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I viaggi dei lettori

Albania e Montenegro: prima puntata

di Riccardo Matesic, foto di Olga Matesic il 20/01/2011 in I viaggi dei lettori

Non è un lettore qualsiasi, bensì il nostro 'difensore civico' Riccardo Matesic: ecco il resoconto in due puntate del suo tour balcanico

Albania e Montenegro: prima puntata
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I velisti dicono che, quando si naviga, l'importante non è arrivare a destinazione.
Il bello è proprio viaggiare.
La stessa cosa la possiamo dire noi dei nostri viaggi in moto, soprattutto quando si fa un giro "all'avventura".
Una di quelle occasioni nelle quali facilmente succedono piccole-grandi cose inaspettate e impagabili.
Stavolta siamo in tre: io e mia figlia Olga sull'Honda CBR 1100 XX, la mia compagna Chiara con il suo Ducati Multistrada.
E allora, com'è questa Albania? Particolare. Strana. Piena di contrasti.
L'impatto è fortissimo quando si arriva. Tanto per cominciare il traghetto che doveva attraccare a Durazzo alle 7 ti scarica alle 12. Perché il porto ha i suoi ritmi rilassati.
Poi c'è il traffico, disordinato, prepotente, pericoloso in alcuni momenti, su un asfalto scivoloso e consumato, con improvvise buche.
La segnaletica è poco diffusa, ma la popolazione è gentile e collaborativa nel dare indicazioni, in molti poi parlano italiano.
La strada che percorre la costa ha dei lunghi tratti bianchi.
Lì i locali, compresi i guidatori degli autobus, vanno tranquillamente a 100 Km/h e si mangia più polvere che nel deserto.
Però la polizia ha le pistole radar, dunque conviene accodarsi a un indigeno, che sa dove sono gli appostamenti.
Poi passi in una città, e scopri che la strada è stata costruita tagliando il centro urbano a metà, con quattro corsie separate da muri alti un metro e mezzo.
Così la popolazione, piuttosto che usare i pochi ponti pedonali, ha costruito scale in legno che lascia poggiate sulla massicciata laterale.
Si attraversa così, sfidando il traffico.
A volte, inaspettatamente, si aprono tratti dove sembra di essere in autostrada, ma poi ti ritrovi con un tizio in piedi sullo spartitraffico, che mostra un coniglio vivo tenendolo per le orecchie: questo è commercio.
Ecco, abbiamo iniziato dalle cose negative.
E le abbiamo dette quasi tutte, così ci siamo tolti il dente.
Perché chi scrive, oltre alla dichiarata origine croata, anche se non l'ha mai detto ha anche… Una remota origine albanese (ma quanto viaggiavano 'sti nonni!).
Il primo impatto positivo è con il ristorante, al pian terreno di un locale dove c'è un matrimonio.
Il padrone è vissuto in Italia per molti anni, a Roma, nel nostro stesso quartiere!
Si comincia a chiacchierare, finisce che ci offre la metà del pranzo.
Una comunicazione è particolarmente importante e sentita: "Ovunque andiate state tranquilli, in Albania non ci sono più problemi di ordine pubblico. Non ci sono campeggi, ma potete mettere le tende dappertutto".
Albania e Montenegro: prima puntata
La strada costiera sale fino a 1000 metri sul mare
Sbarcati da qualche ora, è il giorno di ferragosto. Abbiamo mangiato, stiamo scendendo a sud. Sappiamo che passata Valona la costa è di rara bellezza, l'inizio però è sconfortante.
Un'edilizia selvaggia e disordinata, smog, traffico, paesaggi brulli, solo tantissimi bunker nel terreno. Qualcuno dice che sono 750.000.
Li ha voluti il dittatore Enver Hoxha negli anni Settanta, per preparare la popolazione a fronteggiare un improbabile invasione. Allora qui in Albania tutti sapevano sparare, donne comprese. Come deve essere la vita quando ti fanno sentire sempre in pericolo? Quando si subiscono 40 anni di isolazionismo?
Quando il mondo esterno, proibito, viene regolarmente dipinto come cattivo e ostile? Da bambino mio padre mi aveva portato fino al confine con questo affascinante Paese, spiegandomi un po' di storia e dicendomi che lì non si entrava facilmente. Sono cresciuto con la curiosità e una certa attrazione per il posto proibito.
I pensieri si rincorrono nel casco, mentre entriamo nella periferia di Valona insieme a un harleysta locale, che si muove orgoglioso del suo look amerikano.
Il traffico è asfissiante, e per attraversare la città impieghiamo un'ora.
Chiara inizia a essere stanca e si chiede dove l'ho portata.
Poi però la strada comincia a inerpicarsi in una zona di montagna.
C'è traffico, ma la guida è meno sgradevole.
Si sale, si sale repentinamente, fino a superare i 1000 metri.
Poi si valica e ci si affaccia sul mare. Eccolo qui il paradiso all'improvviso.
Bellissimo, incredibile, inatteso, selvaggio, poco frequentato.
Grazie Albania. Spegniamo il motore e con il cambio in folle affrontiamo la lunghissima discesa verso il mare.
Dall'alto abbiamo puntato una lunga (e ripida) strada bianca che va sulla spiaggia: ci avventuriamo. Quando ci fermiamo abbiamo davanti chilometri di una spiaggia di sassi, quasi tutti per noi. Qua e là c'è qualche persona, e nei cespugli alcune tende e camper, sparsi disordinatamente.
Ci scappa il primo bagno. Qualche chilometro dopo troveremo un paese e una camera. Gli albanesi sono molto puliti, ma non hanno ancora un servizio di raccolta dell'immondizia.
