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Francia

Due veterane a Parigi

di Luigi Rivola il 05/09/2001 in Francia

Cinque giorni fra andata e ritorno per un viaggio a Parigi a bordo di due moto "quasi" d'epoca. Strada, tanta, sole e pioggia, per una meta che non delude mai. Più che un itinerario, un diario di bordo

Due veterane a Parigi
La partenza da Milano, viale Certosa 247, sede di Motonline.







A Parigi almeno una volta nella vita bisogna andarci. Non vi farò l'elenco delle meraviglie architettoniche da ammirare, delle curiosità, da scoprire, dei musei da visitare, delle notti da vivere: avrete letto tutte queste cose da qualche parte e vi posso dire solo che è tutto vero, con qualcosa in più che non è scritto, ma che non mancherete di assaporare piacevolmente e di ricordare, una volta arrivati nella metropoli dell'Ile de France.

Queste righe raccontano invece come si è svolto un viaggio da Milano a Parigi: cinque giorni scarsi fra andata, permanenza e ritorno; un viaggio diverso dagli altri perché effettuato con due moto che definire d'epoca è un po' eccessivo, ma che hanno comunque le rispettabili età di 22 e di 25 anni, sufficienti a far inorridire l'impiegata della Europ Assistance alla quale avevo chiesto di poter stipulare una polizza - naturalmente negata - che potesse darci una mano in caso di sorprese.




L'obiettivo del viaggio era "Moto Légende", la grande manifestazione internazionale per moto d'epoca in programma sull'antico circuito di Montlhéry, quaranta chilometri a sud del cuore di Parigi, ma ancora ben dentro alla sua cinta periferica. Andare a Montlhéry con una moto moderna? Ridicolo. Noi - Alberto Dell'Orto e Luigi Rivola - sapevamo di avere le moto giuste per l'occasione: rispettivamente una Moto Guzzi Le Mans (primo tipo) del 1976, rimessa a nuovo totalmente in proprio, e una Honda CBX 1000 a sei cilindri in linea del 1979, acquistata da appena due mesi e fondamentalmente sana, a parte qualche rumoretto qua e là, da sbattimento di catene.
L'avventura è iniziata davanti al palazzo Merloni in viale Certosa 247 a Milano, sede della redazione di Motonline. Giornata molto calda, soleggiata, con previsioni del tempo pessime verso il confine con la Francia. Siamo partiti alle 13, diretti a Torino - via autostrada - per passare in Francia attraverso il tunnel del Frejus.






Uscire da Milano in un’ora di punta? Con la moto non è un problema. In un attimo siamo in tangenziale; pochi minuti dopo entriamo in autostrada. Torino è davvero ad un tiro di schioppo da Milano e i nostri “fucili” funzionano a meraviglia. La tangenziale del capoluogo piemontese ci porta subito oltre la città e imbocchiamo l’autostrada che, passando da Susa, mena al tunnel del Frejus.
Non abbiamo toccato cibo, quindi, alle 15 passate, prima di addentrarci nel tunnel e passare in Francia, decidiamo di calmare almeno un po’ i morsi della fame. Ci fermiamo nell’ultima stazione di servizio prima del tunnel, buttiamo giù qualcosa al bar, e quando usciamo troviamo due camionisti francesi che osservano con aperta ammirazione le nostre due moto. Lusingati (i francesi in genere non sono molto espansivi) risaliamo in sella e, dopo aver pagato 31.000 lire per goderci lo spettacolo e il transito, ci “spariamo” dentro la montagna.




