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10 anni di Sport

a cura della redazione di motonline.com e Dueruote il 13/09/2010 in Attualità

Lo sport vive di sfide: la nostra è stata quella di trovare i 10 momenti che rimarranno nella storia in questi ultimi 10 anni. Lo sport è emozione: per questo, qui, leggerete scelte di cuore

10 anni di Sport
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E' bello pensare insieme ai fatti e agli eventi che hanno scritto la storia del motociclismo in questi ultimi 10 anni. E' come tuffarsi nel lago dei nostri ricordi più belli. Riprovare le emozioni che ci hanno causato felicità, ammirazione, divertimento. Anche dolore, se si pensa alle gesta di campioni che non ci sono più e che hanno dato la vita per mettere in scena ogni volta per noi lo spettacolo irripetibile di un gesto sportivo.
Difficile quindi fare delle liste e impossibile fare delle classifiche. Per questo, nel nostro speciale motonline.com dedicato a questi dieci anni di lavoro e di passione insieme, troverete i fatti in ordine cronologico.
Questa è sostanzialmente l'unica regola. La scelta è stata corale: abbiamo stilato ognuno le nostre liste e le abbiamo confrontate insieme in redazione. Abbiamo tenuto tutti gli elementi comuni e scartato gli episodi isolati. Ma di malavoglia. E non serve spiegarvi il perché.
10 anni di Sport
Manuel Poggiali in sella alla Gilera vince in volata la gara di Le Mans
Per Manuel Poggiali e la sua Gilera 125 questo 2001 è un anno magico. Vince tre gare (Le Man, Estoril e Valencia) e totalizza 11 podi.
Il giovane sammarinese ha solo 18 anni ma vanta una regolarità che si dimostra vincente nella sfida con Ui (che è primo in sei gare), Vincent ed Elias.
Il 3 novembre si decide tutto a Rio. La pista è bagnata e cadere è facilissimo, Manuel rischia più di una volta ma conclude ugualmente la gara arrivando quinto al traguardo. E' matematicamente campione del mondo della 125. Un'impresa che riporta il titolo alla Gilera 44 anni dopo Libero Liberati.
10 anni di Sport
Valentino Rossi, Loris Capirossi e Max Biaggi: i tre moschettieri dell'ultimo anno di GP500
Luigi Rivola

Non morte naturale, ma delitto premeditato. Il crimine, che alla fine del 2001 porta alla scomparsa della 500, la classe che dall'inizio della storia del motociclismo era sempre stata regina delle corse di velocità in motocicletta, ha un attore principale: la Dorna, con la complicità molto attiva delle Case giapponesi e della Federazione Motociclistica Internazionale.
Il movente? La necessità di eliminare la concorrenza del mondiale Superbike, ormai fastidiosa per la Dorna.
Il tutto avviene sotto la copertura di tre alibi: una certa stanchezza del pubblico nei confronti del vecchio regolamento, che ormai vede moto di identiche caratteristiche tecniche, tutte a due tempi, battersi al vertice dello sport motociclistico; la volontà delle industrie di avvicinare i simboli della massima tecnologia ai modelli di serie più prestigiosi, tutti a 4 tempi; la bigotta convinzione che il motore a due tempi è da mettere all'indice poiché troppo inquinante.
Così nel 2001 l'ultimo campionato mondiale della classe 500 vede schierate quattro Case ufficialmente: la Honda, con la NSR 4 cilindri a V, guidata da Valentino Rossi, Tohru Ukawa e Alex Criville; la Yamaha, con la YZR 4 cilindri a V affidata a Max Biaggi e Carlos Checa; la Suzuki con la RGV 4 cilindri a V a disposizione di Kenny Roberts Jr e Sete Gibernau, infine la Proton, con la KR 3 cilindri a V del Team Roberts, pilotata da Jurgen Vd Goorbergh.
Le prime tre corse del campionato sanciscono la superiorità del giovanissimo Valentino Rossi. La quarta, a Jerez, la vince invece Max Biaggi. Il duello tra i due italiani continua per tutta la parte centrale della stagione, con il pesarese che allunga il passo e conquista, dominando, il suo primo titolo mondiale della classe regina.
È un "mondiale" memorabile, non solo perché è l'ultimo per la 500, non solo per la definitiva consacrazione di Rossi come fuoriclasse indiscusso, ma anche perché la classifica finale vede tre italiani ai primi tre posti: Rossi, Biaggi e Capirossi: un tributo al motociclismo tricolore che della 500, con Marche e piloti, è sempre per tanti anni il massimo protagonista.
10 anni di Sport
2001: il pilota festeggia con Fausto Gresini il titolo della 250
di Paola Baronio

