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Motore a due tempi: funzionamento e sviluppo

Federico Garbin il 27/04/2018 in Attualità

Quella nuvoletta azzurra e il suo tintinnio, hanno stregato più di una generazione. Oggi è diventato un'eccezione, ma ancora molti appassionati lo scelgono e lo sognano. Viaggio nella tecnica: ecco come funziona e su quali moto è ancora montato il motore 2T

Motore a due tempi: funzionamento e sviluppo
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Sta ormai scomparendo dal panorama motociclistico, ma il motore a due tempi ha ancora una foltissima schiera di affezionati, soprattutto nel mondo dell’off-road. Sì, i punti a favore sono molti: si tratta di una tipologia di propulsore più leggero e semplice del 4T e, generalmente, offre prestazioni più elevate a parità di cilindrata e frazionamento. Tutto positivo dunque? No, c’è una contropartita importante: la combustione è più problematica, quindi le emissioni inquinanti sono maggiori. E sulle emissioni non si può più transigere.

La soluzione ci sarebbe: passare all’iniezione, meglio se diretta; ma la stessa struttura del due tempi complica le cose. In campo nautico la soluzione è stata trovata già da alcuni anni – ad esempio i motori Evinrude E-Tec – ma i propulsori marini sono più semplici in termini di dimensioni (maggiori) regimi (inferiori) e richieste (funzionano a regime praticamente fisso). Il problema fondamentale per i sistemi di iniezione è infatti la velocità di lavoro degli iniettori stessi: nei motori 2T tutto avviene in modo estremamente veloce, perché un intero ciclo avviene in un solo giro completo dell’albero motore, quindi in tempo dimezzato rispetto a un motore 4T che di giri completi ne deve compiere due per concludere le quattro fasi (aspirazione, compressione, scoppio e scarico). A questo si aggiunge per l’iniezione diretta la necessità di generare pressioni elevate, perché l’iniezione avviene nella camera di combustione quando l’aria è già stata compressa, anziché nel collettore a pressione ambiente.

Dopo l’abbandono dei pur promettenti sistemi assistiti pneumaticamente, come il Ditech Aprilia, il PureJet Piaggio e il J-Force Peugeot usati solo su alcuni ciclomotori, e il fallimentare tentativo di Bimota ai tempi della V2 da 500 cm3, c’è stata una lunga fase di stasi legata soprattutto alla forte e veloce contrazione del mercato dei 2T sofisticati (e quindi costosi). Questo non ha impedito alle diverse soluzioni per portare l’iniezione (di solito indiretta) nel 2T di continuare a confrontarsi nei laboratori e negli uffici brevetti.

Il presente del motore a due tempi

L’arrivo della normativa Euro 4 ha dato la spinta a KTM di lanciare sul mercato la prima di queste soluzioni, adottata dalle sue EXC 250 e 300 TPI e dalle “gemelle” Husqvarna TE 250i e TE 300i, monocilindriche specialistiche ad elevate prestazioni. La sigla TPI sta per “Transfer Port Injection”, ovvero iniezione nei travasi: all’ingresso dei travasi sono infatti presenti due iniettori orientati verso il basso, controllati da un complesso sistema di gestione elettronica che monitora l’esatta quantità di carburante necessaria. La centralina coordina anche un altro aspetto fondamentale per un 2T: la lubrificazione, assicurata da una pompa che nebulizza l’olio non nella benzina, ma nell’aria in ingresso, prima che la benzina sia iniettata: un sistema che consente un dosaggio estremamente accurato e quindi anche parco: il titolo medio è dell’1,25%. Il sistema è stato sviluppato da Synerject nella sua sede di Pisa, mentre il corpo farfallato da 39 mm è Dellorto: c’è insomma molta Italia in questa tecnologia, anche se la moto è austriaca. E com’è questo 2T “2.0”? È piaciuta molto la sua pulizia di erogazione: insensibile alle condizioni atmosferiche, sempre pulito e regolare come un 4T. Ma anche, va detto, ormai poco meno complesso tra sensori, iniettori ed elettronica, perdendo in parte uno degli storici “plus” del motore a miscela. 

Come funziona il motore a due tempi

Il principio di funzionamento di un propulsore a due tempi è piuttosto semplice: come detto, le quattro fasi (aspirazione, compressione, scoppio e scarico) si svolgono nell’arco di un solo giro dell’albero motore. Se nei propulsori a 4T aspirazione e scarico sono controllate dall’apertura e chiusura delle rispettive valvole, nei motori a 2T è il movimento del pistone all’interno del cilindro a dettare i tempi attraverso le “luci”. Queste sono semplici feritoie ricavate all’interno del cilindro, che vengono aperte e chiuse dal movimento stesso del pistone, sia durante la salita verso il Punto Morto Superiore (momento in cui si concretizzano aspirazione e compressione) che durante la ridiscesa verso il Punto Morto Inferiore. Nel primo caso le luci vengono approvvigionate dal carter pompa, dove avviene la precompressione; dopo l’innesco della miscela, che avviene tramite la candela, mentre il pistone scende verso il PMI inizia la fase di scarico. La velocità con cui tutto deve avvenire è come detto doppia rispetto a quella di un 4T, il che tende a rendere meno completi i fenomeni chimici richiesti dalla combustione; soprattutto, in certe fasi del movimento del pistone possono essere aperte sia le luci di aspirazione che quelle di scarico, sicché una parte della miscela può uscire prima ancora che sia iniziata la combustione.

Questo “corto circuito” è il problema principale del 2T in termini di rendimento e soprattutto di emissioni, a cui si aggiunge il fatto che la lubrificazione è “a perdere”: l’olio viene infatti bruciato insieme al carburante, spesso non completamente. Ecco spiegata la fumosità e i residui oleosi che possiamo trovare all’interno degli impianti di scarico dei mezzi a 2T. Come è facile capire, risolvere i difetti intrinseci del 2T non è facile se non si vuole perdere il suo vantaggio fondamentale: la semplicità costruttiva e di manutenzione.

Il futuro del motore a due tempi

Torneranno i 2T? Non è da escludere, perlomeno in certe nicchie. Molti appassionati di lunga data ne amano ancora le prestazioni, la leggerezza, ma anche (o soprattutto) la tipica sonorità e l’erogazione che sono rimaste nel cuore di chi ha vissuto gli anni d’oro di questa tipologia di motori. Certo il tema delle emissioni, e l’inevitabile aumento dei costi per affrontarlo, restano grossi freni; ma il caso di KTM potrebbe aprire un varco. Nel caso di un eventuale ritorno anche i motociclisti dovranno riparametrare la propria guida: un’altra caratteristica tipica delle moto a 2T era il ridottissimo freno motore e un limitato range di giri “utili”. Ma a questo, forse, la tecnica e l’elettronica potranno porre rimedio...

Resistono nel campo dei ciclomotori le moto cinquanta dei Gruppo Piaggio: le Aprilia RX e SX montano ancora un propulsore a due tempi che rientra nell’omologazione Euro 4, la stessa unità che equipaggia anche le Derbi Senda X-Treme Senda Racing. Anche la gamma delle moto Beta a due tempi è stata adeguata, come dimostra la nuova RR50. All'ultimo EICMA è stata presentata anche una nuova moto 2T, la Vins, una sportiva con motore biclindrico e un grande fascino.

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