Siamo in Francia da una trentina di chilometri, quando Alberto si accorge che la gomma posteriore si sta sgonfiando. Usciamo dall’autostrada e ci fermiamo in una stazione di servizio vicino ad un pub affollato di motociclisti tatuatissimi e ben dotati di boccali di birra; la stazione di servizio è inattiva perché – scopriamo – in Francia è festa e non si lavora; intanto la gomma di Alberto si è afflosciata del tutto.
Viene in nostro aiuto il padrone del pub, motociclista anche lui, con tatuaggi e testa calva d’ordinanza e un’immagine generale poco tranquillizzante. Invece è gentilissimo: ci fornisce le monete per poter gonfiare la gomma, anzi la gonfia personalmente e si assicura che possiamo ripartire. Prima di lasciarci, ci mostra con orgoglio la sua moto: una vecchia Honda CB 750 Four, tutta nera, con la scritta “Satanas Roller”.




Ripartiamo. Dopo una decina di chilometri percorriamo una galleria dell’autostrada, in fondo alla quale lampeggia una scritta: “pioggia”. Freniamo prima di uscire, ci fermiamo al bordo del marciapiede interno e aspettiamo un po’. Fuori effettivamente piove e non sembra che il tempo abbia intenzione di favorirci. No problem! Indossiamo i completi da acqua e impavidi affrontiamo le intemperie. Piccolo problema in più: mentre mi cambiavo, mi è caduto a terra il biglietto dell’autostrada e si è infilato – guarda caso – nella canaletta di scolo delle acque della galleria; impensabile recuperarlo, ma la previsione di rapina al casello non si avverano: un piccolo sovrapprezzo e sono in regola col pedaggio.
Smette di piovere e proseguiamo per Lione, da cui ci separano poco più di 100 chilometri, pochi, ma dopo un po’ di strada la pioggia ci attende nuovamente al varco, e stavolta fa sul serio. Per una ventina di chilometri affrontiamo un vero diluvio, poi torna l’asciutto e il caldo. Al tramonto arriviamo a Lione e senza troppo sforzo troviamo un albergo della catena Ibis, pronto ad accogliere noi e le nostre moto.






Da Lione a Parigi non c’è molto da raccontare. Se si ha tempo, da Lione ci si può dirigere a nord-ovest fino a Roanne, per poi puntare su Orleans costeggiando sempre la Loira su una comoda statale che ogni tanto diventa superstrada, quindi raggiungere Parigi attraverso l’autostrada che la unisce ad Orleans. È un percorso alternativo piuttosto bello e comodo, che comporta oltretutto un ragguardevole risparmio, visto i costi delle autostrade in Francia. Noi però abbiamo fretta: dobbiamo tassativamente raggiungere Montlhéry in giornata, per cui l’autostrada è una scelta scontata.
Mi preparo a una lunga sgroppata a 6000 giri fissi (circa 140 km/h) sul contagiri della mia CBX 1000; metto in posizione le pedane del passeggero per un assetto più comodo e, per vedere più positivamente ciò che mi attende (non amo affatto l’autostrada, specie in moto) mi immagino di essere Leon Serpollet, pioniere dei veicoli a vapore, che nel 1889 partì da Parigi con un suo triciclo per un viaggio dimostrativo sino a Lione. Riuscì nell’impresa, ma il veicolo ebbe un tal numero di rotture, che al termine del viaggio pesava 200 kg più che alla partenza. Certo che io con una CBX di 450 kg non riuscirei a tornare a casa...




Fantasie storico/tecniche a parte, Alberto e io ci stampiamo in negativo per contatto, sul sedere, i ghirigori della sella, ma facciamo volare i chilometri: una tirata fino ad Auxerre ci fa sparire dalla tabella di marcia i primi 300 km; gli ultimi 200 sono una passeggiata: basta fare il count-down e il morale cresce, mentre la fatica cala. Prima del tramonto arriviamo al grande discesone dell’autostrada che mena direttamente a Port d’Italie, uno degli ingressi al centro di Parigi. Prendiamo un’uscita periferica e arriviamo al nostro albergo. La prima parte della missione è compiuta.
Note di viaggio: la CBX ogni 140-160 km deve far rifornimento, nonostante il capace serbatoio. Caspita se ciucciano ‘sti sei cilindri! La Le Mans di Alberto invece beve poco più di un ciclomotore. Però la sua continua a doversi fermare, ogni 200 km circa, per rigonfiare la gomma posteriore, che ormai si è stabilizzata su questo ciclo di sali/scendi. Alberto vuole ripararla al ritorno in Italia.






