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I viaggi dei lettori

Inseguendo il mito della Dakar

di Andre4x4 il 25/11/2010 in I viaggi dei lettori

Un viaggio difficile e lungo che proprio per questo ha riempito d'orgoglio i nostri lettori. Da Genova a Dakar i due amici hanno attraversato il Sahara per raggiungere il leggendario Lago Rosa

Inseguendo il mito della Dakar
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30 Ottobre

Ore 18;00 imbarco sulla Gnv a Genova, destinazione Tangeri.
2 novembre –Merzouga.

Prima tappa portata a termine, seppur con una tirata di 800 km, attraversando la catena montuosa dell'Atlante.
Dal nuovo porto di Tangeri Med, che si trova a 40 km dal vecchio porto, in un'ora di strada abbiamo superato un infinità di paesi e città dal traffico caotico.
Abbiamo preso strada con un ritardo di oltre due ore a causa del mare mosso e un forte vento contrario, cosi anziché arrivare alle 15 siamo arrivati alle 17.30 locali (un'ora in meno rispetto l'Italia).
Sbrigate le formalità doganali parte la caccia al tesoro: ci serve l'assicurazione per circolare in Marocco (quella italiana non è valida) ed essendo il porto appena stato inaugurato i servizi inerenti non sono ancora attivi al 100%.
Otteniamo la nostra assicurazione alle prime luci della sera…
Tutti sappiamo che è sconsigliatissimo guidare di notte in queste regioni, i pericoli sono numerosi e la prima città utile si trova a 70 km salendo ai margini delle montagne del rif marocchino.
Tetouan ci ospiterà per la prima notte con un ritardo di circa 200km sul previsto, ma ci regalerà una bella cena tipica nel riad dell'antica medina.
La mattina seguente siamo decisi a recuperare il ritardo accumulato: si decide di puntare la sveglia alle 6 per essere in moto alle 7 e cosi facciamo, anche se inavvertitamente il mio secondo non si ricorda che l'ora marocchina è indietro di un ora rispetto l'Italia.
Morale della favola: dopo un paio d'ore di marcia ci rendiamo conto della "cantonata" presa.
Chefchaouen, Quezzane, Meknes, Azrou, Midelt, Errachidia, Erfoud, Rissani e infine, nel buio "petrolio" del deserto, arriviamo a Merzouga.
Chi conosce queste zone può capire quanto sia stata pesante questa maratona e quanti passi di montagna rappresentino questi nomi.
Domani si parte per l'Hammada marocchino (deserto di pietra) che segna il confine con l'Algeria, destinazione la mitica Zagorà, famosa nel panorama dei rally africani in particolar modo nella Dakar.
Inseguendo il mito della Dakar
Una delle tante cadute sulla sabbia...
3 Novembre

Finalmente oggi si parte per l'avventura vera: dopo aver assoldato una guida a cui scaricare tutto il bagaglio, partiamo alla volta di El Ramlia.
Le informazioni prese dai locali hanno fatto si che questa tappa fosse possibile, ma la quantità di sabbia attraversata lungo i 100 km di pista ha comunque messo a dura prova moto e piloti.
Non si contano le cadute, ma anche questo fa parte del fascino di queste piste.
Ci troviamo a Tafraoute, nel mezzo della pista che attraversa l'hammada marocchina, ricoperti di polvere e di dolori sparsi per la fatica.
In queste lande desolate abbiamo trovato un "auberge du desert" utilizzato da tutte le mandrie europee che scorazzano da queste parti.
Domani altri 90 km sino a Zagora: sarà una nuova avventura che speriamo si concluda alla grande come quella appena portata a termine

