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Aprilia: in MotoGP... aspettando la MotoGP

di Christian Cavaciuti il 15/09/2015 in Motogp

In attesa di tornare ai livelli che le competono, Aprilia ha scelto di affrontare una stagione di sviluppo con la RS-GP. Facciamo il punto della situazione con il team manager Fausto Gresini e Alvaro Bautista

Aprilia: in MotoGP... aspettando la MotoGP
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Fausto Gresini e Alvaro Bautista. A guardarli vicini potrebbero essere padre e figlio. Hanno la corporatura da fantino dei piloti di una volta, quelli che non facevano il salto alla "classe regina" e restavano ancorati alle piccole categorie. Invece quel salto lo hanno fatto. Tutti e due.
Fausto Gresini, a dire il vero, il salto lo ha fatto da team manager, perché i suoi titoli li ha vinti tutti nella 125: nel 1985 e nel 1987, con una moto italiana - la Garelli - allora invincibile ma che ormai in pochi ricordano. Anche Alvaro Bautista il suo unico titolo lo ha vinto in 125: nel 2007 con l’Aprilia, allora invincibile ma che rischiava di scomparire dal mondo di quelli che nella Velocità contano. Realizzato questo pericolo, a Noale hanno fatto partire il progetto MotoGP in modo forse un po’ affrettato, appoggiandosi poi alla grande esperienza di Fausto. 

In 14 stagioni nella massima divisione con la Honda “privata”, il Gresini manager si è infatti tolto più di una soddisfazione, con le sue moto generalmente considerate le migliori tra le Honda private, a volte persino migliori delle ufficiali. I suoi piloti stazionano stabilmente nella top 5, con Gibernau che arriva secondo nel 2002 e nel 2004 e Melandri nel 2005. 

Nel frattempo arrivano due titoli nella classe cadetta: Katoh in 250 (2001) ed Elias in Moto2 (2010). Ma da team manager, Fausto sta ripercorrendo a ritroso la sua carriera di pilota: là dopo Garelli aveva corso per Aprilia e chiuso la carriera su una Honda; ora dopo una vita in Honda è tornato ad Aprilia, per la quale gestisce un team di fatto Factory. Si è portato dietro un solo pilota, appunto Bautista, e si capisce perché: probabilmente non è più velocissimo, ma Alvaro sa essere sia allegro che serio. Fa spogliatoio, come si dice, e fa la moto.

Infatti conosce bene la Honda RC213V, il riferimento di tutti, e non ha problemi a convivere nel box con Stefan Bradl, arrivato in sostituzione di un demotivato Melandri. E a proposito di motivazione, Alvaro non si fa demoralizzare dalla mancanza di risultati, non ha fretta e non ha paura della mole di lavoro necessaria per sviluppare una moto, la RS-GP, che non si può nemmeno definire neonata, perché la moto "vera" arriverà solo l’anno prossimo.

Il nostro appuntamento con Fausto Gresini e Alvaro Bautista è a Misano, nel loro box. Sono presi ma sorridenti: oltre al team Aprilia Factory, Gresini fa correre in Moto2 (con una Kalex) Xavier Simeòn e in Moto3 (con una Honda) Enea Bastianini e Andrea Locatelli: una situazione a dir poco anomala per un team manager e che di sicuro, in cambio delle soddisfazioni, gli richiede un bel po’ di salti mortali.

Allora Fausto, è più difficile fare il pilota o il team manager?
“Di sicuro il pilota, perché quando sei pilota sei il perno di tutto, ogni cosa è al tuo servizio. Da team manager la prospettiva cambia, e non c’è limite alla mole di lavoro che ti può capitare: le gare sono un mondo frenetico, per certi versi spietato… detto questo, dato che non si può fare il pilota per tutta la vita questa è una bellissima opportunità per restare in questo mondo, il mondo che amo”.