Così la pulizia personale e l'ordine delle case stridono con le enormi cataste di spazzatura che bruciano. La strada che porta alla nostra casa è tanto ripida che le auto riescono a percorrerla a malapena, con le ruote che slittano.
In moto ci vuole un po' di abilità, anche perché dietro la curva ti ritrovi un cumulo di immondizia e un branco di asinelli che se ne nutrono.
Anche la casa ha problemi di elettricità, per cui abbiamo solo una lampadina che funziona tipo lumino votivo.
Andiamo a letto sorridendo e pensando che non è un paese per schizzinosi.
Albania e Montenegro: prima puntata
Le moto sul traghetto fluviale trainato dal cavo
Ci svegliamo con il rumore dei clacson sulla strada. Siamo sulla strada principale che percorre la costa, stretta e caotica. Tutti suonano, pacificamente, senza litigare. Suonano e basta.
Si continua a scendere. Passiamo una base militare bellissima e impossibile, perché proibita ai civili. Una caletta strepitosa, con un bunker dove si infilano le corvette della marina. Siamo vicini al confine con la Grecia.
Ci fermiamo a pranzo in una baietta più turistica: il ristorante è su una palafitta all'apparenza pericolante. Rischiamo e mangiamo con soddisfazione.
La successiva "pennichella" sulla spiaggia ci fa scoprire che gli albanesi sono anche silenziosi, al ristorante come sulla spiaggia.
Li hai vicino e non te ne accorgi, perché anche in compagnia, parlano sempre a bassa voce. Una lezione d'educazione.
Nel pomeriggio visitiamo il centro archeologico di Butrinto, all'interno di una laguna. Poi, invece di tornare indietro, attraversiamo il fiume su una chiatta trainata da un cavo d'acciaio.
Di fronte si vede Corfù. E poi la laguna, le montagne, il confine con la Grecia.
E' sera, cerchiamo un distributore di benzina in una zona di campagna poco abitata.
I locali non parlano italiano, ma capiscono, si passano la voce. Ci perdiamo nelle stradine campestri.
Un'auto ci insegue e ci raggiunge, ci fanno segno di seguirli. Ci fanno strada, così, per simpatia.
Fatto il pieno, imbocchiamo una strada interna che torna a Valona.
È l'imbrunire, il paesaggio è irraccontabile: campagna rigogliosa e disabitata, strazeppa di insetti che impastano la visiera.
Ogni chilometro c'è uno scorcio che meriterebbe una sosta, per rubare con gli occhi un qualcosa che vorremmo riportare via con noi.
Invece finiamo a dormire in albergo, ma va bene così.
Albania e Montenegro: prima puntata
Il lago di montagna "deserto"
Quando si va in vacanza, se si gira per le località più note si conosce un aspetto meno puro del paese che ci ospita.
Succede anche in Albania, dove il turismo ha già contaminato il paesaggio e la popolazione.
Così, prima di andarcene dal Paese delle Aquile (il rapace è nella bandiera nazionale), decidiamo di fare una puntata all'interno.
Passiamo per Gyrokaster: bella, ma non quanto si decanta. Poi vogliamo andare a Berat e Chiara trova sulla carta una strada di montagna.
E' segnalata come secondaria, ma asfaltata.
Puntiamo a quella.
I paesaggi all'interno sono ruvidi, con le montagne che si affacciano prepotenti e pochissime case qua e là.
Fiumi, boschi… Bello.
Non c'è segnaletica: fortunatamente ovunque vai trovi persone che lavorano in Italia e sono qui per le vacanze.
Ci dicono che la strada che abbiamo scelto non è percorribile.
Questa però l'avevamo già sentita da altre parti, e non era vera.
Ci avventuriamo lo stesso e ci ritroviamo su una strada bianca, con buche profonde e tratti di pietraie.
Abitazioni neanche l'ombra.
In compenso ogni tanto incontriamo dei contadini a dorso d'asino e una macchina fuoristrada.
Siamo preoccupati: le nostre moto non sono in grado di camminare su un simile fondo.
Soprattutto la mia, sportiva, sovraccarica.
Ci dicono che mancano sei chilometri, ma non si arriva mai.
All'improvviso ci si apre davanti un laghetto di montagna: con noi ci sono tre mucche e un po' di capre.
Scatta il bagno!
Un mese prima lo avevamo fatto anche sulle Dolomiti, ma intorno c'era un sacco di gente che vociava.
Qui siamo soli.
Nuotare e contemplare il silenzio: non l'avevo scritto sull'agenda come priorità, sbagliavo. Quando risaliamo in moto sono le 15, fa sempre caldissimo (una costante del viaggio), ma dopo qualche altro chilometro troviamo un borgo di cinque case. E c'è un ristorante (ma chi ci viene qui???).
Ci vedono sudati e sporchi, capiscono immediatamente. Apparecchiano.
Sbucano birra gelata e insalata del loro orto.
Mangiamo con i bambini del paese seduti al nostro tavolo e il nonno che a gesti vuole farci capire che siamo simpatici.
Quando stiamo per andare via compare un ragazzo che lavora in Italia.
In dialetto bresciano ci spiega che siamo su una strada fatta da Mussolini, prima della guerra.
Da allora è caduta in disuso e se vogliamo proseguire abbiamo davanti altri 45 Km come i 30 che abbiamo già fatto, stavolta però senza incontrare neanche una casa.
Siamo stanchi e non abbiamo le moto giuste: accettiamo il consiglio di riscendere a valle e, guidati da una macchina locale che fa da apripista, prendiamo un altro viottolo, Stavolta semiasfaltato.
In 20 km di sofferenza sbuchiamo nuovamente su una strada percorribile più agevolmente.
Una maledetta terribile fantastica giornata che vorremmo rivivere altre cento volte!
Albania e Montenegro: prima puntata
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