4 Novembre

Oggi compio 48 anni.
La notte passata ci ha lasciato insonni e stanchi, i letti stretti e le coperte che evocavano l'arrivo delle pulci hanno fatto il resto…
Partiamo verso l'hammada che si apre sino all'orizzonte davanti a noi: la sabbia sempre presente e improvvisa provoca qualche desolante caduta e la nostra guida spesso non si accorge che manca qualcuno all'appello e sparisce all'orizzonte.
Inseguiamo la polvere che lascia dietro di sè e le immagini che si presentano strada facendo sono grandiose e secolari, incorniciate da una splendida giornata di sole.
La tappa che doveva essere di 90 km, finisce a 160 km e bisogna aggiungere che i marocchini hanno uno strano senso delle misure.
Raggiunto l'asfalto di Zagorà, dopo due giorni di deserto, Alby bacia lo bacia e in preda ad un attacco di felicità "canina" si rotola sullo stesso scodinzolando.
Un'esperienza che sono certo ricorderemo per sempre.
Presa la via di Tata, dopo altri 250 km di asfalto decidiamo di regalarci un lussuoso giaciglio a Foum Zguid, 120 km prima di Tata.
Domani si parte per Tarfaya, città che apre le porte al Sahara occidentale e che si trova sulla costa a circa 800km.

5 Novembre

Sotto un sole che man mano che scendiamo verso sud aumenta di calore, concludiamo una tappa di 800 kilometri a Tarfaya sulla costa oceanica.
Il Marocco sorprende ad ogni latitudine con la sua maestosità.
Attraversando tutta la costa del basso Atlante, a tratti molto vicina all'Algeria, si ha la percezione di essere in quello che un tempo era un vasto oceano.
La conformazione delle rocce ricoperte in parte dalla sabbia ricorda un fondale marino e gli spazi intorno non hanno confini se non il tremolio dell'aria scaldata dal sole.
Lo spettacolo si perde nella desolazione di quel silenzio: la sera ci siamo uniti ad un altro moto rider Italiano conosciuto sul traghetto, Adriano, ed assieme a lui abbiamo dormito a Tarfaya, una località di pescatori sulla costa che non vale la pena nemmeno nominare tanto era lo squallore che manifestava.
Inseguendo il mito della Dakar
Deserto mauritano
6 Novembre

Altra maratona desertica lungo la costa per raggiungere Dakhla, a 650 km da Tarfaya.
Il calore si fa pressante, la puzza di pesce marcio e carcasse di animali investiti e lasciati a marcire sotto il sole rendono l'aria nauseabonda… Una vera schifezza anche per gli stomaci forti. Tutta l'area attraversata è priva di vita e sterile di colori.
Arrivati all'ultimo dei checkpoint della polizia (si susseguono in modo estenuante) davanti a noi due fuoristrada italiani fanno il passo per la consegna dei passaporti e fiches di passaggio.
Un adesivo attira la mia attenzione:bambini nel deserto.
Walter? Walter Pagani?
Si è proprio lui: dopo esserci sentiti telefonicamente diverse volte per preziosi consigli per il mio viaggio, certo non pensavo di conoscerlo di persona proprio qui nel punto più sperdito del Marocco.
Ci fossimo dati un appuntamento l'avremmo "ciccato" certamente.
Insieme a loro c'è un'altra coppia di "vagabondi africani": Lella e Eros.
Non ci crederete, ma nel 2005 aiutarono Alby a riparare il pneumatico della sua jeep in Mauritania.
È un incontro che ha veramente dell'eccezionale: in pochi minuti si rimescolano vite e rapporti tra persone.
Ceniamo in un noto ristorante locale sul mare dove abbiamo mangiato una quantità indicibile di grigliata e frittura di pesce fresco: Dakhla è uno dei mari più pescoso al mondo.
Per contro apprendiamo che ci sono problemi legati all'ingresso in Senegal per quanto riguarda i veicoli.
Di recente sarebbe stata reintrodotta la normativa che obbliga chi viene da un paese estero con il suo veicolo a presentare il "carnet de passage" alla frontiera, documento che chiaramente non abbiamo visto che non era richiesto sino alla nostra partenza.
Forse ci sono ancora spiragli per le moto ma se cosi non fosse ci troveremmo ad alzare i tacchi e ritornare indietro via terra verso l'Italia.
L'umore è molto basso e aspettiamo di vedere cosa succede, intanto si avvicina l'attraversamento del confine Mauritano (molto ostico e stressante) e poi l'attraversamento della Mauritania che a livello di pericoli ultimamente si da proprio "un gran da fare"
Come dicono da queste parti: Inshallah (se Dio vuole).