Se siete interessati a ciò che abbiamo visto o fatto a Montlhéry, andatevelo a leggere a parte. Qui parliamo di Parigi, una delle meraviglie del mondo. Abbiamo detto all’inizio che non vi tedieremo raccontandovi cose che potete trovare su tutte le guide. Vi dico solo: sapete che cosa piace a me di Parigi? Tutto.




In particolare mi piace passeggiare lungo la Senna, guardando gli onnipresenti negozi ambulanti di vecchie cose addossati al muro che separa la strada dal fiume, mi piace andare la sera nei prati fra l’Ecole Militaire e la Torre Eiffel, dove si incontra gente di ogni genere e di ogni età, mi piace andare in centro nelle vie zeppe di negozi e comprare delle ostriche da succhiare al volo, ma anche ai Campi Elisi di notte, perché lì la notte finisce solo quando aprono gli uffici e le fabbriche. Il tutto guardandomi sempre attorno, perché ogni angolo di Parigi è uno spettacolo.




Il Louvre? Gli impressionisti? La Gare d’Orsay? Certo: guai a perdersi questi percorsi obbligati, ma come ho detto, sono su tutte le guide ed è inutile che ve li suggerisca io. Però ho due “chicche” che difficilmente si trovano sulle guide: per gli appassionati di tecnica, il Conservatorio d’Arti e Mestieri, dove si trova tutto ciò che a Parigi si fece fra ‘700 e primo ‘900 nel campo della scienza e della tecnica: dal carro a vapore di Cugnot del 1769, all’aeroplano di Ader del 1897, alla moto a cinque cilindri a stella di Millet del 1888, al pendolo di Focault. L’altro suggerimento è per chi subisce il fascino dei grandi personaggi della storia contemporanea: il cimitero monumentale di Pere Lachaise, un’area enorme nel cuore di Parigi, dove, girando fra tombe che sono squisite opere d’arte, incontrerete Bugatti, Modigliani, Maria Callas, Puccini, Chopin, Jim Morrison, Oscar Wilde, Yves Montand e anche la Contessa di Castiglione, che fu amante di Napoleone III, mandata da Cavour, per convincerlo ad entrare in guerra a fianco del Piemonte contro l’Austria.






Il viaggio di ritorno inizia a mezzogiorno di una domenica caldissima. Lasciamo Parigi sotto eccellenti auspici: Alberto ha ritrovato la chiave, smarrita in camera, della sua 850 Le Mans che per due giorni aveva avviato unendo con circospezione i fili estratti dal blocchetto d’avviamento e facendo immaginare chissà quali loschi traffici ai francesi, sempre diffidenti nei confronti degli italiani.
Abbiamo deciso di seguire un itinerario diverso da quello dell’andata, ma i primi 300 km ci rivedono sulla A6, la Parigi Lione, già percorsa all’andata.
L’abbandoniamo alla prima diramazione per Digione, dove giungiamo nel primo pomeriggio, facendo una sosta in centro per una rinfrescata per noi – sudatissimi – e per le nostre vecchie moto – del tutto arzille.





Da Digione si riparte in direzione delle Alpi. Un breve tratto di autostrada ci porta oltre Dole, quindi dobbiamo uscire perché l’autostrada prosegue in direzione di Bourg En Bresse, mentre noi puntiamo verso la Svizzera. Seguendo la statale che comincia ad inerpicarsi fra bellissimi boschi, arriviamo a Poligny e ci mettiamo alla ricerca di un distributore, visto che non ne abbiamo incontrato nemmeno uno da Digione, distante ormai 70-80 km, e già a Digione avevamo già fatto un bel po’ di strada dall’ultimo pieno. Niente da fare: i distributori sono chiusi. Proseguiamo per altri 25 chilometri di leggera salita fino a Champagnole e lì, dopo aver fatto due volte il giro del paese ed esserci rassegnati a cercare un albergo per passar la notte, troviamo finalmente un distributore self-service.