Il 6 aprile 2003 segna una giornata nera per il motomondiale. A Suzuka, al terzo giro della gara della MotoGP, il giapponese Daijiro Kato, già campione della 250 nel 2001, perde il controllo della sua Honda e cade sbattendo violentemente testa, collo e cassa toracica contro il muretto posto a meno di due metri da bordo pista. L'impatto è devastante. Il giapponese viene portato in coma all'ospedale di Yokkaichi dove si spegne il 20 aprile. Non ha ancora 27 anni. Lascia la moglie e due figli.
La scomparsa di Kato desta grandissima emozione in tutto il mondo ma anche moltissime polemiche riguardanti le frettolose modalità di soccorso e la mancata esposizione della bandiera rossa. La responsabilità dell'incidente viene comunque attribuita alla scarsa sicurezza del circuito di Suzuka. Da allora la MotoGP non tornerà più a correre su quella pista.
di Paola Baronio

17 aprile 2004: Valentino Rossi sfreccia primo al traguardo del circuito di Welkom in volata davanti a Max Biaggi e porta subito la Yamaha M1, una moto finora nettamente inferiore alla Honda RC211V, al successo.
Il campione ha divorziato solo pochi mesi prima dalla Honda con la quale aveva costituito un binomio imbattibile. Una rottura polemica: l'italiano si riteneva l'artefice principale dei successi della RC211V mentre i giapponesi credevano fideisticamente nella supremazia della moto sul pilota. Rossi dimostra in Sudafrica che il fattore umano, il talento, sono superiori a tutto. A Welkom vince l'uomo contro la macchina. Vincono la passione, lo spirito di una squadra coesa, l'innamoramento tra Valentino e la M1. Vince lo sport.
Nel 2004 Rossi conquisterà per la Yamaha il primo di quattro titoli mondiali e insieme ci regaleranno ancora tante altre emozioni. Due per tutte: il sorpasso a Laguna Seca nel 2008 su Stoner e quello all'ultima curva di Barcellona su Lorenzo nel 2009.
Quest'anno, il 15 agosto a Brno, l'annuncio del passaggio nel 2011 alla Ducati.
"Purtroppo anche le più belle storie d'amore finiscono", scriverà il campione.
10 anni di Sport
di Luigi Rivola

Nato nel 1907 per iniziativa di quattro pionieri del motociclismo britannico, il Tourist Trophy ha festeggiato il secolo di vita ed è ancora un mito per moltissimi appassionati che sognano di essere presenti almeno una volta ai bordi del Mountain Circuit dell'Isola di Man.
La sua è una storia unica. Creato allo scopo di lanciare l'industria e consentire lo sviluppo delle moto di serie, si trasforma poi in breve tempo nel tempio della velocità e del pericolo. Chi ambisce a diventare un campione deve vincere al TT; lo stesso obbligo vale per le industrie motociclistiche che puntano a farsi conoscere oltre i confini nazionali. Battere gli inglesi nella loro "tana" è però quasi una missione impossibile. Ci riescono per primi gli americani nel 1911 con la Indian, ma rimane un episodio isolato; la Moto Guzzi compie diversi tentativi negli Anni 20 e 30, finché, nel 1935, corona il sogno vincendo le classi 250 e 500.
Da dove scaturisce il fascino del TT? Inutile negarlo: dalla continua sfida alla morte su un circuito pericolosissimo, lungo oltre 60 km, con curve di ogni genere, percorsi di montagna fra burroni e terrapieni, tratti velocissimi nei boschi, continui cambiamenti climatici: dal sole vivo alla nebbia fitta. Al TT, più che la moto conta l'uomo col suo coraggio che rasenta l'incoscienza, col suo sprezzo del pericolo, con la sua voglia incontenibile di vincere questa corsa.
La prima volta che si corse sul Mountain Circuit fu nel 1911 (prima il percorso era molto più breve) e il vincitore stabilì il giro più veloce alla media di 80 km/h; nel 1955 Geoffrey Duke con la Gilera 500 4 cilindri girò a 160 km/h di media. Oggi il primato è salito a oltre 200 km/h, un'autentica pazzia su un simile tracciato.
Per questo motivo il Tourist Trophy, al cui perdurante fascino è stato pagato e si continua a pagare un altissimo tributo di vite umane, non è più da molto tempo fra le prove del campionato mondiale di velocità. È un fenomeno a sé stante che ogni anno si rinnova vivendo al di fuori del tempo e del pensare comune. Ed è forse proprio per questo che in un mondo in cui vigono ormai regole ferree che disciplinano i comportamenti, e che "proteggono" obbligatoriamente tutti, l'anomalia del Tourist Trophy per alcuni è più affascinante che mai.
10 anni di Sport
di Paola Baronio