7 Novembre

Adriano dopo averci accompagnato quasi al confine Mauritano ha deciso di buttare la spugna e rientrare verso la civiltà: il suo programma era quello di visitare Mauritania, Senegal, Mali e Burkina Faso.
Peccato per lui che abbia rinunciato: due mesi in giro per l'Africa non capitano tutti i giorni.
L'attraversamento della frontiera Mauritana è stata piuttosto facile a parte le due ore impiegate e le mosche che ti saltano addosso per proporti di tutto e di più.
Dopo di questo ci troviamo in mezzo alla miseria nera, a casa di un losco mauritano.
Gentile ma losco.
Rinchiusi con noi in questo "fortino" ci sono una coppia di ragazzi belgi che rientreranno a casa loro a luglio 2011…Ma come si fa ad avere tutto questo tempo per viaggiare?
Noi in 15 giorni sogniamo orizzonti lontani e c'è chi per un un anno può farlo senza problemi.
Domani puntiamo su Nuoakchott e se tutto fila liscio tra due giorni saremo in Senegal.
Inseguendo il mito della Dakar
La spiaggia a Nouakchott
8 Novembre

Nouadibou è una tappa quasi obbligatoria dopo aver lasciato Dakhla e aver lasciato perdere le proprie tracce entrando in Mauritania.
Si trova su una penisola sabbiosa e polverosa: un insieme di povertà e degrado che non lascia spazio al turismo.
Anche le sistemazioni per la notte fanno parte dello squallore del luogo quindi se potete evitate di venirci: ci vogliono stomaci forti e i mauritani evidentemente ce l'hanno.
Partiamo in direzione Nouakchott, capitale della Mauritania, attraversando il deserto del Sahara verso sud.
Il sole cocente rende tutto più difficile insieme ai continui checkpoint della gerdameria.
Passato il confine mauritano finisce anche la benzina senza piombo, meno male che abbiamo fatto le scorte che basteranno a lasciare questo infelice angolo di Africa.
Accompagnati dai ragazzi belgi, Ruben e Renè, ci fermeremo di tanto in tanto a farci coraggio aspettando di raggiungere in serata Nouakchott.
Auberge du Sahara, ecco un bel posticino per essere mangiati vivi dalle zanzare.
Se un giorno decideste di dormirci fatelo solo se sono libere le tende mauritane sul tetto: le camere al piano basse sono degli allevamenti puzzolenti di zanzare.
Abbiamo dormito in un matrimoniale sotto un baldacchino antizanzara ma le bestiole hanno comunque messo a segno qualche colpo.

Incrociamo le dite e speriamo di non essere tra venti giorni in delirio malarico….
Divertente vedere Alby mentre rischia di essere linciato dai famosi pescatori (unica attrazione della zona) perché si è fatto prendere troppo la mano con la macchina fotografando persino i pesci, cosa evidentemente "vietatissima" visto la reazione.
Questi mauritani sono proprio "simpatici".

9 Novembre

Ci alziamo di buon ora per lasciare questo paese che non ha molto da offrire… Anzi non vedi l'ora di andartene e puntiamo sull'incognita che da due giorni oramai è presente nei nostri discorsi "entreremo in Senegal"?
Il nostro contatto in Senegal sta facendo di tutto smuovendo amici e conoscenti in dogana per ottenere un permesso speciale che ci permetta di raggiungere il porto e imbarcare le moto.
Il Senegal è noto per essere uno dei paesi più corrotti dell'Africa e probabilmente al mondo, questo in un certo senso gioca a nostro favore anche se il rischio di essere taglieggiati e alleggeriti pesantemente è più che reale.
Per evitare noie decidiamo di entrare in Senegal non dalla dogana principale "Rosso", conosciuta come un inferno da tutti coloro che l'hanno attraversata, ma di procedere sulla pista per Djama che dirige alle porte di San Luis.
Sono 100 km che faremo in tre ore con la temperatura a 43 gradi e il fondo scassato da una recente inondazione che ha lasciato solchi, buche e trincee.
In moto e carichi non è il massimo.
Lasciamo la Mauritania agevolmente, ci troviamo dispersi nella savana: non c'è niente intorno a noi e ripartiamo verso la frontiera Senegalese. Troviamo ad attenderci il buon Lhaji, vecchio amico vù cumpà di Alby, un ragazzo veramente eccezionale.
Dopo quasi tre ore di trattativa riesce ad ottenere il permesso temporaneo di 72 ore per entrare in Senegal.

