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Aprilia Dorsoduro 900: sotto il vestito... cambia tutto

Alfredo Verdicchio il 23/06/2017 in Anteprime

Aprilia rinnova la sua motardona donandole un nuovo motore da 900 cc, sempre bicilindrico a V di 90°. Tanta coppia in più e una ciclistica rinnovata per un divertimento assoluto tra le curve. Costa 9.690 euro chiavi in mano

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Dici maximotard e pensi alla Aprilia Dorsoduro. Muscolosa, dal look inconfondibile, con un telaio misto traliccio-piastre laterali in alluminio che fa sangue, una ciclistica votata al divertimento e un motore dalla schiena coinvolgente. Tutto questo è la Aprilia Dorsoduro 900, che oggi si presenta sì con lo stesso vestito di sempre (il design non cambia di una linea dalla precedente 750), ma con in più novità di sostanza, relative alla ciclistica e al motore.

Ed è da quest'ultimo che diamo il via alla scoperta della Dorsoduro 900. Già, 900, perché a differenza della precedente versione, il bicilindrico a V di 90° cresce di dimensioni passando da 749,9 cc a 896,1 cc. Portandosi dietro prestazioni superiori, non tanto nella potenza dichiarata (95 CV sono gli stessi dichiarati per la 750, mantenuti per andare incontro ai patentati A2) quanto nella coppia massima a disposizione, 90 Nm contro 80,9 Nm della settemmezzo. Una bella dose di muscoli in più ai medi regimi ottenuti lavorando sulla corsa dei pistoni, sulla riduzione degli attriti di quest'ultimi, l'adozione di nuovi spinotti e albero motore, insieme a un più efficace circuito di lubrificazione interna. A cambiare rispetto allo stesso montato sulla sorella Shiver è il rapporto della trasmissione finale, leggermente più corto per dare più brio quando si va a riprendere il gas.

Dal punto di vista elettronico, arriva un inedito traction control disinseribile e gestibile su 3 livelli di intervento, che affianca le già presenti 3 mappe motore. Come per la Shiver, anche sulla Dorsoduro 900 arriva una nuova forcella con steli da 41 mm regolabile nel precarico molla e nell'idraulica in estensione, ma con un'escursione di 170 mm. Invariato il mono, anch'esso con le stesse regolazioni della forcella e con un'escursione di 160 mm. Rispetto alla sorella nuda, la Dorsoduro 900 sfrutta un interasse più lungo (1.515 mm contro 1.465 mm della Shiver 900).

Una volta in sella è come tornare a casa. L'ergonomia ben calibrata è la stessa goduta sulla versione 750, con una seduta che è un mix tra la postura da supermotard e il posizionamento lungo la sella più da naked. E difatti, la Dorsoduro va guidata proprio come una nuda, con il busto non troppo sul serbatoio e muovendo il corpo dentro le curve. Sin dalla prima piega è chiaro quanto sia diversa dalla sorella Shiver, con una maggiore reattività sia in ingresso sia in uscita di curva, pur offrendo una buona precisione in percorrenza. Quando il ritmo di guida si alza, invece, la Dorsoduro si mostra un po' nervosetta, soprattutto se la si guida di forza, strapazzandola tra una piega e l'altra.

Nulla che non si possa risolvere con uno stile più progressivo, anche perché la ciclistica è di quelle che rassicurano. Entrambe le sospensioni offrono un buon sostegno in tutte le fasi di guida, in frenata quando si dà fondo alla potenza della coppia di dischi all'anteriore (grazie anche alla buona dosabilità offerta dalla leva al manubrio) e soprattutto in uscita di curva, dove il mono non subisce troppo la spinta del motore, a garanzia di una guida neutra ed efficace.

A proposito del motore, il bicilindrico non è forse un portento fino ai 3.000 giri, però l'erogazione è sempre bella progressiva e pulita, la risposta ai comandi del gas puntuale (giusto un pizzico brusca con la mappa Sport, quando si pela il gas a centro curva) e con ai medi regimi una spinta muscolosa, coinvolgente e mai aggressiva. E se si esagera col gas, c'è sempre il controllo di trazione, davvero impeccabile e parecchio discreto nel "tagliare" la potenza nei livelli 1 e 2, fin troppo invasivo il 3. Il twin vibra anche un po' all'altezza delle pedane quando si sta costanti sui 5/6.000 giri, ma nulla di non sopportabile, anche in visione di un uso più turistico.

Peccato solo per il calore sul piede destro sprigionato dal catalizzatore, e per un'autonomia limitata dai soli 12 litri di carburante e un consumo non proprio contenuto: durante il test di 120 km, il computer di bordo ha registrato 15.6 km/l.

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