Ripartiamo col morale risollevato e ci divertiamo a sprecare un po’ di quella benzina tanto sospirata sveltendo il passo sulla bella e tortuosa statale con scarso traffico. In un baleno divoriamo altri trenta chilometri di montagna e arriviamo a Morez, località turistica a 700 m di altitudine, che dista appena otto chilometri dal confine svizzero. Decidiamo di fermarci lì, troviamo un bell’albergo e ceniamo in una trattoria turca, dove ci satolliamo spendendo un terzo di quanto richiestoci nelle varie brasserie di Parigi.






Alle 9.30, terminata la rituale e abbondante colazione, siamo già in sella. In noi e nelle nostre moto arde la voglia di arrivare a casa, come sempre succede quando si sa che è l’ultimo giorno di viaggio. Questa ansia trova sfogo nella lunga discesa che, superato il confine franco-svizzero a La Cure, mena dal Col de la Givrine (1228 m) al lago di Losanna, o di Ginevra che dir si voglia, all’altezza del paese di Nyon. Una discesa che si snoda su un tracciato misto stretto non certo ideale per le nostre moto, per i loro vecchi e superati freni (specialmente quelli della CBX), per le strettissime gomme e per le sospensioni d’altri tempi, ma estremamente invitante. Così la Guzzi e la Honda per 25 chilometri ritrovano la gioventù (e io con loro).




A Nyon torniamo in autostrada e con questa raggiungiamo Losanna, poi proseguiamo, sempre in autostrada, per Martigny. Il caldo a livello del lago si fa sentire molto, ma presto arriveremo fra la neve...
A Martigny, anziché puntare su Aosta attraverso il Gran San Bernardo, ci dirigiamo a Briga; a Briga imbocchiamo la statale del Sempione, una strada appena rifatta, con arditissimi viadotti e lunghi tratti protetti. Le curve sono ampie, per cui, nonostante la pendenza, si può procedere di passo spedito; in poco tempo arriviamo ai piedi della grande aquila di pietra che marca l’antico passo; pranziamo davanti all’enorme edificio dell’ospizio fatto costruire da Napoleone, ci godiamo la vista della neve, che abbassa un po’ una temperatura altrimenti rovente, poi torniamo in sella dopo aver salutato un laverdista olandese e scendiamo lungo il versante italiano.




Appena passata Domodossola ritroviamo il caotico traffico italiano, ma ciò non ci impedisce di raggiungere in breve tempo Sesto Calende e di coprire in autostrada gli ultimi chilometri che ci separano da Milano, dove arriviamo a metà pomeriggio, sfatti più per il caldo che per le ore di guida. La mia CBX è tutta uno sbattere di catene, ma Alberto, tecnico sopraffino, si arma di un paio di chiavi, interviene sul tendicatena della distribuzione e il rumore scompare. I sei cilindri della mia Honda sarebbero pronti per ripartire subito per Parigi. Io no. Prima mi devo riposare.