Inseguendo il mito della Dakar
In Senegal
10 Novembre

Una giornata di meritato riposo.
Abbiamo vagato con le moto per il centro del paese preceduti da Lhaji che faceva bella figura e si vantava con tutti.
Abbiamo conosciuto personaggi importanti della comunità e amici di famiglia.
Il padre fino a poco tempo fa è stato segretario del sindaco cittadino e ha sempre avuto un ruolo politico nella città, abbiamo stretto centinaia di mani e ci mancava solo la TV…
Nel pomeriggio abbiamo visitato un villaggio fatto di capanne, tipico di questi posti e immerso in una sensazione di beatitudine unica.
Decine di bambini hanno regalato sorrisi e gioia a questi occidentali armati di macchine fotografiche, splendide ore immersi nelle tradizioni di questo popolo.
Il tempo si perde per strada con questa gente: abbiamo pranzato alle quattro del pomeriggio e cenato a mezzanotte con cena tipica senegalese.
Loro con le mani, noi con la forchetta, ma tutti dallo stesso piattone.
Un' esperienza particolare per noi occidentali…
L'accoglienza bisogna dire che è stata spettacolare anche se le abitudini di questa gente sono molto differenti dalle nostre e la mancanza di generi conforto come la doccia o un bagno o un lavandino a disposizione ti fanno capire come siamo fortunati noi ad essere nati da un'altra parte.
Ma non per questo le persone mancano d'igiene: anzi in particolare le donne, peraltro bellissime, curano molto la propria igiene personale.
Un miscuglio di modernità e "primitivo" che spesso cozzano tra loro: solo di una cosa sono sicuro, adesso che li ho conosciuti meglio quando vedete un "vù cumprà" pensate a loro in modo positivo. Questi uomini si farebbero rosicchiare dai topi per le loro famiglie e meritano un rispetto alla pari!

11 Novembre

Dakar ci attende.
Percorriamo 150 km per arrivare nel mito Dakariano, seguiti da una delusione del mito dakariano…Mai visto una città cosi caotica!
La coda delle macchine comincia a 20 km dalla città, anche gli abitanti la evitano se possono, un inferno da fare in moto!
La gente corre in mezzo alla strada impazzita alla caccia di un minibus dove arrampicarsi, i taxi che seguono semplicemente uno spazio dove infilarsi, polvere e smog alla massima potenza e se non bastasse i soliti 40 gradi e in sella a un motore che emana altri 100 gradi ti sembra di svenire da un momento a l'altro.
Tanta era la confusione che non abbiamo neanche visto il cartello "Dakar" d'ingresso.
Siamo stati sino alle cinque del pomeriggio ad espletare le pratiche di sdoganamento e carico delle moto e della spiaggia di Dakar neanche l'ombra.
Domani vedremo di recuperare, nel frattempo ho fatto shopping comprando un paio di calzoncini corti per sopravvivere alla calura.
Il viaggio è finito e con esso la meraviglia: un pò di riposo e il tempo necessario per metabolizzare queste cariche giornate e aspettare di avere delle risposte sull'esperienza vissuta.
Va detto che venire a Dakar non ha senso: una sfacchinata al limite per mezzi e uomini per toccare con mano un mito che è meglio far rimanere tale.
Certamente quello che stordisce le nostre abitudini sono i luoghi e la gente che si incontra lungo la strada e soprattutto le condizioni alle quali bisogna essere pronti ad assoggettarsi per continuare a puntare la bussola verso il Sud.
Un'altra avventura è terminata: dal 2 al 10 novembre abbiamo percorso circa 4500 chilometri.
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