazioni per raggiungere l’hotel, una ricca doccia è il meritato premio della giornata, un breve riposo di una mezz’oretta e poi grazie al nostro uomo tecnologico scarichiamo le foto dalle fotocamere al suo notebook; siamo gia a qualche centinaio di scatti e non è ancora finita!
Una volta cenato decidiamo a tutti i costi di trovare una creperia, questa impresa ci porterà a scalare a piedi la salita che porta alla vecchia cittadella fortificata e nonostante fossi passato più volte da Briancon non l’avevo mai visitata. . Il piccolo borgo con le tipiche strade solcate da un canale centrale dove scorre un rigagnolo d’acqua ci accoglie con un’animata vita, i locali sono aperti e noi ci infiliamo dentro una creperia dove gustiamo anche un delizioso sidro di produzione locale; torniamo in albergo verso la mezzanotte, i primi due giorni sono trascorsi in modo stupendo e avventuroso considerando anche il danneggiamento del cerchio. Domani ci attende la scalata al Col del Sommelier, 3040m slm, la strada sterrata carrabile più alta d’Europa.

Ci alziamo alla solita ora del giorno prima e affacciati dal balcone della camera vediamo il solito Giuliano che nel piazzale del parcheggio procede al rituale dell’imbalsamazione, poi ci ritroviamo tutti a tavola per la colazione, come sempre quando in Francia chiedi caffè e latte ti portano 2 brocche da 1 litro di caffè e un piccolo misurino di latte, non me ne dolgo più di tanto, il caffè ci darà la carica per affrontare la giornata.
Alle 09:30 siamo in moto, una sosta per fare benzina il cui prezzo è appena inferiore a quello italiano e poi via verso il confine, ma anziché valicare il Monginevro passiamo per una stupenda stradina che da Val des Près forando la montagna ci porta fino a Bardonecchia; ci prendiamo anche qualche goccia di pioggia che ci obbliga ad una breve sosta e poi giungiamo nella nota località sciistica italiana.


Il Col del Sommelier è l’unica destinazione tra quelle del nostro raid il cui percorso si trova con relativa facilità, basta dirigersi per Rochemolles a cui si arriva con una serie di stretti tornanti asfaltati in salita, poi in prossimità del paese inizia lo sterrato; incredibile, ma la strada per il ghiacciaio è riportata nella cartografia Navtec!
Il tratto iniziale dello sterrato porta al rifugio Scarfiotti, è molto facile, anche troppo, tanto che il traffico non manca, c’è di tutto: Fiat Panda con famiglia al completo, quad, ciclisti, amanti del trekking, l’insieme forma un gran polverone che ci costringe a guidare molto distaccati. Arrivati al rifugio che si trova a sinistra nella vallata si stacca sulla destra una strada con carreggiata molto più ristretta, nessuno sale, tutti si fermano qui, osserviamo la montagna che si eleva di fronte a noi e una cascata d’acqua che dalla parete cade pittorescamente a valle. Così inizia l’ultima avventura del nostro viaggio, partiamo con la solita formazione, Alberto e il sottoscritto in testa, a seguire Giuliano e distaccati Fabio e Maurizio.
I tornanti sono stretti e interminabili, una Land Rover verde ci lascia gentilmente passare più volte quando facciamo soste per le foto, poi ci raggiungono due motociclisti su leggere KTM, invidiamo il loro modo agile di salire, ma sono super soddisfatto della mia Caponord che da casa dove respirava tutti i giorni aria salmastrosa, mi sta portando oltre i 3000m. Ad un certo punto scolliniamo la cresta, prendo un “abbaglio” credendo di essere fuori dal percorso, anche perché per l’attenzione nella guida non avevo più guardato il GPS, mi affianco ad Alberto e facciamo il punto sulla carta, la strada è quella giusta, ma nonostante sia quasi un’ora che guidiamo siamo forse a metà tragitto!


Per un tratto percorriamo un falsopiano in discesa, il che ci sorprende un po’, iniziamo a trovare i primi banchi di neve, il fondo si fa mosso e la guida diventa impegnativa, ritorniamo a salire decisamente, siamo intorno ai 2500m e ancora non si vede il ghiacciaio, in compenso una lunga lingua di neve alta invade la strada davanti a noi; il tratto sgombro è circa un metro di carreggiata fangosa con alla sua destra un precipizio, passiamo avanti, ormai ci sono solo rocce grigie a farci da contorno, tornante dopo tornante arriviamo a 2800m e finalmente si intravede la vetta e la conca del ghiacciaio.
Lo raggiungiamo, siamo io e Alberto soli, vicino al lago ci sono i 2 con le KTM e una Land Rover verde militare, il panorama è unico e immenso, tutte le vette intorno sono coperte di neve, il GPS segna 3002m slm, il termometro 5 gradi, sono le 11:30 circa di sabato 24 luglio, pochi minuti e arriva anche Giuliano, poi Fabio, ma di Maurizio nessuna traccia, cerchiamo di contattarlo via radio, non ci riusciamo, Fabio dice che aveva l’intenzione di non proseguire, scopriremo poi che si era fermato appena 4 o 5 tornanti sotto, il suo “catamarano” l’aveva impegnato troppo!
Facciamo qualche passo a piedi raggiungendo una delle creste che circondano il lago, camminiamo sprofondando nella neve, fa freddo anche perché il vento abbassa ulteriormente la temperatura, fissiamo i ricordi con alcune foto alle moto e ai piloti, nel frattempo arriva anche un fuoristrada Suzuki, l’ambiente ci sembra “affollato” e decidiamo di ritornare indietro, la strada finisce qui, l’unico modo di proseguire sarebbe a piedi, ma bisogna essere alpinisti!
Nella discesa troviamo parecchi “scalatori” con mezzi di tutti i tipi, dalle MTB alle lunghe e impacciate fuoristrada 4x4 che nei tornanti devono fare impegnative manovre, tra l’altro Maurizio con le sue borse si trova talvolta in difficoltà, lo spazio è ristretto e non sempre i piloti delle auto si rendono conto che non possiamo sporgerci sul precipizio più di tanto.
Arrivati al rifugio Scarfiotti ci fermiamo per ricompattare il gruppo, siamo consapevoli che ormai l’avventura è finita e il viaggio sta per volgere al termine, cerchiamo quindi un posto dove pranzare, scartando Bardonecchia ci fermiamo ad Oulx, mentre aspettiamo le portate scarichiamo le ultime foto nel PC di Maurizio, c’è anche il tempo di dargli una rapida visione, le immagini ci riportano velocemente in visione le emozioni vissute insieme in questi stupendi 3 giorni e tutti ci ripromettiamo che questa non rimarrà un’ esperienza isolata!