Ma che fine ha fatto il team privato più titolato?
“Bella domanda… ma dopo 14 anni con la HRC forse avevo bisogno anch’io di nuovi stimoli, e fare il team factory, avere la responsabilità dello sviluppo e gli ingegneri a casa che ti seguono è sicuramente un bello stimolo. In più ho il progetto giovani a cui tengo molto, con Bastianini Locatelli e Simeòn”.

A proposito di piloti: quest’anno si è parlato di Aprilia soprattutto per le vicende dei suoi piloti Melandri e Bradl.
“Lo so, è un peccato ma capisco. Marco non ci ha mai creduto dall’inizio, e poi tornare in MotoGP dopo anni non è facile come dirlo: le moto non solo sono più potenti e difficili da mettere a punto, ma è molto cambiato lo stesso stile di guida. Per questo è perfetto per noi l’arrivo, non preventivato, di Stefan: ha tanto da imparare e la moto è tutta da sviluppare, ma lui è arrivato con grande entusiasmo e grande impegno, e stiamo lavorando in modo molto produttivo”.

A proposito di sviluppo: l’anno prossimo il passaggio da Bridgestone a Michelin rimescolerà di nuovo le carte in tavola. Non è un passaggio trascurabile, visto che le moto sono progettate attorno alle gomme: la ritieni più un’opportunità di ridurre il vostro svantaggio o un pericolo che i top team divarichino ancora di più la forbice dei tempi?
“Direi che è un’opportunità in più. Aprilia è sempre stata brava a fare i telai e anche noi con la messa a punto ce la caviamo… tutto sommato partendo dietro credo che saremo meno penalizzati di altri”.

So che quest’anno è un anno consacrato allo sviluppo, ma nessuno lavora senza obiettivi. Qual è il vostro?
“Il primo obiettivo è avere la moto nuova… poi si vedrà!”

Alvaro, Aprilia ha deciso di fare sviluppo in gara, a differenza di Suzuki che ha fatto un anno di test privati.
“Sì, devo dire che preferisco così. Preferisco correre, nei test privati tendi a farti prendere la mano dalle cose che ti piacciono e sottovalutare i problemi, perché non hai i riferimenti degli avversari. Sapevamo che quest’anno saremmo stati indietro, non è una sorpresa”.

Come ti sembra la RS-GP oggi?
“È una moto abbastanza equilibrata, ma che va sviluppata in ogni area: peso, potenza, ciclistica eccetera. Conosco sia la Honda che la Suzuki (la vecchia GSV-R, diversa dall’attuale GSX-RR, ndr), e devo dire che sull’Aprilia mi sono subito sentito sicuro, cosa che mi è molto piaciuta. È una moto che, all’interno delle sue possibilità, comunica molto bene: con la Honda appena andavo oltre il limite cadevo, qui non è così.”

Ci sono dei punti di forza e di debolezza nel progetto?
“Nessuno in particolare, anche se ovviamente la scelta di partire dal motore RSV4 rappresenta un limite. Si tratta di un motore compatto per i canoni della produzione e anche della Superbike, ma per la MotoGP è grosso: obbliga ad avere un telaio più grosso ed impedisce di giocare un po’ con la sua posizione nel telaio in fase di messa a punto, come fa Honda. Spero che il motore 2016 risolva almeno in parte questo limite”.

E l’elettronica? Anche in quel caso Aprilia è un riferimento nella serie e in Superbike…
“E anche in quel caso in MotoGP deve invece progredire. Arrivo dalla Honda che era al top, anzi con quel motore così potente la RCV213R si guidava solo perché ha quell’elettronica così sofisticata. Considerate che in MotoGP è possibile intervenire sulla coppia erogata dal motore marcia per marcia, curva per curva, e addirittura distinguendo tra ingresso, centro curva e percorrenza; e anche il Traction Control ha un settaggio dinamico che tiene conto del degrado delle gomme durante la gara. Insomma, per sviluppare tutto il sistema di gestione senza perdere affidabilità serve tempo. Fortunatamente la RS-GP ha un motore più dolce e meno potente rispetto alla Honda, quindi anche un’elettronica meno sofisticata può bastare, o comunque è meno penalizzante. Certo, quando le prestazioni cresceranno…”.

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