23 settembre 2007 - Nello sport si parla spesso e a volte a sproposito, di sogni. Ma il titolo mondiale della MotoGP vinto nel 2007 dalla Ducati è davvero la realizzazione di un grande sogno. La vittoria di Davide contro Golia, arrivata alla quinta stagione di partecipazione nella MotoGP. Il "piccolo" produttore italiano contro i colossi giapponesi. L'ultima volta c'era riuscita la MV, trentatre anni prima con Phil Read
I tempi cambiano, e ora è la volta di un introverso australiano di 22 anni, sorriso duro e freddo come l'acciaio, che cavalca la scorbutica, "ignorantissima" Desmosedici di Borgo Panigale non come fosse un purosangue ma come un razzo lanciato in pista.
Casey Stoner entra nel box, sale sulla moto, compie pochi giri, il giusto che basta per dare il suo ok. Il dialogo con i meccanici e i preparatissimi ingegneri è minimo. Loro lavorano per lui, lui per la moto, tutti insieme per il risultato. Il giorno della gara va in pista, parte come un lampo e di solito non ce n'è per nessuno. Non per Rossi - nel 2007 distratto e sconvolto da grane pesanti con il fisco, la vita privata, il manager -, non per Capirossi, l'esperto compagno di squadra costretto a cedere in fretta al ragazzo australiano il ruolo di prima guida. Non c'è storia: Casey vince 10 gare su 18 e va sul podio altre tre volte. Il titolo arriva matematicamente nelle mani della Ducati al Gp del Giappone. L'australiano a Motegi è solo sesto ma gli bastano una manciata di punti più di Rossi (13°) per diventare campione. E' davvero bello che a vincere quella gara fatidica sia Loris.
10 anni di Sport
Troy Bayliss sul podio con la sua famiglia
di Luigi Rivola

152 corse disputate, 52 vittorie, 94 volte sul podio, 26 superpole, 888 giri in testa. Questo il curriculum del tre volte campione del mondo Superbike, Troy Bayliss, fuoriclasse australiano ritrovatosi in sella alla Ducati non più giovanissimo, ma con un talento inimitabile che lo porta a conquistare un titolo iridato nel 2001 in sella alla 996, uno nel 2006 con la 998, e l'ultimo nel 2008, a 39 anni compiuti, alla guida della nuovissima 1198.
Altri piloti hanno vinto tanto quanto lui, ma nessuno come lui. Bayliss è unico e lo sancisce l'incredibile affetto del pubblico di tutto il mondo nei suoi confronti: non è tifo, ma proprio amore, stima personale, affinità ideale.
Soleva dire: "La mattina, quando mi sveglio, penso a quello che mi è successo nella vita: facevo il verniciatore in una carrozzeria, guadagnavo poco, e mi sono ritrovato a fare il corridore in moto, il mestiere che sognavo, a guadagnare molto e a vincere. Ogni volta che ci ripenso non riesco a crederci, così comincio a darmi dei pizzicotti per convincermi che è vero".
La grande modestia, pur nella consapevolezza delle sue eccezionali capacità, ne ha fatto un personaggio positivo, capace di essere tale in qualsiasi situazione. Come a Donington nel 2007:, una caduta in Gara-1 gli provoca una brutta ferita al mignolo destro. I medici gli dicono che avrebbe dovuto rinunciare a correre per almeno un mese, ma lui, determinato come nessun altro, pur di non perdere neanche un gran premio chiede che gli venga amputato il dito, e dopo 10 giorni scende in pista a Valencia e subito sale sul podio al terzo posto.
La sua carriera si chiude con due vittorie e il terzo titolo mondiale, il 2 novembre 2008, sul circuito di Portimao. Quel giorno, festeggiatissimo sul podio insieme alla moglie, emozionato e commosso, le dice: "In fondo, potrei correre ancora almeno un annetto...". Lei lo fulmina con lo sguardo e non se ne parla più. Fino a quest'anno, quando la Ducati per farlo tornare gli fa un'offerta di quelle che è difficile rifiutare. Lui ci pensa, poi, aiutato dalla sua modestia, dall'intelligenza e senz'altro anche dalla moglie, lascia perdere.
10 anni di Sport
di Andrea Padovani

