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Toshihiro Suzuki: "Siamo tornati a investire sulla gamma e abbiamo un progetto esclusivo"

di Marco Gentili il 24/11/2016 in Attualità

Nel corso del 2016 Toshihiro Suzuki ha preso il timone del colosso che porta il suo stesso cognome, succedendo al padre Osamu. Oggi è l'uomo che conduce la riscossa direttamente dal quartier generale di Hamamatsu. Ci spiega strategie, progetti e piani futuri…

Toshihiro Suzuki: "Siamo tornati a investire sulla gamma e abbiamo un progetto esclusivo"
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L’atteggiamento molto "nipponico" tenuto da Toshihiro Suzuki, al timone come presidente e CEO (ovvero amministratore delegato, ndr) dell'azienda che porta il suo nome, è emblematico di una visione del mondo differente dalla nostra. Suzuki-San non parla un ottimo inglese e, nel corso dell'intervista, preferisce parlare nella sua lingua madre e farsi aiutare da un traduttore.

La morale della favole è che ci sono due modi di fare le cose: bene o male. Se uno non è un grado di farle bene, meglio non improvvisare: si rischia la figuraccia. Questo dettaglio è a modo suo metafora di ciò che è accaduto a Suzuki negli ultimi anni. Altri produttori giapponesi hanno saputo cavalcare la crisi lanciando nuovi modelli e conquistando quote di mercato. Ad Hamamatsu, quartier generale dell'azienda, non erano pronti per fare un passo analogo. E hanno preferito aspettare, a costo di sembrare "quelli che facevano sempre le stesse moto".

Adesso quel periodo è finito, come testimonia la pioggia di novità sostanziali arrivate tra i saloni di Colonia e Milano: nove, dalla dream bike GSX-R1000R derivata dalla MotoGP alla piccola naked GSX125S.

Suzuki, cosa avete fatto degli anni della crisi? In Europa si erano un po' perse le vostre tracce.
"Negli scorsi anni il pubblico europeo e americano ha avuto la percezione che la nostra divisione moto stesse vivendo una fase di bassa. Abbiamo fatto fronte concentrandoci sui mercati asiatici e sviluppando le piccole cilindrate, che ci hanno aiutato a crescere in termini di volumi. Non dimentichiamoci che, essendo una multinazionale, dobbiamo pensare in un'ottica globale".

Il rilancio delle due ruote da dove passa?
"Quest'anno siamo tornati a investire molto sulla gamma, in termini di rilancio di nuovi modelli. Tutti, dal più piccolo al più grande, rispondono alla stessa filosofia, che è quella di garantire il massimo piacere di guida e l'esperienza in sella più esaltante possibile. In più, abbiamo deciso di creare piattaforme di moto, famiglie da far crescere. Ed è così ad esempio che abbiamo ampliato le GSX e le V-Strom con motori di cubatura inferiore (i nuovi modelli 250, ndr)".

E il futuro cosa ci riserva?
"Dopo essere cresciuti verso il basso, torneremo a espanderci verso l'alto. Nella sua lunga storia Suzuki si è contraddistinta per l'unicità e i contenuti tecnologici dei suoi mezzi. Sviluppando moto come la GSX-R1000R noi creiamo tecnologia che a cascata andrà a migliorare tutta la gamma sottostante".

Molte case hanno deciso – e sono state ripagate dal mercato – di investire sul filone delle modern classic. Dobbiamo aspettarci qualcosa del genere anche da Suzuki?
"Conosciamo bene quali sono le richieste del mercato europeo. Negli anni scorsi ci siamo chiesti spesso se valeva la pena fare degli investimenti per lanciare una scrambler o una cafe racer, ma alla fine abbiamo preferito dire di no. Non sarebbe stata una moto che rispecchia i valori del nostro marchio. Piuttosto, abbiamo un'altra cosa in ballo che attingerà dalla nostra storia".

Ci spieghi meglio.

"I nostri ingegneri sono al lavoro su un progetto di moto esclusive, in piccola serie, che ci riporterà a quanto di grande abbiamo fatto in passato. Sto parlando della RG Gamma e della Katana. Non so ancora dire quando sarà, ma non dovrete aspettare molto tempo…".

In tema di moto sportive, cosa vi aspettate dalla nuova GSX-R1000R?
"È la nostra flagship bike, la moto che meglio incarna i nostri valori e un concentrato di tecnologia che dalla MotoGP si trasferisce su una stradale. Siamo in attesa di raccogliere la risposta dei nostri clienti. L'idea è quella di tornare con questa moto a correre nel mondiale Superbike".

Parlando di corse, vi aspettavate che il ritorno in MotoGP fosse fin da subito così brillante?
"Siamo tornati lo scorso anno dopo tre anni di pausa e i risultati sono stati sorprendenti. Dopo un 2015 di rodaggio, il 2016 ci ha portato tre podi e una vittoria con Maverick Viñales. Questo è la misura della qualità dei nostri ingegneri, che sono tra i migliori al mondo, e ci spinge a insistere sempre di più sullo sport per sviluppare nuove tecnologie da mettere in produzione. Inoltre i successi in pista sono uno stimolo alle vendite non solo dei modelli più sportivi, ma dell'intera gamma".

In passato abbiamo visto un concept chiamato Recursion con motore sovralimentato. Resterà un bell'esercizio di stile oppure arriverà in produzione?
"Dobbiamo decidere cosa fare sia per quel che riguarda il turbo, sia per l'elettrico. Entrambe le opzioni potrebbero essere valide e sono al nostro studio. Non ci precludiamo nessuna strada di sviluppo".

Di
recente BMW ha lanciato Vision, concept di come immagina la moto del futuro. Qual è la vostra visione?
"Immagino che la Suzuki del futuro sarà connessa e sfrutterà le potenzialità della rete Internet. E nel nostro caso beneficerà delle sinergie tecnologiche che siamo in grado di sviluppare tra la divisione auto e la divisione moto. Bisogna però stare attenti a non abusare delle tecnologie. Faccio un esempio pratico: le ruote che sterzano in maniera automatica e intelligente esistono già, ma si tratta di una cosa che rischia di distruggere il divertimento di guida. La moto del futuro secondo BMW è studiata per non cadere. Ma il fatto stesso di cadere è parte integrante dell'andare in moto. Quale motociclista vorrebbe una cosa del genere? Un conto è la sicurezza, un altro è snaturare l'identità di un mezzo di trasporto emozionale come la moto".

Quali sono i freni alla diffusione della moto elettrica? La tecnologia costruttiva esiste.
"I grossi produttori, noi compresi, non se la sentono di fare investimenti ingenti quando in moltissime economie emergenti del mondo – e penso a quelle asiatiche – così come in molti Paesi industrializzati mancano le infrastrutture necessarie alla ricarica. Questo è un ostacolo al momento troppo grande da superare".

La mobilità di domani passa anche dalla condivisione di mezzi a due ruote?
"Un motorbike sharing con mezzi della Suzuki? Per le piccole cilindrate o gli scooter potrebbe funzionare".

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