La Francia è uno dei Paesi europei in cui è più facile risolvere i problemi di soggiorno e placare l’appetito in maniera del tutto soddisfacente. Per quanto riguarda i ristoranti, la scelta è amplissima, così come ampia è anche l’escursione dei prezzi. In questo senso, almeno a Parigi, ho notato un peggioramento: molte “brasserie” – le nostre trattorie – si sono un po’ montate la testa ed hanno notevolmente alzato i prezzi mantenendo invariati il servizio e la qualità. Il che significa che, come è capitato a noi, si può mangiare nella più antica e famosa trattoria di Parigi, “A La Petite Chaise” (rue de Grenelle – tel. 01.42221335) e mangiare raffinati piatti di cucina francese spendendo 70.000 lire a testa, vini compresi, poi scendendo a più miti pretese, ritrovarsi un conto di 90.000 lire a testa in un ristorantino di periferia, con menù scarso e servizio da dimenticare...
Per fortuna non è sempre così: si può mangiare al ristorante mediamente con circa 40.000 lire, e se ci si accontenta dei ristoranti “etnici” ci si può saziare, e bene, anche con 25.000 lire.
Molto diverso il discorso relativo ai pernottamenti. In Francia esistono diverse catene di hotel popolari studiati per le esigenze del turismo giovane e delle famiglie. Si va dalla catena “Formula 1” (http://www.hotelformule1.com/formule1), la più economica e diffusissima, alla “Campanile” (http://www.envergure.fr/campanilefr.html), alla “B&B” (http://www.hotel-bb.com), alla rete degli hotel Ibis (http://www.ibishotel.com/ibis/index.html), i più cari (attorno alle 100.000 lire per notte la camera singola), ma con servizi e arredamento a livello di alberghi molto più costosi. I migliori come rapporto prezzo/qualità/servizi sono gli Hotel B&B, che offrono camere per 1-2 persone tra 195 e 240 fr. (58.500/72.000 lire) e camere per 3-4 persone a tra 240 e 290 fr. (78.000/87.000 lire); sono camere moderne, ben arredate, pulite, con servizi sufficientemente ampi e una dotazione che va dal televisore con antenna terrestre e satellitare, alla presa per il modem del computer.
Molti di questi alberghi, in particolare i B&B e i Formula 1, di notte non hanno personale di servizio, ma le camere si possono ottenere egualmente utilizzando una specie di “distributore automatico di camere”, che per il pagamento accetta la carta di credito e fornisce un codice d’accesso per l’ingresso all’hotel e alla camera acquistata. Su internet si può prenotare ed ottenere la mappa completa di tutti gli hotel di ciascuna catena.


Località
Istruzioni
Dist. (km)
Andata
Milano Tangenziale ovest, quindi autostrada A4 MI-TO 0,0
Settimo Torinese Si lascia la A4, si percorre la tangenziale di Torino, quindi si imbocca la E70 per Susa - Traforo del Frejus 130
Traforo del Frejus Al termine del tunnel, in territorio francese, superata Modane, la E70 diventa A3 222
Lione Fine prima tappa. Da Lione si riparte percorrendo la A6 in direzione Nord. Subito dopo l'uscita per Beaune, attenti a non seguire la biforcazione per Digione 450
Parigi Si arriva dalla A6, dopodiché bisogna aver chiare le idee su dove andare, altrimenti è facile confondersi con le uscite 910
Ritorno
Parigi Dalla "Periferique" ci si immette sulla A6 fino al primo bivio per Digione 0,0
Digione Arrivati a Digione dalla A38, si attraversa la città, poi si prende la A39 fino all'uscita per Poligny, quindi si continua sulla N5 fino a Morez. Fine della terza tappa. 310
Morez Poco dopo Morez si entra in Svizzera. Si segue la strada per Nyon. A Nyon si prende per Losanna. 445
Losanna Da Losanna si fiancheggia, sulla statale o sull'autostrada, il lago fino a Martigny, poi si punta su Briga passando da Sion. A Briga c'è la deviazione per il Passo del Sempione. 515
Passo del Sempione Si passa il confine Svizzera- Italia poco prima di Iselle; scendendo da Domodossola si costeggia la sponda occidentale del Lago Maggiore, poi, a Sesto Calende, si entra nell'autostrada che mena dritta a Milano. 705
Milano Fine del viaggio di ritorno. 845
TOTALE 1755 km
Due veterane a Parigi
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