Il 2008 segna uno spartiacque per il più famoso rally del modo. La Parigi-Dakar sta per partire quando a causa dei problemi legati alla situazione politica in Mauritania, una delle nazioni attraversate dal percorso, viene annullata. Un pugno allo stomaco per i team e i piloti. Una situazione non più sostenibile per l'organizzazione che dall'anno successivo decide di cambiare location: e la nuova frontiera si chiama Sudamerica.
I deserti del Sahara diventano solo un ricordo, la savana e gli sterrati africani cartoline in un album dei ricordi di generazioni di piloti. Dal 2009 la sfida all'avventura corre sulla Cordillera delle Ande, plana sul deserto di Atacama, con un percorso che tocca Cile ed Argentina. L'avventura è sempre la stessa, le difficoltà sempre impegnative da superare, i rischi elevati: a risentirne sono "solo" il fascino e il mito di una gara che nel passato ha lasciato il segno nei cuori dei partecipanti.
Ora è una prova certamente dura per moto, auto e camion, un rally difficile e tirato per i piloti che affrontano sabbia, rocce e guadi. Ma l'alone di misticismo non c'è più. O almeno non c'è ancora…
10 anni di Sport
Max Biaggi è il pilota italiano più vittorioso nella 250, dal 1994 al 1997 ha conquistato quattro titoli mondiali
di Stefano Borzacchiello

Dopo sessant'anni di storia, sulla classe 250 cala il sipario. Sul suo palcoscenico sono stati incoronati piloti mitici, da Bruno Ruffo, primo vincitore nel 1949, passando per Mike Hailwood, Phil Read, Jarno Saarineen, Freddie Spencer, John Kocinski. Ma la "duemezzo" è anche la classe per eccellenza dei nostri piloti: dai successi di Villa alle affermazioni di Luca Cadalora, tanto che dalla metà degli Anni 90 la 250 cc diventa il punto di riferimento del Mondiale calamitando gli interessi degli appassionati con le sfide fra i giovanissimi Max Biaggi e Loris Capirossi e Tetsuya Harada. Nell'albo d'oro della quarto di litro anche Valentino Rossi nel 1999.
La storia della 250 si conclude l'8 novembre 2009 a Valencia con la vittoria dello spagnolo Hector Barberà sempre su Aprilia proprio mentre nei box si scaldano i motori delle Moto2. Inizia una nuova era, la Dorna cambia le regole, i prototipi con motore a due tempi sono rimpiazzati da moto equipaggiate con motori quattro tempi e quattro cilindri (Honda) che possono essere installati su diversi telai.
Il Motomondiale fa "un passo indietro" e tornano a lavorare gli artigiani mentre i grandi costruttori restano fuori. È un successo: l'elenco iscritti vede il tutto esaurito e al via della prima gara di Losail sono 41 i piloti al via.
Vince un "quasi" sconosciuto Shoya Tomizawa, pilota giapponese diciannovenne che purtroppo rimarrà vittima di un incidente mortale a settembre a Misano.

La gara notturna in Qatar segna solo l'inizio di una stagione all'insegna dell'incertezza. Ma è solo il primo anno… Lasciamola crescere.
10 anni di Sport
di Alessandro D'aiuto

Domenica 22 agosto 2010, Gran Premio del Brasile - Antonio Cairoli è primo e secondo nelle due manches e si aggiudica il suo quarto titolo nel Mondiale motocross con due gare di anticipo e cento punti ancora da assegnare.
In questa stagione il siciliano parte da favorito, è campione in carica e il suo palmares è già impressionante (due titoli in MX2 e uno MX1) ma Cairoli ci ha così "abituato" alle sue vittorie che per rendere speciale il 2010 si è dovuto "inventare" gli effetti speciali.
Già, perché a un campionissimo come lui non basta certo conquistare il titolo al debutto con una nuova squadra (KTM): il suo trionfo l'ha maturato addirittura in sella ad una "tremmezzo" in mezzo ad un mare di 450.
Più di così avrebbe dovuto mettersi al cancelletto di partenza con un braccio legato dietro alla schiena… E forse è proprio quello che i suoi avversari vorrebbero vedere perché a 25 anni Cairoli è un pilota giovanissimo ma già maturo e consapevole delle sue qualità: ha una fame di vittorie da far invidia a Valentino e proprio come Rossi non ha paura di cambiare tutto pur di raccogliere nuove sfide. Magari lasciare il Mondiale per trasferirsi al Supercross, da sempre suo sogno nel cassetto.

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