Il percorso del sabato è costituito da un saliscendi che raggiunge vette oltre i 2000, le pendenze non sono mai notevoli e il fondo costituito in basso da terra battuta e in alto da ghiaia compattata e pietraie non crea alcun problema a chi ha un minimo di perizia con la guida su strade non asfaltate. Anche il Tunnel du Parpaillon a fine luglio non è altro che una “normale” galleria priva di asfalto e illuminazione, all’interno qualche pozzanghera, niente di più.
Moto “totali” come le nostre enduro stradali salgono e scendono permettendo una guida abbastanza rilassata e divertente, non mi creerei problemi a fare il percorso anche in coppia, sgravato magari dai bagagli che rendono invece la guida più impegnativa.


l percorso della domenica merita un diverso approccio. Come ho gia scritto, il tratto da Rochemolles al rifugio Scarfiotti è estremamente facile con fondo di terra battuta a volte ridotto in polvere che sembra borotalco, viceversa la salita al ghiacciaio è impegnativa, il fondo mano a mano che si sale diventa mosso, con grossi pietroni che ti trovi improvvisamente davanti sulla traiettoria in uscita da ripidi tornanti a gomito; a tratti abbiamo trovato la strada invasa dalla neve, non un velo, ma mezzo metro e oltre, la parte libera, quando c’è, è spesso fangosa con precipizi sul lato, quindi prudenza e, perlomeno con moto pesanti come le nostre Aprilia Caponord RR, direi che i tasselli aiutano non poco! Ovviamente tutto è relativo, magari con un agile bicilindrico di media cilindrata, ruota da 21” e senza bagagli si sale senza problemi.
L’unico periodo dell’anno in cui ci sia la relativa certezza di percorrere l’intero raid va da metà luglio a metà agosto, non andrei comunque oltre il periodo estivo. Prima della salita al ghiacciaio consultate le previsioni meteo, noi a fine luglio, nel periodo statisticamente più caldo dell’anno, abbiamo trovato 5 gradi e un vento che abbassava ulteriormente la temperatura, ed era una bellissima giornata!

Non serve una particolare preparazione per le moto, che però devono avere buone protezioni per il motore e se ci tenete anche per la carrozzeria, non si sa mai, una piccola caduta è sempre possibile: fondamentale avere tutto l’occorrente per riparare piccoli guasti ed eventuali forature, non credo proprio sia facile trovare qualcuno che ti venga a recuperare la moto in panne percorrendo una strada sterrata fin oltre i 3000m.
Le tre Aprilia Caponord alimentate ad iniezione non hanno avuto il men che minimo problema anche ad altitudini elevate, stessa cosa per le Aprilia Pegaso alimentate a carburatori che sono salite su lamentando soltanto un appena percettibile calo di potenza.



Per la cartografia ottima la cartina “Francia nr. 14” 1:250.000 del TCI, consigliabile un GPS con riferimenti di traccia e wp per gli sterrati del sabato, come vestiario il sottoscritto e Alberto avevano un completo abbigliamento da enduro, dai caschi agli stivali, protezioni comprese, ci siamo trovati benissimo, l’unico accorgimento è stato l’indossare una felpa invernale sotto le giacche quando ci siamo spinti sopra i 2500m e al mattino presto; anche gli altri che indossavano un abbigliamento meno tecnico e più turistico si sono trovati bene, l’importante è sentirsi a proprio agio ed essere pronti a spogliarsi e rivestirsi rapidamente, cosa di cui il nostro Giuliano era abile maestro!

Totale km percorsi compreso trasferimento: 1100 di cui circa 150 sterrati.

Demonte: Locanda Reino Jano, via Nazionale 21 nr.14, 12014 Demonte (CN) – tel. 017195142, ottima cucina, sistemazione confortevole, per cena, pernottamento, colazione e bevande 42Euro a persona.

Briancon: Mont-Brison Hotel **NN – Briancon – tel. 92 211455, sistemazione confortevole, si trova facilmente sulla seconda rotatoria verso il centro del paese, 67Euro per camera doppia compresa colazione.

: http://community.webshots.com/user/abellucc

Bellucci Alessandro: abellucci@mototouronoffroad.it

Oltre le nuvole: dal Parpaillon al Sommelier
Chiudi

Per inserire un commento devi essere registrato ed effettuare il login.

ADV